Fungo Vs rane
Nel corso degli ultimi due decenni il pianeta ha assistito alla progressiva scomparsa di alcuni degli animali più importanti e meno compresi della biosfera: gli anfibi. Un fungo parassita, il Batrachochytrium dendrobatidis, causa in rane,salamandre e altri anfibi una gravissima malattia della pelle, la chitridiomicosi, che in alcuni casi ha portato intere specie verso l’orlo dell’estinzione.Alcune popolazioni di rane, gli anfibi che sembrano più suscettibili al fungo, sono scomparse nel giro di poche settimane, intere specie sono svanite da tempo dal loro habitat naturale, ma alcuni anfibi come salamandre e gimnofioni (anfibi privi di zampe) sembrano possedere difese immunitarie più forti.Perchè alcune specie si ammalino e svaniscano completamente, mentre altre resistono all’aggressione del fungo, è ancora un mistero. Come lo è anche il fatto che alcune popolazioni di rane appartenenti ad una specie gravemente colpita dalla chitridiomicosi riescano a sopravvivere senza troppi problemi.Il B. dendrobatidis è un fungo che infetta la pelle degli anfibi, impedendo loro di respirare correttamente e di assorbire i nutrienti necessari alla sopravvivenza. E’ probabilmente originario dell’Africa, ed è stato identificato in un esemplare di rana Xenopus laevis risalente al 1938, specie spesso utilizzata come animale da terrario o da laboratorio. La sua diffusione può essere stata favorita anche dalla rana toro, una specie largamente diffusa e che ha la spiacevole tendenza a sfuggire dalla cattività.Il fungo causa generalmente la morte dell’ospite in 1-2 settimane, ma in determinate condizioni può sopravvivere per oltre sei mesi, dando modo agli esemplari infetti di contagiare altri anfibi. Considerando che il tasso di letalità può arrivare al 100% in alcune specie, che non c’è ancora alcuna soluzione definitiva per combattere il fungo, e che circa il 30% degli anfibi del pianeta sembra essere infetto (oltre 350 specie coinvolte), la situazione non è delle più semplici da risolvere.E’ facile intuire che comprendere il meccanismo di infezione e di resistenza alBatrachochytrium dendrobatidis sia un elemento chiave per attuare strategie di salvaguardia nei confronti degli anfibi. E’ per questo motivo che un gruppo di ricercatori della Cornell University ha intrapreso una serie di ricerche per identificare i possibili fattori genetici che rendono alcune rane resistenti al fungo letale.I ricercatori hanno prelevato alcune rane leopardo (Lithobates yavapaiensis) da cinque località diverse dell’Arizona per esporle al fungo che causa la chitridiomicosi, e verificare la loro resistenza all’infezione. Tutte le rane raccolte in tre differenti località sono morte, ma quelle prelevate da altre due popolazioni sono sopravvissute, e hanno sconfitto l’infezione nel giro di due settimane senza apparentemente riportare conseguenze sul lungo termine. Rane sostanzialmente identiche, ma risultati diversi.Il team ha inviduato le differenze genetiche tra le rane morte e sopravvissute nel Complesso Maggiore di Istocompatibilità (MHC), un sistema che negli anfibi consente di “presentare” elementi estranei all’organismo dando inizio ad una risposta immunitaria.”Tutti gli anfibi (in realtà, tutti i vertebrati) hanno i geni MHC che giocano lo stesso ruolo di ‘innesco’ per iniziare la risposta immunitaria” spiega Anna Savage, leader della ricerca. “Per cui la nostra scoperta che i geni MHC contribuiscono ai risultati della chitridiomicosi ha potenziali ramificazioni per tutte le specie di anfibi attualmente minacciate dal Batrachochytrium dendrobatidis”.Le rane sopravvissute sembrano appartenere a popolazioni esposte in modo massiccio al fungo fin dagli anni ’70, periodo in cui il B. dendrobatidis venne rilevato per la prima volta in Arizona. E’ possibile che queste rane riescano a resistere all’infezione perchè hanno già attraversato una durissima fase di selezione naturale in cui solo gli esemplari più forti sono sopravvissuti.Il passo successivo sarà quello di comprendere se è possibile che altre specie possano sfruttare questo meccanismo per sviluppare una resistenza al fungo. “Anche se il nostro studio alimenta nuove speranze sul possibile ritorno alla normalità degli anfibi dalla chitridiomicosi, non elimina la necessità di strategie di conservazione da parte dell’essere umano” spiega Savage. “La riduzione dell’habitat naturale, le specie invasive, i pesticidi e la degradazione dell’ecosistema sono altre ragioni importanti che portano all’estinzione degli anfibi; e se possiamo lavorare per fornire un buon habitat in modo tale che le dimensioni e la diversità genetica della popolazione di anfibi possano aumentare, loro avranno più possibilità di ottenere la capacità genetica di adattarsi al fungo Batrachochytrium dendrobatidis”.
Frog killer immune genes revealed
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