MICOEDITORIALE Aprile 2013 Pleurotus o. Vs colesterolo
Cari lettori della micomedicina, come di consueto slittiamo di un po’ il micoeditoriale che una volta doveva essere pubblicato entro il 10 del mese, ma abbiamo accumulato con Pasqua qualche giorno di ritardo ed eccoci qui….
Comunque, niente di allarmante, come vedete siamo di nuovo a parlare di funghi medicinali e della loro applicazione terapeutica nella micomedicina. Un piccolo inciso, sulla situazione politica lo vogliamo fare ? No forse è meglio stendere un velo pietoso..Ebbene questo mese parliamo di colesterolo e delle terapie di appoggio al fungo di riferimento che è il Pleurotus ostreatus: sì, il nostro vecchio e caro orecchione o pleus o fungo della neve, di cui non mi stancherò mai di lodare ed esaltare le sue grandi proprietà medicinali: è un eccellente immunomodulatore perché agisce su alcuni tumori, ma soprattutto è il riferimento N° 1 della micomedicina per l’ipercolesterolemia. Nel primo degli articoli della rubrica al titolo Alimentazione e Pleurotus c’è una lunga carellata con numerosi articoli sul Pleurotus o. dato principalmente come estratto secco a ratti alimentati con una dieta ipercolesterolemica o selezionati ipercolesterolemici (articoli: India 2012, Rep Ceca 1997, Giappone 2003, Slovenia 2004, Corea 2009) saggiando la capacità di ridurre la colesterolemia come altri parametri come LDL e HDL e Trigliceridi. Ebbene nella generalità dei casi è riportato un abbassamento del 30% della colesterolemia totale ed in alcuni casi (come in quello ceco e giapponese) anche un’aumento delle HDL. Il meccanismo individuato è quello classico delle statine: inibisce HMG-CoA reduttasi bloccando la produzione endogena di colesterolo. L’azione è simile alle statine di ultima generazione come la Lovastatina e la Pravastatina con molto meno rischi di miopatia (per l’aumento del CPK) per l’azione del fitocomplesso enzimatico rappresentato dal fungo. Il fitocomplesso fungino è un intreccio di enzimi con effetti concatenati fra loro (e più o meno attivi a seconda del fenotipo della popolazione), unito a sostanze con azione immunomodulante e antiossidante. Per questo motivo, stabilita un’azione di massima di un fungo, nel nostro caso un’azione ipocolesterolemizzante, questa non si limiterà al solo meccanismo ultimo enzimatico (inib. HMG-CoA red.), ma darà vita ad un complesso di azioni che sostengono e mantengono l’azione principale in modo molto fisiologico in rapporto all’individuo e alla razza. Un po’ come fa l’alimentazione (tant’è che per i funghi si parla di Nutraceutica) con l’azione ipocolesterolemizzante rappresentata dalle Fibre, l’Olio di Pesce (acidi grassi omega 3) vedasi lo studio italiano GISSI del 1999 nella prevenzione del reinfarto, modulando i dosaggi di omega 3 da 1 a 3 g/die a seconda del valore della Trigliceridemia; per non parlare della Soia anche sotto forma di lecitina (abbassa del 25% i Trigl.) come degli isoflavoni di soia nell’ipercolesterolemia post menopausa.
Anche le piante medicinali del 2° articolo come l’ Aglio ed il Carciofo sono considerati alimenti ed è questo il motivo della molteplicità dell’azione (aggregazione piastrinica, fibrinolisi, pressione arteriosa per l’aglio, coleretica colagoga e HMG-CoA red. per il carciofo) e dell’uso in cucina con le decantate virtù antiaterosclerotiche della dieta mediterranea.
Con il 3° articolo circa la resina del caucciù la Commiphora mukul (Guggul) di cui si dice un gran bene in India (è una delle piante più utilizzate nella medicina Ayurvedica) agendo attraverso una sostanza steroidea (guggulsterone) sulla tiroide aumentando il metabolismo e stimolando il colesterolo HDL, non regge tuttavia alla verifica clinica sulla variabile popolazione quando in un’articolo (2003 JAMA Journal American Medical Association) sulla popolazione americana di origine caucasica di Philadelphia si è visto addirittura abbassare l’HDL.
Anche il 4° articolo sulla pianta sudamericana la Caigua o Cyglantera pedata appartenente alla famiglia delle cucurbitacee, vale lo stesso discorso etnobotanico: va benissimo per le popolazioni andine visto che la pianta si è ben adattata anche al freddo e alle altitudini, ma funzionerà in altri continenti e su altre popolazioni?
E per il 5° articolo si torna ad una nostra vecchia conoscenza il Monascus ruber ovvero il Riso Rosso Fermentato anche questo è un fungo, esattamente un ascomicete, e funziona anche questo sull’HMG-CoA reduttasi, ma rispetto al pleurotus ha qualcosa in meno e qualcosa in più. In meno è la minor complessità degli ascomiceti rispetto ai basidiomiceti che rende l’azione da meno fitocomplesso fungino esponendolo agli effetti indesiderati delle statine. In più, che equilibra tale effetto, è che si tratta in fondo di un metabolita del riso rosso, la monacolina K, di un principio attivo che è più facile dosare e prevederne la farmacocinetica. Per questo l’allarmismo di Firenzuoli e del suo gruppo su alcuni casi di > di cpk associato a miopatia in soggetti che assumevano riso rosso fermentato, non ha molta ragion d’essere associandolo a vari prodotti con dosaggi diversi e a interazioni con altri farmaci (come giustamente sottolineato nell’articolo) ma anche perché la FDA ne ha autorizzato la vendita con dosaggi ben precisi e di sicurezza.
Il buon Firenzuoli di Empoli ce l’ha con i funghi, ha cercato di stroncare anche l’ABM (non riuscendoci) e sempre con una rewiew molto parziale, evidentemente gli sono e gli resteranno indigesti… spero per tanto tempo ancora !
Buona lettura
Dott Maurizio BAGNATO MD © 2013
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