Capelli Serenoa e Pygeum

Altre sostanze naturali utili per i capelli

È stato dimostrato che alcuni estratti di piante officinali sono in grado di esercitare azione antinfiammatoria ed antimicrobica e anche di contrastare la 5 alfa reduttasi, enzima responsabile della conversione del testosterone in DHT (diidrotestosterone), un androgeno che è universalmente riconosciuto come il responsabile della miniaturizzazione del capello e poi di conseguenza della calvizie comune. I principi attivi estratti spesso sono difficili da riprodurre chimicamente e non si può brevettare una pianta od una sostanza naturale e di conseguenza l’interesse economico può venire meno insieme al numero di studi scientifici controllati. Tuttavia esistono numerose sostanze naturali ed alimenti che possono contribuire a mantenere sani i capelli:

· Il tè verde, i fitosteroli derivati da piante quali la Serenoa repens, il Pygeum africanum, l’ortica e la soia contrastano l’azione del DHT.

· Altre come la vitamina B6, zinco, acido azelaico bloccano la 5 alfa reduttasi

· Gli estratti del seme d’uva e dell’orzo possiedono la proprietà di agire sulla riepitelizzazione e sull’induzione della fase di crescita del capello

· Il germe di grano ed il lievito di birra possono costituire una valida integrazione di aminoacidi, vitamine, oligolementi e antiossidanti.

· Il ginseng può aiutare nei momenti di intenso stress fisico e mentale

· I fitosteroli, utili nel trattamento dell’ipertrofia prostatica, potrebbero essere utili anche per la calvizie comune.

· La betasistosterina, un preparato estratto dalla Serenoa repens, secondo alcuni sarebbe in grado di agire su due fronti: inibire la 5 alfa reduttasi e al contempo di occupare il recettore cellulare del diidrotestosterone e degli estrogeni.


Serenoa-repens(Sawpalmetto)
È una delle piante officinali più usate per alleviare i sintomi dell’ipertrofia prostatica benigna. È una palma nana che vive in agglomerati nelle zone meridionali degli USA. Le bacche essiccate vengono utilizzate dalle popolazioni indigene come tonico, per regolare la minzione e contrastare alcuni disturbi della sfera sessuale. Gli studi hanno dimostrato che i fitosteroli e gli acidi grassi presenti sono efficaci nell’ipertrofia prostatica. Spesso ipertrofia prostatica ed alopecia androgenetica sono associate in quanto entrambe le affezioni sono correlate ad una maggior produzione di DHT in prossimità della ghiandola sebacea e de follicolo pilifero. La Serenoa repens ha dimostrato di inibire la 5 alfa reduttasi con un’azione simile alla finasteride. È importante che le capsule di estratto , da prendere a stomaco pieno, abbiano una titolazione di acidi grassi e fitosteroli superiore all’85%.

· Contrasta la produzione del DHT, il killer dei capelli. Inibisce entrambi gli isoenzimi della 5 alfa redattasi (tipo 1 e tipo 2) sia nelle cellule prostatiche che nelle cellule follicolari umane.

· Impedisce al DHT di legarsi ai recettori delle cellule del follicolo pilosebaceo.

· Alcuni fitosteroli, come la betasitosterina, presenti nell’estratto secco della Serenoa, entrano in competizione con il DHT nel legarsi ai recettori follicolari inattivando in parte questo ormone.

· Svolge azione antinfiammatoria inibendo la ciclossigenasi, enzima responsabile della formazione delle prostaglandine.

· La betasitosterina, dopo l’inattivazione parziale della 5 alfa reduttasi , si aromatizza, comportandosi come un estrogeno debole. La blanda stimolazione estrogenica può, attraverso l’attivazione dell’adenilciclasi di membrana, stimolare la mitosi della matrice e contribuire al mantenimento dell’anagen e all’ottimizzazione del ciclo catagen.

· Non modifica i valori dell’antigene prostatico (PSA), non altera il quadro ormonale sistemico, non provoca disfunzione erettile. È un fitocomplesso presente in commercio sia come specialità medicinale che come preparato erboristico con differenze nella percentuale dei principi attivi.


Pygeum-africanum(PrugnoAfricano)
È un albero sempreverde le cui proprietà benefiche sul tratto urinario erano già note alle popolazioni indigene africane. I principi attivi che si estraggono dalla corteccia sono acidi grassi, steroli come il betasitosterolo, triterpeni e due acool il ticosanolo ed il decosanolo. I risultati di 18 studi clinici sono stati pubblicati sull’American Journal of Medicine dimostrando che l’estratto del Pygeum determina requilibrio fisico del flusso urinario e della sintomatologia irritativa a carico dellla prostata ipertrofica. L’azione antiandrogena è simile a quella della Serenoa repens infatti tra i suoi componenti è presente la betasitosterina che inibisce in parte la 5 alfa reduttasi. Inoltre i triterpeni pentaciclici agendo sulla 5 alfa lipossigenasi, si rendono responsabili di una diminuzione dei leucotrieni (mediatori chimici dell’infiammazione nella dermatite atopica e nella psoriasi).

· Inibisce la 5 alfa reduttasi

· Ha azione antagonista recettoriale a livello periferico

· Ha azione antileucotrienica

· Debole azione antiestrogena

È stato spesso studiato in associazione con l’ortica in quanto l’utilizzo dei due fitocomplessi risulta più efficace. Il preparato dovrebbe essere somministrato come estratto liofilizzato con il 30% di componenti lipidici e con una titolazione di n-docosanolo dello 0,4%.

 

Polyporus u. K prostata e 5 alfa red.

Polyporus

Pochi medici prescrivono gli inibitori della 5-alfa-reduttasi per la prevenzione del tumore alla prostata

Giovedì 19 Maggio 2011 13:22 | Scritto da Administrator

Un recente studio ha dimostrato che, nonostante gli studi clinici randomizzati mostrino che gli inibitori della 5alfa-reduttasi (5-ARIs) riducono l’incidenza del tumore alla prostata di circa il 25%, la maggior parte dei medici sono riluttanti nel prescriverli nella prevenzione del tumore alla prostata (Cancer Epidemiol Biomarkers Prev. 2010:19:2164-2171).

Robert Hamilton e coll. hanno analizzato il numero di nuove prescrizioni di 5-ARIs nel database delle prescrizioni del Veterans Health Administration (VHA) dal 2000 al 2005. La maggior parte di queste prescrizioni include il Finasteride, mentre il Dutasteride è prescritto in meno dello 0,05% delle ricette. Gli autori hanno anche  discusso con tutti gli urologi e con un campione scelto a caso di medici di base del VHA per analizzare la loro conoscenza e il loro atteggiamento su questo argomento.

L’analisi dei dati delle prescrizioni del VHA ha dimostrato che, sebbene il numero di nuove prescrizioni per il Finasteride cresce costantemente nel periodo dello studio, la pubblicazione di un trial randomizzato, che mostrava l’utilità del Finasteride nella prevenzione del tumore alla prostata, non ha modificato gli schemi delle prescrizioni. Tra i medici che hanno risposto all’indagine, il 64% dei 134 urologi e l’80% dei 464 medici di base hanno detto di non avere mai prescritto 5-ARIs per la chemioterapia di prevenzione contro il tumore alla prostata.

Analogamente, Linda Kinsinger, MD, MPH (Master of Public Health – master di specializzazione in medicina), consulente capo per la prevenzione al VHA National Center for Health Promotion and Disease Prevention, sostiene che i risultati convalidano che la chemio terapia di prevenzione del tumore alla prostata con 5-ARIs non è ancora stata accettata ed applicata nella pratica . “Un maggior numero di medici dovrebbero essere a conoscenza della possibilità di prevenzione con chemioterapia e, probabilmente, andrebbe più spesso discussa con i pazienti come possibile cura”.

Per inquadrare lo studio, gli autori hanno constatato che nel 2003 i risultati del Prostate Cancer Prevention Trial (PCPT) mostrano una riduzione del 25% nell’incidenza del tumore alla prostata con il Finasteride. Il PCPT ha coinvolto più di 8.000 uomini in un trial randomizzato controllato con placebo. Tuttavia, il 6,4% dei tumori diagnosticati nei pazienti in terapia con Finasteride era di grado elevato

(punteggio di Gleason ≥ 7) contro il 5,1% nei pazienti a cui era somministrato il placebo, il che corrisponde a un aumento del 27% di questi tumori. Numerosi studi successivi hanno portato risultati opposti e, attualmente, c’è un completo consenso che i 5-ARIs non aumentano in maniera significativa il rischio di tumori di elevata gravità. Tuttavia questi follow-up sono stati pubblicati successivamente al consolidamento dei dati e dei risultati riportati in questo articolo.

Eric Klein, MD, professore di chirurgia e chairman del Glickman Urological and Kidney Institute alla Cleveland Clinic, spiega che tre osservazioni sulla successiva analisi dei risultati del PCPT non supportano le preoccupazioni riguardo un aumento del rischio di tumori di grado elevato. Per prima cosa, se un 5-ARI provocasse tumori di grado elevato, ci si aspetterebbe che l’incidenza rispetto all’uso del placebo aumenti in relazione al prolungarsi della terapia. Nel PCPT l’incidenza risulta maggiore nel primo anno, ma non aumenta nel tempo. Secondo punto, le caratteristiche nella biopsia associate a una evoluzione aggressiva del tumore, come il numero delle biopsie positive, la  lunghezza degli aggregati tumorali e l’invasione perineurale, erano presenti più spesso nei pazienti trattati con placebo che con Finasteride. Infine, nei campioni dei pazienti, trattati con Finasteride, sottoposti a prostatectomia radicale non si sono trovati segni di malattia di stadio più elevato.

Nel 2010 un secondo un trial randomizzato controllato con placebo chiamato REDUCE (Reduction by Dutasteride of Prostate Cancer Events) condotto su almeno 7.000 uomini ha fatto registrare una riduzione del 23% dell’incidenza del tumore alla prostata dopo 4 anni di trattamento con Dutasteride. Nonostante si sia osservata una crescita, statisticamente insignificante, di neoplasie di grado più elevato negli uomini trattati con Dutasteride, gli autori dello studio REDUCE ritengono che questi risultati siano piuttosto dovuti al fatto che il farmaco riduce il volume della prostata il che aumenta la possibilità che una biopsia riscontri aree di tumore di elevata gravità.

Finasteride e Dutasteride sono farmaci approvati per l’iperplasia benigna della prostata (BPH) e il Finasteride è anche approvato a basse dosi per la calvizie maschile. Nessuno dei due farmaci è attualmente approvato negli USA dalla FDA (Food & Drug Administration) per la chemio-prevenzione del tumore alla prostata, nonostante le linee guida, definite congiuntamente dalla America Society of Clinical Oncologists e dalla American Urological Association, raccomandino  che “I pazienti asintomatici con l’antigene prostatico specifico (PSA) ≤ 3,0 ng/mL che, per avere una diagnosi precoce,  controllano regolarmente il valore di PSA o che stanno per sottoporsi a controlli annuali del PSA potrebbero trarre giovamento da una discussione dei vantaggi di una cura di 7 anni con 5-ARIs paragonati agli eventuali rischi (inclusa l’eventuale maggiore incidenza di tumori di grado elevato).”

Risultati della ricerca

Oltre a verificare se i medici hanno mai prescritto i 5-ARIs per limitare il rischio di tumore alla prostata, la ricerca aveva anche l’obiettivo di capire perché questi farmaci non sono prescritti più frequentemente. Circa il 55% degli urologi erano preoccupati dell’eventuale insorgenza di tumori alla prostata di grado elevato. Secondo la dr.ssa Kinisinger, anche se alle epoca dello studio tali preoccupazioni erano giustificabili, “i risultati successivi hanno ragionevolmente superato questo risultato iniziale”.

La mancanza di informazioni era la principale barriera per i medici di base: il 52% non erano a conoscenza che i 5-ARIs potessero essere usati per la prevenzione del tumore alla prostata.

Meno del 2% di entrambi i gruppi di medici hanno dichiarato che erano stati influenzati dai risultati del PCPT.

I medici intervistati hanno detto che pochi pazienti fanno domande sull’uso del Finasteride per la prevenzione: l’84% dei medici di base e il 57% degli urologi ha detto che i pazienti non avevamo mai, o solo molto raramente, chiesto informazioni sulla chemio-prevenzione del tumore alla prostata.

E’ interessante che la maggior parte dei medici che hanno preso parte alla ricerca hanno dichiarato che i pazienti con BPH, da moderata a grave, sarebbero i pazienti ideali per l’impiego del Finasteride per la prevenzione del tumore alla prostata. Tuttavia, poiché la BPH non è un fattore di rischio per il tumore alla prostata, i medici erano riluttanti a prescrivere il Finasteride solo sulla base della BPH e avrebbero gradito se fosse stato presente un seconda fattore per il quale era indicato l’uso del Finasteride.

Gli autori hanno tratto come conclusione che la mancanza di informazione per i medici di base, la preoccupazione di indurre tumori di grado elevato per gli urologi e la mancanza di informazione per i pazienti sono le principali barriere all’uso dei 5-ARIs per la chemioterapia preventiva.

Una vendita difficile

La dr.ssa Kinisinger dice che l’uso di questi farmaci per la prevenzione del tumore alla prostata è limitato perché l’idea di prendere un farmaco, con possibili rischi e di costo non trascurabile, per prevenire un tumore che probabilmente non si manifesterà mai rappresenta qualcosa molto difficile da vendere ai pazienti. Riguardo agli effetti collaterali, quelli relativi alla diminuzione della funzionalità sessuale rappresentano probabilmente la controindicazione più importante per i pazienti.

“A meno che qualcuno non sia particolarmente suscettibile all’idea di avere un tumore, la maggior parte della gente non si sottopone a una chemioterapia preventiva. Per i medici è difficile capire chi è a rischio più elevato ed è anche difficile spiegare tutti i pro e i contro.  E’ più semplice non trattare l’argomento”

Il dr. Klein concorda sul fatto che molti medici non vedono favorevolmente il rapporto rischi benefici. “Dobbiamo lavorare in questo campo per identificare il gruppo di pazienti che potrà beneficiare dell’uso dei 5-ARIs. I lavori futuri devono concentrarsi sulla individuazione dei pazienti idonei per ottimizzare i benefici di una chemioprevenzione”.

Mary Kay Barton, MD*

*  MD – sigla utilizzata in inglese per indicare un medico laureato dal latino Medicinæ Doctor

Traduzione da CA: A Cancer Journal for Clinicians – Volume 61 – Number 1 – January/February 2011

 

Inibizione dell’enzima 5-alfa-reduttasi da parte di alcune catechine presenti nel Thè Verde


Selective inhibition of steroid 5 alpha-reductase isozymes by tea epicatechin-3-gallate and epigallocatechin-3-gallate.
Author Liao S; Hiipakka RA
Address Ben May Institute, University of Chicago, IL 60637, USA.
Source Biochem Biophys Res Commun, 1995 Sep 25, 214:3, 833-8

Gli inibitori delle 5-alfa-reduttasi potrebbero essere efficaci nel trattamento delle patologie diidrotestosterone(DHT)-dipendenti come ad esempio l’ipertrofia prostatica benigna, il cancro alla prostata e alcune patologie dermatologiche (vedi calvizie).
Le catechine presenti nel thè verde (appartengono alla classe dei polifenoli, contenute in abbondanza nel thè e con che hanno funzioni di antiossidanti molto potenti) quali le  -3-gallate epigallocatechine e le -3-gallate epicatechine, ma non le –epicatechine e le –epigallocatechine, sono potenti inibitori del tipo I, ma non del tipo II, della 5-alfa-reduttasi. I -3-gallate-epigallotochine hanno mostrato inibire anche la crescita di glandi sessuali dei ratti. Questi risultati suggeriscono che certi gallati contenuti nel thè verde possono regolare l’azione androgena in determinati organi.

Language of Publication LA=ENG – Unique Identifier 96024574

3-osso-5alfa-steroide 4-deidrogenasi

La 3-osso-5alfa-steroide 4-deidrogenasi (nota anche come 5α-reduttasi) è un enzima appartenente alla classe delle ossidoreduttasi, che catalizza la seguente reazione:

un 3-osso-5α-steroide + accettore ⇄ a 3-osso-Δ4-steroide + accettore ridotto

Più nel dettaglio, tale enzima è in grado di convertire il testosterone, l’ormone sessuale maschile, nel diidrotestosterone:

Testosterone.

Diidrotestosterone

Nell’uomo, l’enzima è presente in due isoforme, note come 5-alfa-reduttasi 1 e 2 (geni SRD5A1 e SRD5A2). L’assenza del secondo isoenzima è correlata all’insorgenza di deficienza da 5-alfa-reduttasi che porta ad una forma di intersessualità.

Produzione ed inibizione [modifica]

L’enzima è prodotto in determinati tessuti del corpo umano, come la pelle, le vescicole seminali, la prostata e i testicoli.

L’inibizione della 5-alfa-reduttasi provoca una riduzione della produzione di diidrotestosterone, innalzando i livelli di testosterone e solitamente anche quelli dell’estradiolo. L’inibizione dell’enzima può generare anche ginecomastia.

Farmacologia [modifica]

I farmaci che inibiscono la 5α-reduttasi sono usati nella iperplasia prostatica benigna, cancro alla prostata e calvizie. La molecola chiamata finasteride inibisce la funzione solamente dell’isoenzima tipo 2, mentre la dutasteride inibisce entrambi. Alcuni studi indicano che l’estratto della pianta Serenoa repens, venduto in Italia e in altri paesi col nome commerciale Permixon, ha potere inibitorio verso la 5α-reduttasi di tipo I[1][1][2].

Note [modifica]

Effects of long-term treatment with Serenoa repens … [Prostate. 1998] – PubMed – NCBI

Bibliografia [modifica]

Levy, H.R. and Talalay, P. (1959). Bacterial oxidation of steroids. II. Studies on the enzymatic mechanisms of ring A dehydrogenation. J. Biol. Chem. 234: 2014–2021. Entrez PubMed 13673006.

Le sostanze naturali utili per i capelli

Polyporus umbellatus

Studies on active substances in herbs used for hair treatment. I. Effects of herb extracts on hairgrowth and isolation of an active substance from Polyporus umbellatus F.

MedLine Citation:

PMID: 8004697 Owner: NLM Status: MEDLINE

Abstract/OtherAbstract:

The effects of methanol extracts of 80 herbs on hair growth were investigated, using normal C3H/He mice from which telogen hair on the back had been removed. Eighteen of the extracts apparently promoted hair regrowth on the mice. As one of active principles in Polyporus umbellatus F., 3,4-dihydroxybenzaldehyde was isolated by column chromatography on Amberlite XAD-2, Sephadex LH-20 and silica gel.

Studies of the active substances in herbs used for hair treatment. II. Isolation of hair regrowth substances, acetosyringone and polyporusterone A and B, from Polyporus umbellatus Fries.

MedLine Citation:

PMID: 10598026 Owner: NLM Status: MEDLINE

Abstract/OtherAbstract:

 

Fractionation of the 50% ethanol extract of Polyporus umbellatus Fries by column chromatography on Amberlite XAD-2, silica gel, Sephadex LH-20 and octadecyl silica gel (ODS) (C18)) monitored by a hair-regrowth activity assay, afforded three active principles, 1, 2 and 3. The structures of 1, 2 and 3 were determined as acetosyringone, polyporusterone A, and polyporusterone B by comparison of their spectral data with that of authentic samples, respectively. The effects of several compounds related to acetosyringone, 3,4-dihydroxybenzaldehyde or polyporusterone A on hair regrowth were also investigated.

 

Phellinus linteus e Leaky gut

Phellinus linteus e Leaky gut

Ancora una volta ospite del paginone centrale è il fungo Phellinus linteus con ben tre pubblicazioni collegati alla sindrome dell’intestino poroso o leaking gut sindrome. Il primo del 2012 dell’Università di Taiwan è sull’Inotilone un terpenoide contenuto nel Phellinus l. che dimostra una potente attività antinfiammatoria sia in vivo che in vitro inibendo l’ MMP-9 e NF kB attraverso una soppressione del TNF e NO aumentando così le capacità antiossidanti di CAT SOD e GPx. Il secondo è un editoriale francese Myconews nel quale il Phellinus l.agisce nella  sindrome dell’intestino poroso ristabilendo l’equilibrio TH1/TH2 con l’inattivazione dei mastociti che, a sua volta,  sopprime l’eccesso di produzione di IgE, l’attività anticomplementare nell’infiammazione, l’immunostimolazione dei linfociti delle placche del Peyer, e il ristabilire la continuità della barriera mucosa attraverso l’azione cementante della chitina, un mucopolisaccaride, in esso contenuto. L’ultimo è sui preparati curativi dei guaritori del Niger dove il Phellinus allardii è sempre presente nelle malattie GI.

 

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Probiotici

PROBIOTICI

Giovanna Blandino – Ilaria Milazzo

Riassunto

Un corretto equilibrio del microbiota intestinale può essere favorito da prebiotici (carboidrati non assorbibili ma fermentabili in grado di stimolare nel colon la crescita di batteri endogeni quali Bifidobacterium e Lactobacillus e da probiotici (definiti come integratori alimentari a base di microrganismi vivi e vitali con effetti favorevoli sulla salute dell’ospite). I microrganismi utilizzati come probiotici includono diverse specie appartenenti al genere Lactobacillus e Bifidobacterium, ma anche S. thermophilus ed altre specie appartenenti ai generi Propionibacterium sp. ed Enterococcus sp. Il successo della terapia con prebiotici e probiotici si manifesta pienamente nel ripristino dell’equilibrio tra le specie del microbiota intestinale; inoltre, i probiotici presentano un razionale terapeutico o di profilassi in alcune patologie quali per es. diarrea acuta da Rotavirus, diarrea del viaggiatore, dismicrobismo da antibiotici. L’apparato digerente rappresenta l’habitat di una comunità microbica rappresentata da più di 400 specie diverse di batteri, funghi e protozoi. Il microbiota intestinale ha una grande influenza sulle funzioni dell’ospite. Infatti, interviene sulle funzioni metaboliche dell’ospite (fra cui la conversione di carboidrati non assorbibili, la sintesi di vitamine, l’assorbimento di acidi biliari) ed è in grado di influenzare il tessuto linfoide associato all’intestino e, quindi, l’idoneo sviluppo del sistema immune mucosale. Inoltre, un corretto equilibrio tra le specie microbiche colonizzanti l’intestino permette di proteggere l’ospite nei confronti di microrganismi patogeni mediante meccanismi di competizione per le sostanze nutritive e d i siti di adesione, e grazie alla produzione di sostanze antimicrobiche. Il mantenimento di un corretto equilibrio del microbiota intestinale può essere aiutato favorendo i microrganismi già presenti e cioè mediante una strategia prebiotica. Il termine “prebiotico” fu coniato per la prima volta nel 1995 ed è riferito a carboidrati non assorbibili ma fermentabili in grado di stimolare selettivamente la crescita nel colon di gruppi di batteri endogeni quali Bifidobacterium, Lactobacillus ed Eubacterium e, probabilmente, inibire Clostridium e Bacteroides. Questa fermentazione porta alla sintesi di acidi grassi a catena corta (acetato, butirrato e propionato) che promuovono l’assorbimento di Ca, Mg, Fe ma soprattutto intervengono nel metabolismo dell’ospite. Le ricerche sulle sostanze prebiotiche hanno coinvolto soprattutto oligosaccaridi quali fructo-oligosaccaridi e galacto-oligosaccaridi. Altre ricerche hanno interessato l’inulina, un polisaccaride di riserva a basso valore energetico (contenuto in numerose piante diffuse in tutto il mondo). Effetti collaterali possono essere un’eccessiva fermentazione (crampi addominali, diarrea) oppure possono essere correlati al loro potenziale osmotico. A dosi alte si possono avere anche fenomeni di intolleranza. I disaccaridi sono utilizzati soprattutto come integratori alimentari e stimolano soltanto la crescita di lattobacilli. Effetti probiotici potrebbero avere anche altri oligosaccaridi (mannosio, maltosio, gluco-oligosaccaride). Per i prebiotici gli effetti confermati sono: – modulazione del microbiota intestinale attraverso la stimolazione selettiva dei batteri ad attività probiotica. – aumento degli acidi grassi a catena corta ottenuti dalla fermentazione dei prebiotici e che influenzano positivamente il metabolismo dell’ospite. Fra gli effetti postulati ma da confermare vi è anche la prevenzione delle infezioni intestinali e del cancro al colon. Per mantenere l’equilibrio dell’ecosistema intestinale la strategia più frequentemente utilizzata è però quella probiotica. Il razionale terapeutico dei probiotici si basa sulla geniale intuizione del premio Nobel Metchnikoff che all’inizio del secolo postulava che il consumo di prodotti a base di batteri lattici vivi potesse spiegare la longevità di alcuni pastori caucasici. Promosse quindi l’uso di latte fermentato contenente un ceppo da lui chiamato Bacillus bulgaricus (ora Lactobacillus helveticus ATCC 521). Il termine probiotico comparve per la prima volta nel 1965 in un articolo pubblicato su Science dove Stillwell usò questo termine (che etimologicamente è un antonimo di antibiotico) riferendolo a sostanze batteriche in grado di stimolare la crescita di altri microrganismi intestinali. Una più corretta definizione fu data da Fuller nel 1989: “Un probiotico è un integratore alimentare a base di microrganismi vivi e vitali che producono favorevoli effetti sull’organismo animale, migliorandone l’equilibrio microbico intestinale”. Questa definizione fu ulteriormente allargata nel 1992 quando fu chiaro che i probiotici potevano avere un effetto benefico sulla salute non solo agendo sul tratto gastroenterico ma anche in altri distretti. Inoltre è necessario che siano ingeriti in una carica >1010 CFU/die per raggiungere un numero sufficiente nel tratto gastroenterico (106 CFU/g come peso secco, nel piccolo intestino, e 108 CFU/g nel colon). I probiotici possono essere somministrati insieme ai prebiotici (strategia simbiotica). Il prebiotico in questo caso favorisce selettivamente la crescita e la proliferazione del probiotico associato che adatta il suo metabolismo ad un substrato somministrato simultaneamente. Probiotico è comunque un termine generico che copre un’ampia varietà di differenti prodotti sia alimentari (yogurt e prodotti lattiero-caseari) che farmaceutici (generalmente a base di microrganismi liofilizzati). Inoltre, i probiotici possono contenere da una specie a diverse. Fino ad oggi non esiste un elenco ufficialmente riconosciuto dei microrganismi da considerare probiotici. I microrganismi più frequentemente utilizzati come probiotici includono diverse specie appartenenti al genere Lactobacillus e Bifidobacterium. (Tabella 1) Fra i più studiati L. acidophilus, L. casei, L. rhamnosus, L. johnsonii. L. bulgaricus è utilizzato come starter di prodotti lattiero-caseari ma non è in grado di colonizzare l’intestino (inoltre è sensibile agli acidi biliari). Le altre specie microbiche utilizzate nei prodotti probiotici sono elencate nella Tabella 1. Diversi prodotti probiotici contengono spore di diverse specie generalmente appartenenti al genere Bacillus (soprattutto B. subtilis e B. clausii). Bacillus sp., S. cerevisiae, S. thermophilus non appartengono alla componente microbica intestinale. Il punto cruciale di un prodotto probiotico è verificare il reale beneficio sulla salute. L’effetto favorevole di un batterio è ceppo-specifico e non può essere estrapolato ad altri ceppi anche se appartenenti alla stessa specie. Inoltre l’attività probiotica deve essere dimostrata attraverso studi clinici, ben definiti, randomizzati e a doppio cieco. La Tabella 2 elenca le caratteristiche di un ceppo probiotico ideale. Un ceppo probiotico ideale deve possibilmente essere di origine animale, in quanto sembrerebbe che la sua valenza funzionale si realizzi meglio nello stesso habitat da cui è stato selezionato. L’adesività alle cellule epiteliali non è essenziale ma permette al ceppo probiotico una più lunga colonizzazione ed una più efficace stimolazione del tessuto linfoide associato all’intestino. Non deve avere effetti collaterali; fra gli effetti collaterali che un probiotico può causare è stata registrata una eccessiva degradazione del muco. Inoltre alcuni ceppi presentano fattori patogenetici in grado di favorire l’insorgenza di alcune patologie (L. rhamnosus → endocardite). Altre caratteristiche di un ceppo probiotico ideale sono la stimolazione della risposta del sistema immunitario intestinale (GALT: Gut Associated Lynphoid Tissue) e il miglioramento e stabilizzazione della funzione di barriera intestinale (es. costituzione di un biofilm protettivo, diminuzione della permeabilità intestinale, etc.). L’attività dei probiotici a livello intestinale dell’organismo ospite coincide con quella di una equilibrata componente microbica intestinale. Quindi entrano in gioco le interazioni tra microrganismo e microrganismo e tra microrganismi ed ospite. Il probiotico permette, infatti, di mantenere o ripristinare l’ecosistema microbico intestinale, controllare i microrganismi patogeni e stimolare il sistema immunitario, aumentando così l’effetto barriera contro i patogeni. Il controllo dei microrganismi patogeni può avvenire mediante meccanismi antagonisti. Uno dei meccanismi protettivi è la competizione con i microrganismi patogeni per l’adesione alla mucosa e l’inibizione della loro invasività. E’ stato dimostrato, per esempio, che L. acidophilus LA1 è capace di aderire “in vitro” a linee cellulari intestinali umane inibendo l’adesione di E. coli enteropatogeni. I probiotici possono controllare i patogeni endogeni e non attraverso la produzione di sostanze inibenti quali metaboliti a basso peso molecolare (a. lattico, a. acetico, H2O2), batteriocine (come evidenziato per B. infantis nei confronti di Bacteroides), e sostanze antimicrobiche (L. acidophilus LA1). Anche se i complessi meccanismi molecolari non sono ancora ben chiariti, numerosi studi hanno dimostrato che diversi probiotici sono in grado di stimolare o di modulare la risposta immunitaria grazie alla biosintesi di citochine proinfiammatorie (IL-1, IL-6, 8 e IFN) e alla stimolazione della biosintesi di citochine anti-infiammatorie (IL-10) da parte di cellule mononucleate del sangue periferico e di cellule dendritiche. L’efficacia clinica di ceppi probiotici utilizzati da lungo tempo è supportata da numerosi dati scientifici, soprattutto nelle patologie gastrointestinali. Il successo della terapia con probiotici si manifesta pienamente nel ripristino dell’equilibrio tra le specie del microbiota intestinale, se alterato, ed in tutte quelle condizioni cliniche in cui è alterata la permeabilità intestinale soprattutto infezioni gastroenteriche e malattie infiammatorie croniche intestinali. I probiotici presentano un razionale terapeutico o di profilassi in alcune patologie (Tabella 3) quali diarrea acuta da Rotavirus, diarrea del viaggiatore, gastroenterite, dismicrobismo da antibiotici. Altre attività, già dimostrate, aspettano ulteriori conferme da altri studi clinici. L’effetto immunomodulante dei probiotici è stato ampiamente dimostrato, oltre che nella diarrea da Rotavirus, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nella dermatite atopica. Inoltre i probiotici potrebbero trovare un razionale impiego terapeutico o di profilassi come immunoadiuvanti nella vaccinazione orale, per le loro proprietà antitumorali, per favorire il metabolismo del colesterolo, nella sindrome del colon irritabile, nella gastrite cronica da H. pilori; per prevenire la carie, oppure come ceppi geneticamente modificati. Per quanto riguarda la sicurezza dei probiotici è confermato il basso rischio patogenetico delle specie utilizzate, che appartengono prevalentemente al microbiota intestinale. Purtroppo però alcune specie utilizzate come probiotici compaiono in letteratura con ceppi a rischio in quanto isolati da setticemie ed endocarditi. Nel genere Lactobacilus una specie che presenta un rischio elevato è L. rhamnosus GC, a cui sono stati attribuiti due casi di endocarditi in soggetti anziani. Nel genere Bifidobacterium una specie a rischio più elevato è B. dentium. Fattori di rischio presenta inoltre Enterococcus, dotato di importanti fattori di virulenza ed in grado di sviluppare resistenza alla vancomicina. Qualche rischio può presentare l’uso di prodotti probiotici in pazienti immunocompromessi, anziani e donne in gravidanza.

Phellinus Linteus contro intestino poroso

Phellinus linteus :

un mycélium prometteur en cancérologie ou contre les désordres immunitaires • B. Donatini Résumé Le Phellinus linteus (PL) est un mycélium prometteur. Selon les études in vitro ou chez l’animal, ses polysaccharides diminuent le risque de métastases et favorisent l’apoptose de nombreuses lignées tumorales. Agent antiangio génétique et hépatoprotecteur, il favorise aussi l’apoptose induite par la doxorubicine. L’hispidine qu’il contient module l’équilibre TH1/TH2 et réduit la synthèse d’IgE. Elle réduit l’inflammation digestive ou articulaire et agit comme un antioxydant puissant. Un effet anti-TH17 expliquerait la protection des cellules de Langerhans. L’hispidine inhibe les bêtasécrétases essentielles dans la survenue de la maladie d’Alzheimer. Ces propriétés encore expérimentales ne sauraient rester longtemps sans application. Abstract Phellinus linteus (PL) is a promising mycelium according to in vitro or to animal studies, its polysaccharides decrease the risk of metastasis and favour the apoptosis of several tumour cells. PL is an anti-angiogenetic or a hepatoprotective agent and synergizes with doxorubicine. It contains hispidine, which modulates the TH1/TH2 balance et reduces the synthesis of IgE. PL reduces joint or gut inflammation and demonstrates anti-oxidative properties. An anti-TH17 effect could protect Langerhans cells. Hispidin inhibits beta-secretases, implicated in Alzheimer disease occurrence. These interesting experimental properties forecast clinical trials.

PHELLINUS LINTEUS PER RISANARE LA PARETE DELL’INTESTINO TENUE Dott. Bruno Donatini (ricercatore francese) La parete intestinale è costantemente aggredita da agenti infettivi (virus, batteri, protozoi, alcool, farmaci antinfiammatori) con conseguente alterazione della permeabilita’ e possibile innesco di squilibri del sistema immunitario. Il passaggio attraverso la parete intestinale di molecole alimentari antigeniche, di batteri o di funghi, può scatenare violente reazioni del sistema immunitario (allergie, malattie auto-immuni). Phellinus Linteus: un prodotto veramente efficace. E’ essenziale trattare l’alterazione della permeabilità digestiva al più presto possibile prima che lo squilibrio del sistema immunitario si instauri e si autoalimenti. Phelinus Linteus è, in questi casi, un alleato di importanza fondamentale. Questo fungo che è un semplice alimento, ha la capacità di contribuire a curare casi di ipersensibilità immunitaria. Fa diminuire anche l’eccessiva permeabilità digestiva nutrendo il muco intestinale con zuccheri chiamati “ramificati”. Il muco così migliorato va a proteggere la parete intestinale che avrà in questo modo la possibilità di rigenerarsi. Campi d’applicazione. Il Phellinus Linteus è stato oggetto di studi clinici (soprattutto in Giappone) che hanno dimostrato l’azione di questo fungo sull’integrità e la qualità della parete intestinale. • Allergie e intolleranze alimentari Il Phellinus Linteus elimina la sintesi degli anticorpi di tipo E (IGE) e le reazioni allergiche. Elimina le intolleranze alimentari dovute alle IGG eliminando le cause che creano poi così tanti problemi, così comuni oggi. • Reumatologia Il Phellinus Linteus previene e cura l’artrite nelle cavie, stimolando i linfociti inibitori digestivi. Diabete. Il Phellinus Linteus abbassa la glicemia e permette una migliore cicatrizzazione nei diabetici. • Fibromialgia Uno studio effettuato su dieci soggetti affetti da fibromialgia, ha dimostrato che normalizzando la mucosa digestiva si ha un abbassamento dell’ipersensibilità alimentare e della secrezione salivare (secondaria all’iperpermeabilità digestiva), favorendo la riduzione di NGF (fattore causale della fibromialgia secreto dalla ghiandola sotto mascellare). • Il complemento alimentare messo a punto dal Dr Bruno Donatini (ricercatore francese) è coltivato su cereali (senza glutine), senza additivi né insetticidi né fungicidi. Associato al chitosano di fungo, accresce di 4/5 volte l’assorbimento dei principi attivi e quindi la sua efficacia. Per ristabilire la permeabilità intestinale, è necessario fare un trattamento di almeno tre mesi in ragione di due capsule al mattino.