Correlazione tra CCSVI e Sclerosi Multipla


Correlazione tra CCSVI e Sclerosi Multipla


La ricerca del professor Zamboni circa una possibile correlazione tra sclerosi multipla (SM) e patologie venose parte
dall’analisi della letteratura scientifica. Egli, a seguito di approfondite ricerche, nota che alcuni scienziati, già in
passato, studiando il cervello di pazienti affetti da sclerosi multipla, si erano accorti della presenza di più alti livelli di
ferro non riconducibili all’età degli stessi. Tali depositi di ferro formano nel cervello dei raggruppamenti intorno alle
vene che, in condizioni normali, dovrebbero drenare il sangue dalla testa verso il cuore. Nessuno aveva mai
pienamente spiegato questo fenomeno, ovvero l’eccesso di ferro era stato considerato un sottoprodotto tossico della
SM stessa. Il professore ferrarese, incuriosito inizia, tramite l’ausilio di un Doppler ad ultrasuoni, ad esaminare il collo
di pazienti con SM, giungendo di fatto ad una scoperta straordinaria: quasi il 100 per cento dei pazienti presenta un
restringimento, torsione o blocco definitivo di quelle vene che dovrebbero servire a drenare il sangue dal cervello. Egli
ha poi controllato queste stesse vene in persone sane, non trovando in esse nessuna di queste malformazioni. Né ha
individuato queste tipologie di blocchi nei pazienti affetti da altre malattie neurologiche. Il professor Paolo Zamboni in
diverse interviste afferma:
“Ciò che è stato altrettanto sorprendente non è tanto il fatto che il sangue non defluisca al di fuori del cervello, quanto
il fatto che si crea un reflusso, una sorta di retromarcia che lo porta a refluire verso l’alto”. “Per me è stato davvero
incredibile scoprire che i depositi di ferro nella sclerosi multipla si trovano esattamente in prossimità delle vene.
Quindi si tratta di una disfunzione del drenaggio delle vene stesse”. “Tutto ciò è veramente importante, perché il ferro
è pericoloso perché produce radicali liberi, veri killer per le cellule. Questo è il motivo per cui abbiamo bisogno di
eliminare l’accumulo di ferro.”
Il Prof. Zamboni e il suo team approdano dunque alla individuazione di una nuova sindrome vascolare (Chronic
cerebrospinal venous insufficiency, CCSVI ) fortemente correlata alla SM, diagnosticabile mediante screening
sonologico TCCS-ECD (Transcranial-Colour-Coded-Sonography echo-colour-doppler), effettuato con un apparecchio
appositamente adattato allo studio dei vasi venosi del collo e del cranio, seguito da venografia mediante caterere di
conferma.
Il professor Zamboni spiega la correlazione tra CCSVI e Sclerosi Multipla ( agosto 2010)
Ecocolordoppler su una persona sana
Ecocolordoppler su paziente affetto da Sclerosi Multipla
La Correlazione tra CCSVI e SM secondo il complesso degli studi pubblicati
(ultimo aggiornamento: luglio 2012)
Successivamente alla pubblicazione degli studi di Zamboni, molti altri autori hanno indagato la possibile correlazione
tra CCSVI e SM, utilizzando diverse metodiche diagnostiche, con risultati differenti.
In generale, valutando il complesso degli studi diagnostici prodotti, rileviamo che esiste indubbiamente un problema
di ampia variabilità nei risultati degli studi diagnostici sonologici, in rapporto al fatto che l’esame TCCS-ECD dei vasi
venosi è altamente operatore-dipendente e l’operatore necessita di adeguato training anche quando sia un sonologo già
esperto.
Inoltre, i criteri di diagnosi sono stati definiti in rapporto ad una precisa procedura con indicazioni tecnologiche,
metodologiche ed operative, descritte nelle pubblicazioni di Zamboni e colleghi, che devono essere scrupolosamente
seguite per cogliere i fenomeni connessi alla CCSVI. Differenze di tecnica e metodo possono giustificare le
prevalenze molto basse di CCSVI nella SM riscontrate in alcuni studi.
Se si osservano invece gli studi che indagano la CCSVI mediante venografia (come riscontro diagnostico successivo
alla indagine sonologica oppure, in alcuni casi, addirittura come unico metodo diagnostico adottato) è riscontrata una
concorde prevalenza di anomalie venose in pazienti con SM, superiore al 90%.
Riportiamo di seguito i principali studi pubblicati alla data luglio 2012 raggruppati per tecnica diagnostica.
La correlazione secondo i riscontri venografici pubblicati – Analisi del Comitato Scientifico dell’ISNVD
La venografia con catetere è comunemente considerata il “gold standard” per la diagnosi delle anomalie vascolari
poichè permette di visualizzare con estrema precisione le malformazioni venose e il risultato dell’esame è molto meno
operatore-dipendente rispetto a quello effettuato mediante TCCS-ECD.
Al momento, sono stati pubblicati 14 studi con riscontro venografico che hanno valutato le vene extracraniche nei
pazienti con sclerosi multipla. Questi studi provengono da otto diversi paesi (Stati Uniti, Italia, Belgio, Polonia,
Bulgaria, Serbia, Libano e Georgia).
Gli autori hanno trovato una prevalenza molto elevata di anomalie venose in pazienti con SM, dal 92,3% al 100%. In
alcuni casi i pazienti erano stati preselezionati con test diagnostici non invasivi (TCCS-ECD), confermando così la
correttezza dei criteri diagnostici standardizzati da Zamboni. In altri casi l’altissima correlazione (92,3-98,3%) è
riscontrata su gruppi di pazienti non preselezionati mediante TCCS-ECD.
Zamboni P e colleghi hanno pubblicato il primo studio [1] su 65 pazienti SM e 235 controlli (tra sani e altre patologie
neurologiche) con analisi in cieco riscontrando una correlazione CCSVI-SM del 100%.
Hojnacki Det al.[2] hanno esaminato 10 pazienti SM e 7 controlli sani. La correlazione CCSVI-SM riscontrata con
ECD e venografia è del 100%.
In uno studio libanese guidato da Yamout B [3], 42 pazienti SM sono stati sottoposti al riscontro venografico
riscontrando anomalie venose nei 92,3% dei pazienti con SM tardiva, e nel 24,1% dei pazienti con SM di recente
diagnosi.
Lo studio polacco di Ludyga T et al. [4] ha esaminato 331 pazienti SM, preselezionati mediante doppler, al riscontro
venografico. Presentavano lesioni nel 97% dei casi. Alla venografia è seguita PTA delle vene patologiche. Trattandosi
di uno studio interventistico open-label, non sono stati valutati i controlli.
Il gruppo di studio polacco guidato da Simka [5] ha esaminato 586 pazienti SM che non erano stati preselezionati con
test diagnostici non invasivi, riscontrando alla venografia una correlazione CCSVI-SM del 96,1%.
Lo studio bulgaro di Petrov et al. [6] ha esaminato un gruppo di 461 pazienti SM preselezionati mediante doppler (il
campione originario era di 472 pazienti SM – correlazione al doppler CCSVI-SM del 97,7%). Alla venografia sono
state riscontrate lesioni nel 100% dei casi. Trattandosi di uno studio interventistico open-label, non sono stati valutati i
controlli.
Lo studio polacco di Kostecki [7] ha esaminato 36 pazienti SM preselezionati mediante doppler. Al riscontro
venografico presentavano lesioni il 100% dei casi. Alla venografia è seguita PTA delle vene patologiche. Trattandosi
di uno studio interventistico open-label, non stati sono valutati i controlli.
Lo studio polacco di Ludyga T et al. [8] ha esaminato 94 pazienti SM sottoposti al riscontro venografico.
Presentavano lesioni nel 100% dei casi. Alla venografia è seguita PTA delle vene patologiche. Trattandosi di uno
studio interventistico open-label, non sono stati valutati i controlli.
Lo studio georgiano di Kipshidze et al. [9] ha esaminato 4 pazienti SM al riscontro venografico. Presentavano lesioni
nel 100% dei casi. Alla venografia è seguita PTA delle vene patologiche. Trattandosi di uno studio interventistico
open-label, non sono stati valutati i controlli.
Uno studio americano facente capo a Mandato KD [10] ha esaminato 240 pazienti SM preselezionati mediante
doppler. Sottoposti a venografia hanno rivelato lesioni nel 98% dei casi. Trattandosi di uno studio interventistico openlabel,
non sono stati valutati i controlli.
Nello studio italiano di Lugli e coll. [11] sono stati esaminati 167 pazienti SM preselezionati mediante Doppler. Al
doppler la CCSVI era stata riscontrata nel 84,7% dei casi. La venografia + IVUS ha rivelato lesioni nel 96,5% dei
pazienti. Trattandosi di uno studio interventistico open-label, non sono stati valutati i controlli.
Lo uno studio serbo di Milic et al. [12] Sono stati esaminati 205 pazienti SM. Al riscontro venografico presentavano
lesioni nel 100% dei casi. Alla venografia è seguita PTA delle vene patologiche. Trattandosi di uno studio
interventistico open-label, non sono stati valutati i controlli.
Lo studio polacco di Simka Met al. [13] ha esaminato 58 pazienti SM non preselezionati con test diagnostico non
invasivo. Al riscontro venografico sono state riscontrate lesioni nel 98,3% dei casi.
Lo studio belga di Beelen et al. [14] ha esaminaton 67 pazienti SM preselezionati mediante RM venografica.
Sottoposti alla venografia hanno rivelato lesioni nel 100% dei casi. Trattandosi di uno studio interventistico openlabel,
non sono stati valutati i controlli.
La correlazione secondo i riscontri sonografici pubblicati – Analisi del Comitato Scientifico dell’ISNVD
Ci sono diversi studi sonografici che intendono dimostrare l’esistenza di anomalie venose nei pazienti con sclerosi
multipla, con risultati discordanti. Al momento sono 21 gli studi pubblicati.
Nello studio italiano pioniere [15], Zamboni e colleghi esaminarono mediante ECD-TCS 109 pazienti SM e 177
controlli. Rilevarono la CCSVI nel 100% degli SM e nello 0% dei controlli.
Lo studio giordano di Al-Omari MH et al. [16], ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 25 pazienti SM e 25
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 84% nel gruppo SM e del 0% nel gruppo dei sani. La differenza è
risultata statisticamente significativa (p<0.0001).
Lo studio polacco di Simka [17] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 70 pazienti SM riscontrando una
prevalenza di CCSVI del 90%. Questo studio non prevedeva un gruppo di controllo.
Lo studio tedesco guidato da Doepp F [18] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 56 pazienti SM e 20
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI dello 0% nel gruppo SM e dello 0% nel gruppo dei sani. La differenza
non è risultata statisticamente significativa.
Nota:In una puntuale disanima dello studio [19], Zamboni ha attribuito il motivo della mancata associazione tra
CCSVI e SM al mancato rispetto del protocollo tecnico da lui indicato. In particolare ha sottolineato che:
1) gli autori scambiano il parametro per la definizione di stenosi in uso per gli studi angiografici (riduzione del lume >
50%) con quelli utilizzati in ultrasonografia Doppler;
2) la rilevazione frequente di setti intraluminali giugulari non è descritta dagli autori. Quest’ultima è la causa più
comune di ostruzione del flusso, e può essere diagnosticata solo con sonde ecografiche ad alta risoluzione in grado di
esplorare la giugulare nella fossa sovraclaveare.
Inoltre dai dati pubblicati si rileva una variazione molto maggiore del volume del flusso sanguigno nei soggetti
normali rispetto ai pazienti con SM, quando i soggetti passano dalla posizione supina a quella verticale: ciò suggerisce
la presenza di CCSVI nei pazienti SM.
Lo studio italiano guidato da Baracchini C [20] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 50 pazienti affetti da
“Sindrome Clinicamente Isolata” (CIS), patologia che in circa il 50% dei casi evolve successivamente in SM e 60
affetti da amnesia globale transitoria e 60 controlli sani riscontrando la presenza di almeno un parametro sonografico
anormale con una prevalenza del 52% nel gruppo CIS, del 68.3% nel gruppo affetto da amnesia globale transitoria e
del 31.8% nel gruppo dei sani. Il 16% dei CIS risultavano CCSVI positivi.
Nota: In un commento allo studio Zivadinov [21] dimostra come, nonostante il rilievo di CCSVI solo in 8 casi su 50,
la differenza con i controlli (1/110) sia altamente significativa. Anche Avruscio [22] sottolinea come i dati reperibili
nella pubblicazione evidenzino una prevalenza della CCSVI notevolmente superiore nei CIS che nei controlli (OR 9.3,
95%CI 1.1-78, p = 0.0180), in contraddizione con le conclusioni negative esplicitate dallo stesso Baracchini.
Zivadinov R. [23] ha effettuato il più ampio studio sonologico ad oggi pubblicato con campioni di controllo ed in
cieco, sottoponendo ad indagine 499 soggetti, tra cui 289 SM, 163 sani (HC), 26 affetti da altre malattie neurologiche
(OND) e 21 affetti da “Sindrome Clinicamente Isolata” (CIS), patologia che in circa il 50% dei casi evolve
successivamente in SM. Ha riscontrato una prevalenza di CCSVI nel 56,1% del gruppo SM, 38,1% nel gruppo CIS,
42,3% negli OND e il 25,5% nel gruppo dei sani. Queste differenze sono risultate statisticamente significative
(p<0.001).
Lo studio israeliano guidato da Auriel E [24] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 27 pazienti SM e 32
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 25.6% nel gruppo SM e del 28.1% nel gruppo dei sani. La
differenza non è risultata statisticamente significativa.
Lo studio americano guidato da Marder E [25] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 18 pazienti SM e 11
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 22.2% nel gruppo SM e del 36,4% nel gruppo dei sani. La
differenza non è risultata statisticamente significativa.
Centonze e colleghi [26] hanno valutato mediante ECD le giugulari interne di 84 pazienti SM e 56 controlli
riscontrando una prevalenza di CCSVI del 50% nel gruppo SM e del 36% nel gruppo dei sani. La differenza non è
risultata statisticamente significativa.
Lo studio giapponese di Tanaka M [27] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 17 pazienti SM e 11 pazienti
NMO riscontrando una prevalenza di CCSVI del 0% nel gruppo SM e del 0% nel gruppo dei NMO.
Lo studio greco guidato da Tsivgoulis G [28] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 42 pazienti SM e 43
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 2% nel gruppo SM e del 2% nel gruppo dei sani. La differenza
non è risultata statisticamente significativa.
Lo studio americano guidato da Zivadinov R [29] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 59 pazienti SM e
39 controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 79.7% nel gruppo SM e del 18.2% nel gruppo dei sani. La
differenza è risultata statisticamente significativa. (p<0.0001).
Lo studio italiano guidato da Bavèra P M [30] ha valutato mediante ECD 493 pazienti SM riscontrando una
prevalenza di CCSVI del 88%.
Nota: questo studio non era incluso nell’analisi del Comitato Scientifico dell’ISNVD
Lo studio italiano multicentrico guidato da Bastianello S [31] ha valutato mediante ECD 710 pazienti SM su sei centri
(cinque italiani e uno canadese) riscontrando una prevalenza di CCSVI del 86%.
Nota: questo studio non era incluso nell’analisi del Comitato Scientifico dell’ISNVD
Uno studio polacco guidato da Zaniewski M [32] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 181 pazienti SM e
50 controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 82% nel gruppo SM e del 14% nel gruppo dei sani. La
differenza è risultata statisticamente significativa (p<0.0001).
Lo studio danese guidato da Blinkenberg M [33] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 24 pazienti SM e 15
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 4,1% nel gruppo SM e del 13,3% nel gruppo dei sani.
Lo studio polacco di Simka M et al. [34], ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 58 pazienti SM
riscontrando una prevalenza di CCSVI del 92,2%. Il risultato sonografico è stato quindi comparato con quello
venografico.
Lo studio serbo guidato da Radak [35] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 64 pazienti SM e 37 controlli
riscontrando una prevalenza di CCSVI del 42% nel gruppo SM e del 8.1% nel gruppo dei sani. La differenza è
risultata statisticamente significativa. (p<0.001).
Lo studio italiano guidato da Amato MP [36] ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 15 pazienti SM e 16
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 33,3% nel gruppo SM e del 25% nel gruppo dei sani. La
differenza non è risultata statisticamente significativa.
Lo studio iraniano di Mehrpour M et al. [37], ha valutato mediante ECD le giugulari interne di 84 pazienti SM e 115
controlli riscontrando una prevalenza di CCSVI del 22.6% nel gruppo SM e del 10.4% nel gruppo dei sani. La
differenza è risultata statisticamente significativa (p=0.019).
Lo studio italiano guidato da Ciccone MM [38] ha valutato mediante ECD 277 pazienti SM al fine di misurare la
variabilità interoperatore nella valutazione ad ultrasuoni dei pazienti SM e collegare i marcatori ecografici ai sintomi
clinici della SM e al grado di disabilità. Le conclusioni dello studio evidenziano l’alta correlazione tra CCSVI e SM e
la riproducibilità dell’esame tra due operatori.
Nota: questo studio non era incluso nell’analisi del Comitato Scientifico dell’ISNVD
La meta analisi degli esperti del Canadian Institutes of Health Research coordinata da Laupacis
La significatività del complesso dei risultati sonologici di correlazione CCSVI-SM pubblicati è stata misurata
mediante uno studio di meta-analisi [39] dei dati pubblicati a luglio 2011 condotto da un gruppo multidisciplinare di
esperti del Canadian Institutes of Health Research, coordinato da Laupacis. La meta-analisi è un metodo statistico che
integra i risultati provenienti da più studi clinici, mirando ad ottenere un unico indice quantitativo di stima che
permetta di trarre conclusioni più forti di quelle tratte sulla base di ogni singolo studio. Gli studi pubblicati vengono
selezionati ed “arruolati” nella meta-analisi sulla base di precisi e dichiarati criteri che premiano la qualità
metodologica, la consistenza numerica e quindi l’attendibilità dei risultati. Su una base di 466 studi esaminati, il
gruppo di esperti canadese, ne ha arruolati 18, di cui 8 di carattere diagnostico-sonologico.
Sul complesso dei dati degli 8 studi sonologici, si è riscontrata una differenza di prevalenza della CCSVI altamente
significativa tra soggetti SM e controlli: Odds ratio (OR) = 13.5 (p=0,002), il ché sta ad indicare che la CCSVI è 13
volte più frequente nei pazienti SM che non nei sani, ovvero conferma una associazione molto forte tra CCSVI ed SM.
La differenza risultava inoltre ancora significativa (OR = 3.68, p = 0,02) anche ad una analisi più conservativa,
eliminando gli studi iniziali di Zamboni ed inserendo uno studio in cui la CCSVI non era stata riscontrata in alcun
paziente.
A conclusione dello studio gli autori sostengono che siano comunque necessari ulteriori studi per sancire
definitivamente la presenza di una associazione tra CCSVI ed SM, a causa della variabilità dei risultati negli studi
arruolati. Noi siamo del parere che, poiché la variabilità è integrata nel calcolo del livello di significatività statistica, la
elevata significatività riscontrata sancisca definitivamente l’associazione tra CCSVI ed SM, fermo restando il fatto che
sia comunque da perseguire una riduzione della variabilità dei risultati dell’indagine sonologica e che sulla natura
della associazione resta aperto il dibattito.
Va ricordato che la meta-analisi condotta da Laupacis ha convinto il governo canadese a finanziare uno studio
interventistico sulla CCSVI, a conferma del fatto che la forte associazione CCSVI-SM è stata data per assodata.
Studi sonografici di correlazione e di valutazione del flusso – Analisi del Comitato Scientifico dell’ISNVD
Sono stati inoltre pubblicati, in relazione alla CCSVI, alcuni originali studi di valutazione sonografica delle vene che
supportano l’idea di un flusso venoso cerebrale in uscita compromesso nelle patologie neurologiche.
Nello studio giorgiano di Todua FI et al. [40] sono state studiate le vene intra ed extra craniche mediante sonografia
doppler in un gruppo di 114 pazienti neurologici non SM e 36 controlli sani riscontrando significative alterazioni del
flusso delle vene intracraniche.
Nello studio ucraino di Gongal’skii VV et al. [41] sono state studiate le vene intracraniche mediante sonografia
doppler in un gruppo di 70 pazienti neurologici presentanti sintomi che suggerivano anomalie venose cerebrali. Gli
autori hanno riscontrato significativi disfunzionamenti nella grande vena di Galeno.
Nello studio italiano di Zamboni et al. [42], sono state indagate mediante sonografia doppler le vene giugulari interne
e vertebrali di 277 pazienti SM, trovando correlazioni statisticamente significative tra i riscontri sonografici e le
caratteristiche cliniche della SM.
Nello studio italiano di Zamboni et al. [43] sono state indagate mediante sonografia doppler le vene giugulari interne e
vertebrali e mediante risonanza magnetica (MRI) il flusso cerebrale in un gruppo di 16 pazienti SM e 8 controlli. Sono
state evidenziate associazioni statisticamente significative tra i riscontri sonografici e la compromissione del flusso
sanguigno.
Nello studio italo spagnolo guidato da Monti L [44] gli autori hanno studiato il flusso in uscita nelle vene del collo
mediante sonografia doppler in 52 pazienti SM e 27 controlli sani. Hanno riscontrato un modello di deflusso
statisticamente differente nei pazienti SM rispetto ai sani.
Nello studio italiano di Mancini et al. [45], è stato studiato il tempo di contrasto al bolo ecografico (un parametro
legato al tempo di transito del sangue nella circolazione cerebrale) tra l’arteria carotidea e la vena giugulare mediante
ultrasonografia con contrasto in un gruppo di 103 pazienti SM e 42 controlli sani. Hanno riscontrato un tempo
prolungato nei pazienti SM rispetto ai controlli (6.47sec vs 5.54 sec). La differenza risultava statisticamente
significativa (p<0,001). Inoltre, gli autori hanno rivelato una prevalenza del 77% di CCSVI nei pazienti SM e del 28%
nei controlli. Questa differenza è risultata statisticamente significativa (p <0,0001).
Nello studio americano di Zivadinov R et al. [46] sono state studiate le vene extracraniche mediante sonografia
doppler in un gruppo di 10 pazienti SM e 6 controlli sani, riscontrando una buone concordanza tra la sonografia e la
venografia con catetere.
La correlazione secondo i riscontri con risonanza magnetica venografica pubblicati – Analisi del Comitato Scientifico
dell’ISNVD
I risultati degli studi che hanno utilizzato questo modalità diagnostica sono molto incoerenti. Mentre alcuni autori non
sono stati in grado di dimostrare l’esistenza di anomalie, altri hanno trovato evidenti differenze tra pazienti con
sclerosi multipla e soggetti di controllo, confermando così l’esistenza della CCSVI come entità clinica. Da notare che
gli studi negativi hanno utilizzato i protocolli standard di risonanza magnetica, mentre gli studi positivi hanno
applicato tecniche di imaging molto sofisticate. Questo suggerisce che la CCSVI non può essere diagnosticata con
risonanza magnetica standard, ma è necessario un apposito protocollo “venoso”. In questo contesto, i risultati di molti
studi che hanno utilizzato la risonanza magnetica per indagare le vene extra-ed intracerebrale dovrebbe essere
interpretati con grande cautela.
Nello studio olandese di Wattjes MP et al. [47] sono state studiate le vene extracranice mediante risonanza magnetica
venografica in un gruppo di 20 pazienti SM e 20 controlli sani riscontrando anomalie vascolari nel 50% degli SM e nel
40% dei controlli. La differenza non è risultata statisticamente significativa.
Nello studio tedesco di Ertl-Wagner B et al. [48] sono state esaminate mediante risonanza magnetica venografica le
vene del collo di 27 pazienti SM, 27 controlli sani e 26 pazienti di emicrania. Sono state riscontrate differenze
statisticamente significative nel flusso in uscita tra il gruppo SM e il gruppo di controllo. Simili anomalie di flusso
sono state riscontrate nel gruppo di pazienti di emicrania, con differenze non significative tra il gruppo SM e dei
pazienti di emicrania.
Nello studio americano di Zivadinov R et al. [23] sono state studiate le vene extracraniche mediante sonografia
doppler in un gruppo di 10 pazienti SM e 6 controlli sani, riscontrando scarsa concordanza tra la risonanza magnetica
e la venografia con catetere.
Nello studio americano di Zaharchuk G et al.[49] sono state indagate mediante risonanza magnetica venografica le
vene extracraniche in un gruppo di 39 pazienti SM e 33 controlli sani. E’ stata riscontrata una buona correlazione tra la
risonanza magnetica e la venografia con catetere nella ricerca delle stenosi, mentre solo una corrispondenza pari in
termini di deflussi collaterali.
Nello studio polacco di Hartel M et al. [50] sono state indagate mediante risonanza magnetica venografica le vene
giugulari interne in un gruppo di 830 pazienti riscontrando un flusso rallentato nel 98% dei pazienti.
Nello studio americano di Haacke EM et al. [51] sono state studiate le caratteristiche di flusso delle vene giugulari
interne mediante “contrast-enhanced time-resolved MR angiography and time-of-flight MR venography” in un gruppo
di 200 pazienti SM, riscontrando anomalie nel 68% dei pazienti.
Nello studio americano di Feng W et al. [52] sono state studiate le caratteristiche di flusso delle vene giugulari interne
mediante “contrast-enhanced time-resolved MR angiography and time-of-flight MR venography”in un gruppo di 200
pazienti SM e 18 controlli. Nei controlli e nei pazienti SM senza stenosi delle vene giugulari il flusso totale della
giugulare normalizzato al flusso totale arterioso era 75,12 ± 12,22%, mentre nei pazienti con SM con stenosi della
vena giugulare superiore era 63,93 ± 16,08%(p <0,0001),e con stenosi della vena giugulare inferiore era 52,13 ±
20,71%(p =0,001).
Nello studio americano di Zaniewski M et al. [53] sono state indagate le vene extra e intra craniche con sonografia
doppler secondo i criteri di Zamboni e piccole vene cerebrali utilizzando la risonanza magnetica SWI in 59 pazienti
SM e 33 controlli sani. I pazienti con diagnosi di CCSVI mostravano una significativamente alterata vascolarizzazione
venosa intracerebrale.
FONTE: i dati scientifici precedentemente riportati sono estrapolati dal parere fornito dal Comitato Scientifico
dell’International Society for Neurovascular Disease (ISNVD, Società Internazionale Malattie Neurovascolari) del 28
aprile 2012 a firma del suo Presidente, prof. Marian Simka. Tale parere si basa solo sull’analisi delle ricerche originali,
pubblicate in peer-reviewed su riviste mediche ed esclude quindi recensioni, opinioni, prese di posizione o articoli
pubblicati sulla stampa non specialistica.
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7 gennaio 2013
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Criptopirroluria e SM

 

CRIPTOPIRROLURIA

 

Più che di una malattia si tratta di una possibile causa di future malattie, di una disfunzione metabolica che

spesso non provoca alcun particolare disturbo ma che, se abbinata a particolari fattori nocivi può provocare

seri problemi di salute. In effetti, anche se in realtà è stata scoperta quasi 50 anni fa dal medico americano

C.Pfeiffer (che le aveva attribuito il nome di “malvaria”, come è ancora chiamata nei paesi anglosassoni), finora

era nota praticamente solo nell’ambito della medicina ortomolecolare e nutrizionale, e si riteneva fino a poco fa

che si trattasse di una condizione rara. Solo da poco si è scoperto quale sia in realtà il vastissimo impatto a

livello clinico della criptopirroluria.

Si tratta di una condizione determinata geneticamente, in cui vi è un’alterata degradazione dell’emoglobina e

della mioglobina (sembra che si tratti di un forma, in precedenza non identificata, del gruppo dei problemi di

porfiria non acuta). Tale difetto provoca una presenza di pirroli e porfirine nell’urina; ai pirroli sono legate, e

vengono pertanto eliminate con l’urina, sostanze necessarie per l’organismo, come la vitamina B6 e lo zinco, il

che provoca una forte carenza di queste sostanze e, in misura minore, anche di altre (vit. B3, vit.C, mangano e

magnesio, acidi grassi insaturi). In molti, questa situazione passa del tutto inosservata, senza causare

particolari problemi; ma in alcuni casi, questa già forte carenza di sostanze, in particolare se ulteriormente

aggravata da ulteriori fattori nocivi, può essere la causa di seri disturbi. L’unica “cura” consiste nell’integrare

le sostanze mancanti, riequilibrando il metabolismo. A quanto si stima, sarebbe affetto da criptopirroluria

circa il 12% della popolazione generale sana, con una prevalenza delle donne. Nella popolazione già alle prese

con problemi di salute, le percentuali si sono rivelate molto superiori. Dati recenti indicano che la

criptopirroluria potrebbe essere presente nel:

50% dei casi di tumore, 47% dei disturbi psichici (in particolare nei casi di depressione, autismo e

schizofrenia), 25% dei bambini affetti da ADD e ADHD (deficit d’attenzione ed iperattività), 79% dei soggetti

allergici, 79% dei soggetti affetti da sclerosi multipla, 37% degli alcolizzati. Forti percentuali si hanno anche in

coloro che soffrono di malattie autoimmuni e di problemi ormonali.

I sintomi che possono indicarne la presenza, se presenti in numero consistente, sono:

irritabilità, insonnia, stanchezza, disturbi della memoria, sistema immunitario debole, cefalea, sindrome del

tunnel carpale, intolleranza all’alcol, tristezza, depressione e psicosi, affezioni dermatologiche, acne, capelli fini,

intolleranza alla luce del sole, colorito giallastro-marrone chiaro, dolori muscolari, osteoarticolari,

lombosciatalgia, livelli bassi di testosterone, sindrome premestruale, problemi con la tiroide, con i livelli di

zucchero nel sangue (si hanno in particolare problemi di assimilazione del fruttosio), allergie, intolleranza al

glutine ed altri.

Si tratta di sintomi molto diffusi, che possono essere provocati da numerose possibili cause, ma vale la pena di

prendere in considerazione anche la criptopirroluria come possibile causa, il che invece non avviene poiché

quasi nessuno ne ha sentito parlare.

Il gran numero di possibili problemi è dovuto all’importanza per l’organismo della vitamina B6 e dello zinco

(sostanze necessarie molti processi fisiologici). La mancanza di vit.B6 provoca per es. anche una carenza di

vit. B3, la mancanza di zinco provoca, tra l’altro, anche un accumulo di rame in quantità dannose. Vengono

inoltre a mancare, seppure in misura minore, anche cromo, mangano, magnesio ed altre sostanze.

DIAGNOSI: mediante l’individuazione di pirroli nell’urina. E’ possibile effettuare la diagnosi presso laboratori

diagnostici specializzati; in Italia non ne conosco (se qualcuno li conoscesse sarei grata se potesse

comunicarmene l’indirizzo, eviterei così di dover sempre ricorrere a laboratori svizzeri, tedeschi o olandesi).

TERAPIA: consiste nell’assumere vit. B6 e zinco, in forma particolare ed in quantità impossibili da ottenere

con l’alimentazione, per quanto sana e mirata. È necessario ricorrere ad integratori. Sembra facile ma in realtà

è bene ricorrere ad un medico esperto in questa tematica perché le dosi vanno aumentate gradualmente, in base

alle reazioni, ed un inizio con dosi troppo elevate potrebbe provocare disturbi non irrilevanti. E’ inoltre

necessario evitare, per quanto possibile, sostanze che interagiscono negativamente sul metabolismo della vit. B6

e dello zinco: alcol e numerosi farmaci, ad esempio vaccini, antibiotici, pillola anticoncezionale, determinati

antidepressivi, ed anche alcune sostanze naturali contenute in integratori alimentari, come il rame, e il

betacarotene

Si tratta peraltro di una tematica ancora in evoluzione, in cui probabilmente ci aspettano ulteriori sorprese

quanto all’importanza di questa condizione.

1) SCLEROSI MULTIPLA

La sclerosi multipla è una malattia cronica che causa il deterioramento del rivestimento protettivo delle

cellule nervose (guaina mielinica) dei nervi nel cervello e nella spina dorsale, provocando un indurimento delle

varie parti del sistema nervoso e lo sviluppo di cicatrici sui nervi lesi. Esiste una teoria che considera la sclerosi

multipla una malattia autoimmune nella quale il corpo attacca se stesso a causa di un errore nella trasmissione

di un messaggio.

Le ricerche si concentrano principalmente sul sistema immunitario e particolarmente sui linfociti T. Vengono

effettuate ricerche sulle cellule gliali (che producono la mielina) per le loro proprietà di fornire cellule sane

dopo le malattie. Sembra che la mielina si deteriori più rapidamente di quanto le cellule gliali impieghino per

sostituirla. Non c’è un singolo gene responsabile della sclerosi multipla; tuttavia, benché il rischio sia minimo,

sembra che ci sia una suscettibilità ereditaria alla malattia. I geni responsabili potrebbero essere più di uno.

Anche le associazioni con l’alimentazione sono attualmente oggetto di studio.

La sclerosi multipla è una delle malattie neurologiche più comuni tra i giovani adulti (tra i 20 e i 40 anni) e

colpisce tra le 250.000 e le 350.000 persone in America. Le donne sono più colpite degli uomini ed è stata

appurata una maggior incidenza della malattia nelle persone di origine nord-europea. Sono stati diagnosticati

casi di sclerosi multipla anche a bambini e anziani. La causa della malattia è ancora sconosciuta, benché esista

un legame con la malnutrizione, lo stress emotivo e le infezioni. Questo ha fatto nascere l’ipotesi di un fattore

ambientale che lega l’insorgere della malattia al modo in cui ogni individuo fa fronte a questo fattore.

La sclerosi multipla può avere diversi gradi di gravità, di longevità, di durata degli attacchi e dei periodi di

remissione. La malattia progredisce lentamente e può sparire per alcuni periodi di tempo ma ritorna con

intermittenza, solitamente in forma aggravata.

Anche i sintomi variano da un individuo all’altro. Inizialmente la malattia si manifesta con stanchezza, disturbi

visivi (visione sdoppiata e punti ciechi), intorpidimento e formicolio, disturbi della parola, vertigini, disordini

alla vescica e all’intestino, debolezza, perdita della coordinazione (difficoltà nel camminare, trascinamento dei

piedi), paralisi, perdita dell’equilibrio e instabilità emotiva. E’ interessante anche notare che la carenza di

magnesio nelle persone normali provoca spasmi muscolari, debolezza, contrazioni muscolari e incontinenza

urinaria, tutti sintomi caratteristici della sclerosi multipla. La malattia di Lyme dà gli stessi sintomi della

sclerosi multipla.

E’ stato dimostrato che gli elementi nutritivi e altre sostanze naturali possono rallentare o perfino

prevenire lo sviluppo della sclerosi multipla. Gli studi effettuati con le autopsie hanno mostrato che esistono

gravi carenze di lecitina nel cervello e nella guaina mielinica che ricopre i nervi. Le piccole quantità di lecitina

presenti erano anormali e contenevano acidi grassi saturi invece che insaturi. I malati di sclerosi multipla

hanno probabilmente un fabbisogno più alto delle sostanze nutritive necessarie per la produzione di lecitina,

tra cui la vitamina B6 (50 mg al dì), la colina, l’inositolo, gli acidi grassi essenziali e il magnesio (50 mg al dì).

I risultati di alcuni studi hanno dimostrato che l’Wobe-Mugos, un gruppo di enzimi pancreatici e un enzima

estratto dall’ananas, possono migliorare i sintomi della sclerosi multipla. E’ stato dimostrato che l’aminoacido

glicina favorisce il controllo muscolare e la carnitina è efficace nei confronti della debolezza muscolare. Anche il

SOD, il LIPSOD e Poly(A)/Poly(B), derivati sintetici dell’acido poliribonucleico, possono migliorare i sintomi

della sclerosi multipla.

L’assunzione quotidiana di vitamina E (100 UI tre volte al dì), complesso B (25 mg al dì), vitamina C (1 g tre

volte al dì) e zinco (15 mg al dì) possono dare risultati positivi. In alcuni casi è stata somministrata la vitamina

B12 per aumentare la stabilità nello stare in piedi e nel camminare.

Il fabbisogno ereditario di vitamina D può portare alla sclerosi multipla. La vitamina è fondamentale per

un buon sviluppo del sistema nervoso, e i tessuti nervosi poco resistenti possono cedere una volta arrivati all’età

adulta. L’utilizzazione del calcio dipende dalla presenza della vitamina D. Le persone affette da sclerosi

multipla da molto tempo non possono beneficiare della vitamina, invece, il paziente giovane che inizia a

mostrare i sintomi, può rallentare o perfino fermare l’avanzare della malattia con questa vitamina.

Le donne incinte carenti di acido linolenico possono passare lo stesso disturbo al feto, rendendo il cervello e la

spina dorsale sensibili alla distruzione degli strati protettivi intorno alle fibre nervose. Il disturbo può non

manifestarsi sino ai 15 o 16 anni, ossia fino a quando il cervello non è pienamente sviluppato.

Per curare la sclerosi multipla, il dott. Frederick Klenner di Reidsville, North Carolina, usa dosi massicce di

vitamine del complesso B e altre sostanze nutritive, tra cui minerali, acidi grassi insaturi e aminoacidi.

Ai malati di sclerosi multipla viene consigliata una dieta ricca di oli di semi, pesce, verdure, frutta, cereali

integrali, vitamine, minerali (preferibilmente in forma di orotato) e quantità estremamente limitate di grassi

saturi (non oltre i 15 g al dì), zuccheri e alimenti confezionati (soprattutto quelli che contengono grassi saturi).

Una dieta a basso contenuto di grassi (latticini non grassi), iniziata prima che la malattia provocasse invalidità,

ha permesso al 95% delle persone che hanno partecipato allo studio di vivere più a lungo senza sintomi.

Quando la dieta conteneva una percentuale di grassi saturi inferiore ai 15 g i risultati sono stati ancora migliori.

Il consumo di grandi quantità di fibre è importante per la stitichezza che può essere risolta bevendo molti

liquidi e seguendo una dieta a base di alimenti integrali non raffinati.

Gli oli di semi, specialmente quello di cartamo, germe di grano, girasole, mais, soia, sesamo ed enotera (500

mg al dì), tutti ricchi di acido linolenico, sono fonte di acidi grassi insaturi (omega 6), importanti per lo sviluppo

e l’integrità del cervello e del midollo spinale. L’assunzione giornaliera di due cucchiai di olio di semi ha

diminuito la gravità e aumentato i periodi di remissione nei malati di sclerosi multipla. E’ importante che ci sia

un equilibrio tra gli acidi grassi omega 3 e quelli omega 6; 1000 mg di olio di pesce migliorano i sintomi della

sclerosi multipla ed equilibrano gli oli omega 6. E’ possibile usare anche l’olio di colza (che contiene omega 3 e

omega 6) e l’olio di lino (contiene una maggior percentuale di omega 3 rispetto all’olio di pesce).

Bisognerebbe considerare attentamente le allergie ad un alimento particolare ed eliminarlo dalla dieta; il

glutine del grano e il latte sono allergeni comuni. E’ consigliabile evitare il cioccolato, gli alimenti speziati, il

caffè e il sale. L’alcool e il fumo dovrebbero essere evitati. L’alcool ostacola la trasformazione degli acidi grassi

insaturi, aumenta i grassi saturi presenti nel sangue, distrugge diverse vitamine B e aggrava i sintomi di sclerosi

multipla. Il fumo ha effetti controproducenti su una dieta ad alto tenore di acidi grassi insaturi, abbassa i livelli

di vitamina C nel sangue e aggrava temporaneamente i sintomi della sclerosi multipla.

I malati di sclerosi multipla dovrebbero curare particolarmente i periodi di riposo e di esercizio, per

diminuire la stanchezza. L’esercizio fisico dovrebbe combattere la stanchezza del malato di sclerosi multipla e

non crearla. Il calore del corpo dovrebbe rimanere stabile, si suggerisce per esempio di nuotare lentamente

nell’acqua fresca. Consultare un medico prima di iniziare qualsiasi tipo di attività fisica. Lo yoga aiuta i

muscoli a mantenersi elastici (vedi la Parte II).

Sono stati riportati casi di medici che hanno curato con successo pazienti affetti da sclerosi multipla con

un’integrazione di alte dosi di vitamine e minerali e una dieta controllata. I cibi ricchi di grassi saturi vengono

eliminati e sostituiti con cibi contenenti acidi grassi insaturi. I cibi confezionati, come preparati per dolci,

formaggi, pasticcini e altri prodotti industriali, devono essere evitati, perché contengono quantità nascoste o

sconosciute di grassi saturi. Ai pazienti viene anche consigliato di mangiare pane e cereali integrali e di

prendere germe di grano o vitamina E per impedire che gli oli insaturi siano ossidati una volta entrati

nell’organismo.

I risultati osservati sui pazienti sono stati una riduzione nel numero delle ricadute, più energia, la capacità di

continuare a camminare e a lavorare e un aumento della speranza di vita. Il trattamento è stato iniziato nelle

prime fasi della malattia, quando i sintomi erano scarsi e poco evidenti; il 90- 95% dei casi sono rimasti

immutati o addirittura migliorati durante i venti anni seguenti.

Ottimi integratori possono essere il carotenoid complex, omega3, flavonoid complex, cal mag, cruciferous,

acidophilus e tree en en

Ho già affrontato con ottimi risultati la sclerosi multipla, attraverso unprogramma nutrizionale mirato che ha

come effetto quello di migliorare la salute generale dell’organismo e gli effetti collaterali delle terapie , come la

regolarizzazione degli anticorpi tiroidei, la stanchezza cronica a la stabilizzazione della situazione.

Scrivetemi per suggerimenti e impostazione programma.

ELEMENTI NUTRITIVI CHE POSSONO DARE RISULTATI POSITIVI NELLA CURA DELLA

SCLEROSI MULTIPLA:

Organi Sostanza Quantità*

Cervello/Sistema nervoso Beta-carotene 25.000 UI

Complesso B 25-100 mg 3 volte al dì

Vitamina B1 100 mg al dì

Vitamina B2 150 mg al dì

Vitamina B6 50-100 mg 3 volte al dì

Vitamina B12 100 mcg 2 volte al dì

Inositolo

Colina 700-1400 mg al dì

Fosfatidil-colina

colina

Niacina 100 mg al dì

Acido pantotenico 100-200 mg al dì

Vitamina C con bioflavonoidi 1000-5000 mg nel corso della giornata

Vitamina D 800-1200 UI al dì

Vitamina E 100 UI 3 volte al dì

Vitamina K 200 mcg con i pasti

Coenzima Q10 30 mg 2 volte al dì

Calcio chelato 2000-3000 mg al dì

Ferro

Germanio 200 mg al dì

Magnesio chelato 1000-1500 mg al dì

Potassio 300-1000 mg al dì

Manganese 25 mg al dì

Rame

Selenio 150-300 mcg al dì

Zinco 15 mg al dì

Fosforo 900 mg al dì

Kelp 5-10 compresse al dì

LIPSOD

Zolfo 500 mg 3 volte al dì

Proteine Aminoacidi in forma libera

L-carnitina Secondo le dosi prescritte

L-leucina Secondo le dosi prescritte

L-valina Secondo le dosi prescritte

L-glicina Secondo le dosi prescritte

L-isoleucina Secondo le dosi prescritte

Acidi grassi insaturi Olio di enotera, 500 mg

Lecitina 1 cucchiaio 3 volte al dì prima dei pasti

prima dei pasti

Acidophilus 1 cucchiaio 2 volte al dì

Enzimi proteolitici Tra i pasti

Enzimi pancreatici

Lievito di birra Secondo le dosi prescritte

http://guestbook.webtool.it/Default.aspx?idutente=2557&idconfig=1216

SCHEDE TERAPEUTICHE: SCLEROSI MULTIPLA (SM)

Sommario

Definizione

Approccio Medico Ufficiale

Eziologia

La ricerca di Elvin A. Kabat (1914-2000)

News

Cura

Scala EDSS (Expanded Disability Status Scale)

Approccio Olistico

Nuove scoperte assai interessanti

L’approccio della dott.ssa Kousmine

La teoria del dott. Paolo Zamboni

Una formulazione teorica a cura del Progetto Caduceo

Esercizi per un corretto allenamento fisico

Stretching e SM

MsYoga e SM

Testi per approfondire

Siti per approfondire

Importante: quanto qui proposto fa parte di un approccio olistico alla malattia, pertanto relativamente nuovo,

che si è dimostrato efficace. Non asseriamo, con questo, che queste scoperte siano state scientificamente

confermate e che rappresentino la verità in assoluto. Vi incoraggiamo perciò a studiare, sperimentare, e trovare

la verità da voi stessi.

Ricordiamo che le informazioni fornite sono ad esclusivo scopo informativo e non sostituiscono il medico a cui

bisogna rivolgersi per i problemi relativi alla salute.

DEFINIZIONE

Tratta dal sito: http://utenti.lycos.it/gasco/id250.htm

La sclerosi multipla è una delle più comuni malattie che colpiscono il Sistema Nervoso Centrale (cervello e

midollo spinale). La SM è una patologia infiammatoria demielinizzante. La mielina è una sostanza composta da

acidi grassi che riveste i nervi, similmente a quanto avviene nel rivestimento dei fili elettrici, e questa sostanza

consente la trasmissione rapida e coordinata degli impulsi. Sono la velocità e l’efficienza con le quali questi

impulsi nervosi sono condotti che consentono l’esecuzione di movimenti armonici, rapidi e coordinati con poco

sforzo conscio.

Nella sclerosi multipla, la perdita di mielina (demielinizzazione) è accompagnata da una alterazione dell’abilità

dei nervi a condurre gli impulsi elettrici da e per il cervello, e questa alterazione produce i vari sintomi presenti

nella SM.

Le aree in cui si verifica la perdita della mielina (placche o lesioni) appaiono come aree indurite (cicatrici): nella

sclerosi multipla queste cicatrici appaiono in tempi ed in aree diversi del cervello e del midollo cerebrale – ed il

termine sclerosi multipla significa letteralmente, cicatrici multiple.

La mielina dei nervi del Sistema Nervoso Autonomo è chimicamente differente da quella del Sistema Nervoso

Centrale ed è prodotta da differenti cellule, pertanto questo sistema non è generalmente interessato dalla

malattia.

APPROCCIO MEDICO UFFICIALE

EZIOLOGIA

Tratta dal sito http://utenti.lycos.it/gasco/id254.htm

La causa della sclerosi multipla non è ancora conosciuta ma, in tutto il mondo, migliaia di ricercatori stanno

meticolosamente mettendo assieme tutti i pezzi di questo complicato puzzle. Nella SM, il danno alla mielina può

essere provocato da una risposta anormale del sistema immunitario della persona colpita, il quale normalmente

difende il corpo dagli organismi invadenti (batteri e virus).

Molte caratteristiche della SM suggeriscono l’ipotesi di malattia ‘auto-immune’, nella quale il corpo attacca le

proprie cellule e i propri tessuti, che nel caso della SM è la mielina. I ricercatori non sanno che cosa scatena

l’attacco alla mielina, essi pensano che si tratti di una combinazione di diversi fattori. Una teoria suggerisce

l’ipotesi che un virus, presente nel corpo in stato quiescente, possa svolgere un ruolo primario nello sviluppo

della malattia e possa disturbare il sistema immunitario oppure indirettamente instigare il processo

autoimmunitario.

Nel tentativo di identificare un virus della SM sono state condotte molte ricerche, anche se è probabile che un

virus comune, quale quello del morbillo o quello dell’herpes, possa agire da fattore scatenante la SM. Questo

fattore scatenante attiva i linfociti nella corrente sanguigna che entrano nel cervello rendendo vulnerabili i

meccanismi di difesa del cervello (cioè la barriera emato-cerebrale). Dopo essere penetrate all’interno del

cervello queste cellule attivano altri elementi del sistema immunitario in modo tale che essi attaccano e

distruggono la mielina.

Inoltre, vi è evidenza che la SM si verifica con maggiore frequenza fra le persone che presentano una

suscettibilità genetica alla SM. In realtà, queste teorie sono complementari. Un virus comune potrebbe indurre

il sistema immunitario ad attaccare e a danneggiare la mielina del sistema nervoso centrale, in una persona che

ne è geneticamente suscettibile.

La ricerca di Elvin A. Kabat (1914-2000)

Tratto da: www.sclerosi-multipla.com

Per tutto il 20° secolo, la ricerca continuò a indagare su quale fosse l’esatta fisiopatologia della SM, con metodi

investigativi che sono divenuti sempre più sofisticati, parallelamente allo sviluppo tecnologico. Nel corso del

1940, il Dr Elvin Kabat esaminò la risposta immunitaria osservata nella SM. Presso il Dipartimento di

Neurologia della Columbia University, USA, Kabat utilizzò il metodo dell’elettroforesi, di recente scoperta, per

studiare i sieri di pazienti affetti da SM.

Kabat confrontò il tracciato elettroforetico delle proteine del liquido cefalo-rachidiano (LCR) con quello del

siero di pazienti affetti da SM ed evidenziò che il LCR dei pazienti con SM presentava un aumento relativo

delle gamma-globuline. L’immagine (in basso) riproduce il tracciato elettroforetico riscontrato da Kabat, con

un chiaro aumento della banda delle gamma-globuline, presente nel campione dei pazienti affetti da SM.

Le ricerche effettuate da Kabat confermarono la natura immunologica della SM, un concetto postulato già

dall’inizio del 19° secolo. Le ricerche successive hanno tentato di spiegare il motivo per il quale il sistema

immunitario genera questa risposta inappropriata, ed i potenziali trattamenti si sono focalizzati sul tentativo di

sopprimere l’attività immunologica che porta alla demielinizzazione.

NEWS

Tratto dal sito www.neurologia.it/sclerosi_multipla/sclerosi_multipla_info.html

La sclerosi multipla è una frequente causa di disabilità acuta e cronica in persone di giovane e media età.

Generalmente si manifesta per la prima volta tra i 15 e i 50 anni con una massima incidenza in giovani adulti,

colpendo due volte più donne che uomini. Non si conoscono cause specifiche, anche se fattori genetici sembrano

coinvolti nella predisposizione a sviluppare la malattia. Essa è dovuta alla nascita spontanea e acuta di

circoscritti focolai infiammatori in cui il sistema immunitario promuove un attacco (reazione autoimmune)

verso una proteina (mielina) del sistema nervoso centrale. L’infiammazione acuta rallenta la trasmissione degli

impulsi elettrici lungo le connessioni nervose, preservandone comunque la struttura.

Nei primi anni della malattia l’infiammazione spesso regredisce spontaneamente, con un conseguente

miglioramento o una remissione completa dei sintomi. Per questa dinamica la forma clinica più frequente è

quella a ‘ricadute e remissioni’. Con un maggior numero di ricadute le remissioni sono meno complete, a causa

di un danneggiamento anche strutturale del tessuto nervoso. In questo modo, in una parte dei pazienti si può

manifestare un lento peggioramento anche senza nuove ricadute (decorso secondariamente cronico

progressivo). Solo una minoranza dei pazienti presenta dalle prime fasi della malattia un peggioramento lento e

continuo (decorso primariamente cronico progressivo).

I sintomi dipendono dalla localizzazione dei focolai infiammatori; possono essere colpite tutte le regioni del

sistema nervoso centrale che contengono mielina. Un frequente sintomo iniziale è un transitorio annebbiamento

della vista di un occhio (neurite del nervo ottico o neurite retrobulbare). Altri sintomi frequenti sono la visione

sdoppiata (diplopia), disturbi dell’equilibrio e della coordinazione dei movimenti (atassia), tremore, disturbi

dell’articolazione delle parole (disartria), paralisi e spasticità muscolari e disturbi della sensibilità, con

un’alterazione della sensibilità cutanea spesso accompagnata da formicolio o sensazioni sgradevoli al tatto.

Mentre una parte dei pazienti ha poche ricadute e si stabilizza spontaneamente con scarsi sintomi o nessuno, in

altri pazienti la malattia progredisce causando una graduale disabilità con la minaccia di una grave

compromissione o perdita della capacità di camminare; possono, inoltre, verificarsi difficoltà del controllo della

vescica e disturbi della funzione sessuale.

La farmacoterapia dei sintomi acuti si basa sul controllo dell’infiammazione acuta con i corticosteroidi

(preferibilmente ad alto dosaggio ed endovena per pochi giorni), che abbreviano la durata e accelerano la

remissione dei sintomi. In questo modo si ha un minimo di effetti collaterali, al contrario di quello che avviene

nella terapia prolungata con corticosteroidi, che non è indicata nella sclerosi multipla in quanto inefficace.

La ricerca clinica degli ultimi anni ha prodotto un significativo progresso nella dimostrazione dell’efficacia di

farmaci preventivi diretti a ridurre la frequenza delle ricadute e a rallentare il decorso clinico. Sono farmaci

immuno-modulatori, perché riducono l’intensità con la quale il sistema immunitario attacca il sistema nervoso.

I farmaci più affermati sono i Beta-Interferoni, molecole fisiologiche prodotte dall’organismo stesso che

regolano le risposte immunitarie. Esistono tre preparazioni farmacologiche (Beta-1a: Avonex®, Rebif®; Beta-

1b: Betaferon®) che sono state studiate (studi controllati e randomizzati a doppio cieco) in pazienti con forme a

ricaduta e remissione; per una preparazione (Betaferon®) è stata dimostrata l’efficacia anche nelle forme

secondariamente croniche progressive.

Tutte le preparazioni riducono la frequenza delle ricadute, rallentano la progressione della malattia e riducono

il numero di focolai infiammatori visibili con la risonanza magnetica. Un altro farmaco immuno-modulatore è

il Copolimero 1 o Glatiramer, che ha attività simile a quella degli interferoni e consiste di una miscela di

aminoacidi che simulano la composizione di una proteina della mielina, riducendo così la reazione del sistema

immunitario contro la mielina del sistema nervoso. La situazione attuale dei dati non permette un giudizio di

preferenza per uno degli immuno-modulatori descritti; indicazioni sicure a questo riguardo deriveranno dagli

studi di comparazione diretta in corso, di cui finora sono stati pubblicati solo dati preliminari.

Esiste inoltre una serie di farmaci immunosoppressori (azathioprina, metotrexato, mitoxantrone,

ciclofosfamide) che bloccano globalmente la replicazione cellulare, rallentando così anche la reazione del

sistema immunitario. Essendo sostanze tossiche usate anche nella chemioterapia dei tumori, sono riservati a

casi di sclerosi multipla con progressione rapida e disabilitante che non rispondono sufficientemente ad un

farmaco immuno-modulatore. Inoltre, richiedono il controllo rigoroso di vari parametri clinici, per cui la loro

indicazione e la loro somministrazione sono riservate a centri clinici specializzati.

Il prossimo futuro vedrà la pubblicazione di ulteriori studi che confermeranno l’efficacia degli interferoni e la

determinazione del migliore punto d’inizio di questa terapia durante il corso della malattia. Gli studi finora

pubblicati indicano che una terapia precoce potrebbe essere utile per la prevenzione di ricadute e disabilità

neurologica. Inoltre, saranno studiate varie combinazioni dei farmaci attuali per incrementarne l’effetto e

raggiungere una stabilizzazione o un arresto della malattia nel maggior numero di pazienti.

CURA

Finora non esiste alcuna cura specifica per la sclerosi a placche, ma molti sintomi della malattia possono essere

alleviati e vari trattamenti si sono dimostrati assai utili.

Si pensa che la malattia sia di tipo autoimmmune, vengono pertanto usati rimedi tendenti a bloccare il Sistema

immunitario (immunosoppressori) affinché non continui a danneggiare la mielina. Non si conoscono rimedi

validi per ricostruire la mielina danneggiata.

Sono in corso numerose ricerche in questo campo. Il medico, il neurologo e l’Associazione locale della sclerosi a

placche www.aism.it saranno in grado di informarvi quando viene messo a disposizione un trattamento valido,

approvato dai medici.

SCALA EDSS (Expanded Disability Status Scale)

Secondo la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), quanto la malattia influisce sulla

qualità di vita del paziente può essere descritto in termini di impairment (insieme dei deficit neurologici

prodotti dalla malattia); disability (le limitazioni del paziente nelle attività della vita quotidiana), e handicap (le

limitazioni nelle attività sociali e lavorative).

Attualmente, il grado di severità della SM e, cioè, delle sequele neurologiche prodotte dal danno anatomico che

subisce il tessuto nervoso, si effettua tramite una serie di scale cliniche fra le quali, la più utilizzata è quella

seguente, proposta da Kurtzke e chiamata “Expanded Disability Status Scale” (EDSS).

EDSS: la scala di disabilità per pazienti affetti da sclerosi multipla.

Tratta da M.D. Medicinae Doctor – n° 7 marzo 1997.

La disabilità neurologica, che dipende nei pazienti affetti da SM dall’attività lesiva del processo demielinizzante

a carico del Sistema nervoso centrale, viene valutata secondo una scala istituita come EDSS (Expanded

Disability Status Scale) dal neurologo americano Kurtzke nel 1983.

EDSS = 0: Paziente con obiettività neurologica normale demielinizzante.

EDSS da 1 a 3.5: Il paziente è pienamente deambulante, pur avendo deficit neurologici evidenti in diversi

settori (motorio, sensitivo cerebellare, visivo, sfinterico) di grado lieve o moderato, non interferenti sulla sua

autonomia.

Da un EDSS =4 in su, i disturbi della deambulazione diventano preponderanti per il calcolo della disabilità

secondo quanto segue:

EDSS = 4: Paziente autonomo, deambulante senza aiuto e senza sosta, per circa 500 metri.

EDSS = 4.5: Paziente autonomo, con minime limitazioni nell’attività completa quotidiana e deambulazione

possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 300 metri.

EDSS = 5: Paziente non del tutto autonomo, con modeste limitazioni nell’attività completa quotidiana e

deambulazione possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 200 metri.

EDSS = 5.5: Paziente non del tutto autonomo, con evidenti limitazioni nell’attività completa quotidiana e

deambulazione possibile, senza soste e senza aiuto, per circa 100 metri.

EDSS = 6: Il paziente necessita di assistenza saltuaria o costante da un lato (bastone, grucce) per percorrere 100

metri senza fermarsi.

EDSS = 6.5: Il paziente necessita di assistenza bilaterale costante, per camminare 20 metri senza fermarsi.

EDSS = 7: Il paziente non è in grado di camminare per più di 5 metri, anche con aiuto, ed è per lo più confinato

sulla sedia a rotelle, riuscendo però a spostarsi dal14 stessa da solo.

EDSS = 7.5: Il paziente può solo muovere qualche passo. E’ obbligato all’uso della sedia a rotelle, e può aver

bisogno di aiuto per trasferirsi dalla stessa.

EDSS = 8: Il paziente è obbligato alletto non per tutta la giornata o sulla carrozzella. Di solito ha un uso

efficiente di uno o di entrambi gli arti superiori.

EDSS = 8.5: Il paziente è essenzialmente obbligato alletto. Mantiene alcune funzioni di autoassistenza, con l’uso

discretamente efficace di uno od entrambi gli arti superiori.

EDSS = 9: Paziente obbligato a letto e dipendente. Può solo comunicare e viene alimentato.

EDSS = 9.5: Paziente obbligato a letto, totalmente dipendente.

EDSS = 10: Morte dovuta alla patologia.

APPROCCIO OLISTICO

Nuove scoperte assai interessanti

Da qualche tempo circola un libro molto interessante, The China Study, che consigliamo a tutti coloro che

desiderano avere informazioni aggiornate, e ampiamente documentate, sulla SM (per la recensione del libro

clicca qui.). Segue un breve brano:

Ora sappiamo come il nostro sistema immunitario può attaccare il nostro stesso organismo, mediante un

processo di mimetismo molecolare indotto da proteine animali che riescono a introdursi nella nostra

circolazione del sangue. Abbiamo anche alcune prove affascinanti che stabiliscono un legame fra la Sclerosi

multipla e il consumo di cibi di origine animale, specialmente di latticini.

Studi di intervento in ambito nutrizionale, hanno indicato che la dieta può aiutare a rallentare la Sclerosi

multipla e forse perfino a bloccarla. Attualmente disponiamo di un’ampia e approfondita gamma di prove del

fatto che una dieta a base di alimenti naturali vegetali è la migliore per il diabete e per le malattie autoimmuni.

L’approccio della dott.ssa Kousmine

La dott.ssa Kousmine sosteneva che la Sclerosi, diffusa sopratutto in questi anni, fosse una malattia del

benessere, legata al fatto che i cibi vengono preparati con procedimenti chimici industriali che ne alterano la

composizione originale. In particolare si riferiva all’olio, che ora non più preparato a freddo, ma ad alte

temperature che distruggono vitamine e principi nutritivi.

Anche noi consideriamo una dieta sana (ad es. come descritto nelle nostre Direttive alimentari) un grande aiuto

per chi ha la SM. Basterebbe usare solo olio spremuto a freddo, eliminare margarine e tutto ci che contiene

grassi idrogenati. Questi grassi sono dannosissimi perché aumentano il colesterolo cattivo e sono contenuti nei

cibi confezionati, gelati, patatine, biscotti, fette biscottate e schifezze varie.

Suggeriamo la lettura delle cinque pagine di commenti sulla SM nel blog:

http://www.sclerosi.org/forum/viewtopic.php?t=452&postdays=0&postorder=asc&start=0

Tutto questo per convalidare il fatto che i dolori compaiono quando nel corpo vi è un eccesso di sostanze

tossiche e di acido urico.

URL in collegamento con: www.kousmine.it/index.php

Sclerosi Multipla: si può fare di più

Che cos’è la sclerosi multipla

Nuovi concetti nella Sclerosi Multipla: Il fattore nutrizione determinante nella guarigione

Il Metodo Kousmine Classico

Il Metodo Kousmine Integrato

Ionorisonanza: La nuova Terapia nelle Malattie Neurologiche

Una Testimonianza

Malattie Autoimmuni

La teoria del dott. Paolo Zamboni

Il dott. Paolo Zamboni ha riscontrato restringimenti nelle vene che portano via il sangue dal cervello in tutti i

malati di SM e in nessuno dei soggetti sani. Ha definito questa anomalia venosa col nome di “CCSVI”, ovvero

“Insufficienza Venosa Cronica Cerebrospinale”.

Dettagli in: http://sm-ccsvi.com/tag/paolo-zamboni/

Una formulazione teorica a cura del Progetto Caduceo

Sembrerebbe che sia presente una quantità minima di un agente patogeno che avvelena la membrana aracnide,

alcune zone della sostanza bianca del cervello, del cervelletto e del midollo spinale, comprendendo anche il

Sistema Nervoso Centrale.

— Alcune riflessioni per chi fosse interessato all’eziologia della SM —

A cura del dr. Mario Rizzi – Coordinatore del Progetto Caduceo.

1. L’intelligenza che sta dietro al sistema immunitario vanta qualche miliardo di anni di esperienza in più che

non quella dell’uomo, pertanto se agisce in un certo modo lo fa perché vi sono dei motivi ben precisi, anche se

per ora all’uomo sconosciuti. A mio giudizio questo è un presupposto fondamentale, purtroppo spesso non

considerato nella sua validità.

2. Se nelle affezioni di SM il sistema immunitario distrugge la mielina (vedi anche la conferma data dal Kabat,

lo fa perché la medesima contiene delle sostanze che devono essere eliminate.

3. Il motivo per cui la mielina contiene delle sostanze indesiderabili si può ricercare in un agente patogeno che,

letteramente, la “avvelena” con il suo metabolismo. Pertanto i tentativi di sopprimere l’attività immunologica

che porta alla demielinizzazione non rappresenta la vera e profonda soluzione della patologia.

4. Se tale agente non è ancora stato individuato lo si deve al fatto che gli strumenti a disposizione non sono

sufficientemente perfezionati (anche nel passato non si sono viste cose che oggi possiamo vedere!), oppure

perché si è localizzato oltre la barriera ematica cerebrale, cosa che la Medicina Naturale ritiene possibile

quando sono presenti nell’organismo delle tracce di minerali pesanti, ad es. il mercurio di cui è stato scritto:

“Il destino organico del vapore di mercurio, una volta assimilato, è la conversione nella forma ionica ad opera

di una catalasi ematica tissutale. La forma metallica Hg0 è fortemente liposolubile ed è in grado di superare

direttamente la barriera emato-encefalica e placentare, dando origine a forme di sequestro dovute alla

ionizzazione in tali tessuti ed alla conseguente impossibilità per la molecola di fuoriuscirne”

(www.aimo.it/odontoiatria11.html).

5. Vi sono apparecchiature e metodologie diagnostiche che la Medicina Accademica non riconosce (ad es. il

Vega Test Expert>), ma hanno una loro indiscutibile validità. A tal proposito è giusto considerare come

attualmente la Medicina Ufficiale non conosca tutto, e tutto non possa giustamente valutare. Infatti, ad es., non

è in grado di spiegare come hanno fatto gli animali liberi, nella zona colpita dallo Tsunami, a prevedere il

disastro e ritirarsi nell’entroterra per salvaguardare la loro vita.

6. Con tali metodologie abbiamo appurato, analizzando diversi casi, che alla base della SM vi è debolissima

infezione di Clostridium Tetani. La cosa ci è sembrata assai interessante perché trova un riscontro logico nel

fatto che il tetano, come malattie, produce degli spasmi (contrazioni + rilascio), mentra nella SM viene proposta

solo la fase di contrazione.

Proposta di cura a seguito della formulazione teorica del Progetto Caduceo

Siamo partiti dal presupposto che nella SM è presente una sintomatologia assai simile a quella dell’infezione di

tetano; è infatti manifesta l’azione spasmodica, ma solo nella fase contrattiva. Le nostre ricerche e

sperimentazioni ci hanno portato alla conclusione che per curare la SM, almeno nei casi iniziali, è necessario

agire con due approcci contemporanei:

aumentare l’attività del Sistema Immunitario (solitamente assai ridotta a causa delle cure mediche

tradizionali),

eliminare l’agente patogeno disturbante.

In alcuni casi iniziali l’approccio citato ha dato ottimi risultati, nei casi avanzati pare abbia bloccato il decorso

della malattia.

Data la delicatezza dell’argomento forniremo i dettagli delle nostre ricerche solo a coloro che si faranno

riconoscere come medici o terapeuti professionisti. In altre parole, se desideri ricevere tali informazioni dovrai

fornirci:

nome e cognome,

professione

Se vuoi richiedere le informazioni scrivi a:

buona-salute@libero.it

Assicuriamo che i dati forniti verranno custoditi con la massima riservatezza e non ceduti a terzi nel modo più

assoluto. Potrai richiedere in ogni momento che vengano modificati o cancellati facendone richiesta al

coordinatore

mario.rizzi@tin.it

ESERCIZI PER UN CORRETTO ALLENAMENTO FISICO

Stretching e Sclerosi Multipla

Cos’è propriamente lo stretching e a cosa serve per chi ha la SM? Il termine inglese, come spiega il medico

fisiatra che introduce il video, significa «allungamento» o «stiramento». Lo stretching, infatti, utilizzato

comunemente nella pratica sportiva, consiste in un insieme di esercizi di allungamento muscolare che

coinvolgono anche tendini, ossa e articolazioni. Dettagli nel sito:

http://aism.axenso.com/approfondimenti-con-lesperto/stretching-e-sclerosi-multipla.html

MsYoga e Sclerosi Multipla

Msyoga è un programma di allenamento di yoga specificamente sviluppato per persone con Sclerosi multipla

che è stato elaborato sviluppato da professionisti di spicco nel settore in Svizzera: a partire da esercizi singoli

specifici sono stati derivati due programmi di allenamento completi che tengono conto delle differenti

costituzioni personali delle persone colpite.

Il programma è stato sviluppato da professionisti di spicco nel settore in Svizzera. Assieme a Margareta Stühl

del Centro svizzero di Yoga e al Professor Dr. med. Jürg Kesselring, specialista FMH in neurologia al Centro di

riabilitazione Clinica Valens, abbiamo elaborato un programma di allenamento completo partendo da singoli

esercizi specifici.

Nel sito www.msyoga.ch/it/home.html si trovano vari filmati per aiutare coloro che desiderano fare questo tipo

di allenamento. Precisiamo che gli esercizi sono generali e non personalizzati: alcuni vanno bene per persone ai

primi stadi della malattia, e non in stadi più avanzati. Altri vanno bene per tutti.

TESTI PER APPROFONDIRE

Trattamento sintomatico della SM. Opuscolo a cura della Bayer Health Care con informazioni utili per capire e

convivere con la SM.

SITI PER APPROFONDIRE

http://it.groups.yahoo.com/group/smailit/ (Mailing list “Smailit”).

www.sclerosi-multipla.com Una visione completa del problema.

www.lism.it Lega Italiana Sclerosi Multipla.

www.sclerosi.org Sclerosi Multipla.

www.aism.it Associazione Italiana Sclerosi Multipla.

www.aini.it/ Associazione Italiana di Neuroimmunologia.

www.ainr.it/ Associazione Italiana di Neuroradiologia.

www.neuropathology.it/ AINP – Associazione Italiana di Neuropatologia.

www.acesm.org/ A.Ce.S.M. Amici Centro S.M. Ospedale San Raffaele ONLUS.

www.istituto-besta.it Istituto Nazionale Neurologico Carlo Besta.

www.smtriveneto.it/site/home.asp Gruppo Triveneto Multidisciplinare Sclerosi Multipla.

http://utenti.lycos.it/gasco/id250.htm

www.dannyfstory.it/

URL in collegamento con: www.kousmine.it/index.php

Sclerosi Multipla: si può fare di più

Che cos’è la sclerosi multipla

Nuovi concetti nella Sclerosi Multipla: Il fattore nutrizione determinante nella guarigione

Il Metodo Kousmine Classico

Il Metodo Kousmine Integrato

Ionorisonanza: La nuova Terapia nelle Malattie Neurologiche

Una Testimonianza

Malattie Autoimmuni

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Accessibilità/Barriere architettoniche

Associazioni SM nel mondo

Disabilità/handicap

Dispositivi, ausili, protesi, ortesi

Fisco/Legislazione

Formazione/Istruzione/Sviluppo risorse umane

Lavoro, solidarietà, sociale

Previdenza/Assistenza

Psicologia

Sanità e Istituzioni

Sessualità

Sport

Tecnologia Informatica / Web

Telelavoro

Tempo libero/Turismo/Viaggi

Trasporti

In lingua inglese:

Medline Plus

National Multiple Sclerosis Society USA

Multiple Sclerosis International Federation

 

 

Nanoparticella impedisce l’attacco alla mielina nella SM

costituita da metaboliti naturali del corpo e l’FDA l’ha già approvata

Una ricerca condotta da un team di statunitensi e australiani avrebbe individuato una nanoparticella

biodegradabile in grado di indurre il sistema immunitario a non attaccare più la mielina e fermare quindi il

processo che è alla base della sclerosi multipla. Grazie a una tecnica innovativa la particella può trasportare un

antigene che “ordina” al sistema immunitario di bloccare la reazione autoimmune.

Nella sclerosi multipla, infatti, il sistema immunitario attacca la membrana mielinica che isola le cellule nervose

nel cervello, midollo spinale e nervo ottico. Quando l’isolamento viene distrutto, i segnali elettrici non sono più

in grado di viaggiare. La nanoparticella creata dai ricercatori è stata in grado, sul modello animale, di

trasportare un antigene che aiuta il sistema immunitario a riconoscere la mielina e a far sì che essa non diventi

oggetto della sua reazione. La nanoparticella in questione è costituita da acido lattico e acido glicolico,

metaboliti naturali del corpo umano. La sostanza è stata approvata dalla FDA.

Secondo lo studio, pubblicato su Nature Biotechnology, la speciale tecnica nanotecnologica potrebbe nel futuro

trovare applicazione su una grande varietà di malattie autoimmuni, incluso il diabete di tipo 1, le allergie

alimentari e alcune allergie come l’asma.

 

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Olio e Acidi Grassi Nella SM

 

OLI E ACIDI GRASSI NELLA SM

 

Olio di Canapa

L’olio di semi di canapa come supplemento dietetico nella pratica medica

Jonas Elia*, Belotherkovsky Dany**

* dott. Jonas Elia, medico chirurgo specialista in pediatria e neuropsichiatria infantile.

** dott. Belotherkovsky Dany, diplomato in Riflessologia ed in Medicina Omeopatica, laureato in Medicina e

Chirurgia presso l’Università degli Studi “La Sapienza” in Roma.

Indirizzo e-mail per la corrispondenza: www.bdanik3@gmail.com

L’olio di semi di canapa è un alimento che si ricava per spremitura a freddo dei frutti della pianta di canapa,

Cannabis Sativa (sativa – coltivata).

La storia dell’uso di olio di canapa parte dalla Cina del periodo neolitico intorno al 3000 a.c. i semi erano usati

per combattere le infiammazioni delle pelle ed erano considerati tonici, ricostituenti, lassativi diuretici ed

eccellenti per liberare dai vermi i neonati e gli animali.

Il primo utilizzo terapeutico della canapa documentato nella letteratura araba risale ai secoli VIII-IX, le parti

della pianta più usate in terapia erano i semi e in minor misura le foglie.

L’olio di canapa è particolarmente ricco di acidi grassi essenziali polinsaturi della famiglia omega.

Tecnicamente gli Omega (Ω) sono acidi grassi polinsaturi che, dal punto di vista chimico, hanno la

caratteristica di possedere un primo doppio legame in posizione 3 (Ω3) o in posizione 6 (Ω6) a partire

dall’ultimo atomo di carbonio della catena che li forma.

Oggi sappiamo che gli acidi grassi essenziali agiscono attraverso vari meccanismi d’azione, svolgendo ruoli

essenziali nel traffico metabolico come metaboliti e messaggeri sia agendo direttamente sui recettori nucleari13

per attivare o reprimere diverse vie metaboliche necessarie per la corretta risposta difensiva della cellula, sia

permettendo all’organismo di formare le molecole eicosanoidi che sono coinvolte nelle funzioni riproduttive,

nelle infiammazioni, nella febbre e nel dolore associato a traumi o malattie, nella formazione dei coaguli di

sangue, nella regolazione della pressione sanguigna, nella secrezione dell’acido gastrico e in molti altri processi

importanti per la salute dell’uomo.

La maggior parte degli oli vegetali non contiene il rapporto ottimale di Ω6 e di Ω3 e tende a promuovere

l’accumulo di prodotti intermedi che ostacolano il metabolismo degli acidi grassi. L’olio di semi di canapa, al

contrario, è correttamente equilibrato e non promuove accumulo di prodotti metabolici.il rapporto tra Ω6 e Ω3

nell’olio di canapa è di 3 a 1 rispettivamente, e proprio questo è il rapporto consigliato e confermato dalle

ricerche mediche per l’assunzione degli acidi grassi essenziali.

Dagli studi svolti sul rapporto degli omega sappiamo che durante la storia evoluzionistica dell’uomo il rapporto

tra Ω6/Ω3 era di 1–2/1. Oggi nelle società occidentali è fra 10-20/1. In uno studio di prevenzione secondaria

della malattia cardiovascolare il rapporto tra Ω6/Ω3 (LA/ALA) era di 4/1 e ha condotto ad una diminuzione del

70% nella mortalità totale. Follow – up: 2 anni, mentre il rapporto tra Ω6/Ω3 (LA/ALA) 4/1 sembra essere

ottimale per le funzioni mentali. il rapporto tra Ω6/Ω3 di 2–3/1 ha soppresso l’infiammazione in pazienti con

l’artrite reumatoide ed un rapporto di 5/1 ha avuto un effetto benefico sui pazienti con asma, mentre un

rapporto di 10/1 ha avuto conseguenze avverse.

La conclusione di tali ricerche evidenzia che un basso rapporto degli acidi grassi Ω6/ Ω3 è desiderabile per

attenuare le complicanze delle malattie cronico – degenerative.

Oltre all’omega 3 e all’omega 6, l’olio di canapa contiene anche la famiglia dei tocoferoli (vitamina E ) che sono

antiossidanti naturali, nonché i fitosteroli e alcuni componenti la famiglia dei cannabinoidi, quali il

Tetraidrocannabinolo (THC) e il Cannabidiolo (CBD). Quest’ultimo non ha alcun effetto psicoattivo, ma agisce

sul sistema delle anandamidi prodotte dal nostro organismo (cannabinoidi endogeni ) che modulano le risposte

dell’organismo, sia nel sistema immunitaria che agevolando le funzionalita’ cognitive e mentali attraverso

l’attivazione dei recettori specifici recentemente scoperti.

Il livello di THC è molto basso12, meno di una parte per milione e per avere effetti “tossici” da parte di questa

sostanza bisogna assumerne dai sei ai nove litri di olio al giorno (meglio trovare altro modo), fino ad oggi non

si è verificato nessun tipo di effetti collaterali derivati dall’assunzione di olio di canapa, però si sono verificati i

suoi effetti benefici sulla salute, sia per i bambini che per gli adulti, nella prevenzione e nel trattamento delle

malattie alla cui la origine c’è la reazione infiammatoria (tutte).

L’olio di canapa rappresenta un rimedio basilare cioè un alimento che per sua natura puo ottimizzare la

risposta del sistema immunitario come prevenzione ma anche nella cura di patologie e disturbi che dipendono

da squilibri nella omeostasi metabolica ed alterazioni funzionali del sistema immunitario. L’olio di canapa può

essere considerato “vaccino” nutrizionale nel senso che ha tutti gli effetti di un alimento protettivo

introducendolo quotidianamente nella dieta. L’olio di canapa ha un odore e un sapore gradevole e può essere

utilizzato, per condire l’insalata, la pasta, il pesce ed essere introdotto nell’ uso quotidiano al posto degli altri

olii di semi.

il mondo scientifico ammette la straordinaria importanza del consumo adeguato dei acidi grassi essenziali e la

ricerca è ancora in continuo sviluppo.

Dauno studio randomizzato in cieco, placebo controllato con l’assunzione dell’olio di semi di canapa per

quattro settimane in pazienti affetti da dermatite atopica si è avuto un miglioramento dei sintomi clinici della

malattia. Tali risultati sembrerebbero legati al giusto rapporto tra gli acidi grassi essenziali in questo olio.

Un altro studio randomizzato in doppio cieco ha raggiunto significato statistico del abbassamento del livello

ematico dei trigliceridi e colesterolo in volontari sani dopo quattro settimane di assunzione dell’olio di semi di

canapa.

Il dott. Jonas Elia, Medico Chirurgo Specialista in pediatria e neuropsichiatria infantile, nella sua esperienza

clinica pluriennale (dai primi anni 90 ) ha conseguito brillanti risultati nell campo di:

· malattie asmatiche e affezioni respiratorie, sia delle basse che delle alte vie respiratorie;

· dermatiti atopiche ed affezioni cutanee varie (vitiligine, psoriasi, dermatite seborroica, acne anche nelle

forme più gravi, rosacea, lupus cutaneo, ustioni);

· patologie gastrointestinali (reflusso, colopatie, rettocoliti muco emorragiche);

· affezioni vascolari (ipertensione arteriosa e vasculopatie);

· patologie femminili (malattia fibrocistica del seno, cisti ovariche, disturbi del ciclo, climaterio);

· artrosi e artrite reumatoide;

· convulsivita’;

· disturbi del linguaggio, autismo giovanile, disturbi caratteriali, impulsivita’;

· disturbo specifico dell’attenzione, ritardo di acquisizioni psicomotorie;

· cisti di qualsiasi distretto;

· poliposi;

· sclerosi multipla;

· malattie autoimmuni;

· osteoporosi;

· tumori in genere.

L’olio di canapa e consigliato dal Dottor Jonas dal concepimento (gravidanza) fino all’età di 120 anni.

L’apporto giornaliero può variare da 1 cucchiaino da te per la prevenzione (evitare nei mesi di luglio agosto) a

1 cucchiaio da tavola per due tre volte al giorno come terapia di attacco, seguendo sempre le istruzioni del

medico curante neli casi gravi, per avere la risposta ottimale.

Ci sono organizzazioni internazionali di ricercatori e di medici che cercano di divulgare ed informare (ad

esempio il nostro forum Modin www.modin.org che si occupa del utilizzo nella pratica medica dell’olio di

canapa., ISSFAL l’associazione internazionale per lo studio dei acidi grassi e lipidi http://www.issfal.org.uk ),

oltre alle associazioni dei vegani e vegetariani che hanno la necessita di assumere gli acidi grassi essenziali

attraverso la dieta vegetariana. Per questo il compito di spiegare la differenze tra i vari olii considerati come

integratori del acidi grassi:

L’olio di Lino contiene un rapporto invertito tra acidi grassi Ω6/Ω3 e puo’ contenere Linamarina, come

conseguenza dell’azione dell’enzima linase che produce i glicosidi cianogenetici e per evitare la tossicita si

raccomanda infatti di assumere i semi interi o dopo averli bolliti almeno per 10 minuti e in ogni caso è

sconsigliabile assumerne in grandi quantità, L’olio di Borragine non contiene gli omega 3 solo gli omega 6 pero’

contiene tracce di tossine naturali denominate alcaloidi della pirrolizidina, le quali sono alcaloidi tossici che col

tempo tendono ad accumularsi nei tessuti dell’organismo e possono provocare tumori e danneggiare il fegato, i

reni, il tratto gastrointestinale e l’apparato respiratorio.

Per quanto riguarda gli integratori di omega 3 a base di olio di pesce, questi sono olii concentrati e prodotti con

un processo di purificazione in cui l’olio di pesce viene fatto reagire con etanolo formando un substrato

sintetico chiamato “estere etilico degli acidi grassi omega-3″, La soluzione ricavata viene distillata sotto vuoto e

condensata, La struttura chimica in cui gli acidi grassi omega-3 si trovano naturalmente nell’olio di pesce,

invece, è quella dei trigliceridi naturali. E’ possibile produrre dei concentrati di acidi grassi omega-3 che siano

nella loro forma naturale solo che e’ necessario un passaggio ulteriore, il passaggio in più nella produzione

implica dei costi maggiori per il prodotto finale pero’ la cosa piu grave è che tali olii possono essere inquinati

con mercurio, diossine, furani e metalli pesanti che derivano dal pesce stesso e, se si tratta di un consumo

prolungato nel tempo (come è giusto che sia per gli acidi grassi essenziali) questi contaminanti possono

raggiungere livelli altamente tossici e, quindi, pericolosi per la salute, e allora bisogna fare attenzione nella

scelta di tali prodotti.

Per l’olio di canapa, come tutti gli olii vegetali, è importante la qualita dei semi, la spremitura a freddo, la

conservazione in ambiente fresco al buio per evitare l’ossidazione e l’irrancidimento, inconvenienti ultimi che

vengono evitati con l’uso di contenitori di vetro scuro, mantenendo la bottiglia in luogo fresco o nel frigo dopo

l’apertura.

Bibliografia:

1. Artemis P. Simopoulos, MD, Alexander Leaf, MD,Norman Salem, Jr, PhD. Workshop on the Essentiality

of and Recommended Dietary Intakes for Omega-6 and Omega-3 Fatty Acids. (National Institutes of Health

campus in Washington DC, April 1999)

2. Artemis P. Simopoulos MD. Omega–6/Omega–3 Essential Fatty Acid Ratio: The Scientific Evidence.

(Biomed Pharmacother. 2002 Oct;56(8):365-79)

3. Cary Leizer, David Ribnicky, Alexander, Poulev Slavik, Dushenkov Ilya Raskin. The Composition of

Hemp Seed Oil and Its Potential as an Important Source of Nutrition. (Journal of Nutraceuticals, Functional &

Medical Foods Vol. 2(4) 2000)

4. Callaway J, Schwab U, Harvima I, Halonen P, Mykkanen O, Hyvonen P, Jarvinen T. Efficacy of dietary

hempseed oil in patients with atopic dermatitis. (Journal of Dermatological Treatment. 2005; 16: 87–94)

5. Ursula S. Schwab James C. Callaway Arja T. Erkkila¨ Jukka Gynther Matti I.J. Uusitupa Tomi Ja¨rvinen.

Effects of hempseed and flaxseed oils on the profile of serum lipids, serum total and lipoprotein lipid

concentrations and haemostatic factors. (Eur J Nutr (2006) DOI 10.1007/s00394-006-0621-z)

6. Jonas Elia MD. La medicina della tradizione mediterranea.

7. Luca Gerosa. Storia, cucina e coltura della canapa. Stampa alternativa, 1995 Roma.

8. Indalecio Lozano.Utilizzo terapeutico della cannabis nella medicina araba.

9. Belotherkovsky Dany.Forum Modinutilizzo nella pratica medica dell’olio di canapa www.modin.org .

10. Lehninger.Principles of Biochemistry(Third edition Zanichelli).

11. Frank D. Gunstone Structured and Modified Lipids (Hardcover 2001).

12. Mölleken, H. and H. Husmann. Cannabinoids in seed extracts of Cannabis sativa cultivars. Journal of the

International Hemp Association 4(2): 73, 76-79 (1997).

13. V. A. Javiya, J. A. Patel.PPAR in human disease. (Indian J Pharmacol August 2006 Vol 38 Issue 4 243-

253)

Veneto:via libera alla distribuzione di farmaci a base di cannabinoidi.

4 ottobre 2012 Inserito da admin under canapa, curiosità, hemp, medicina

1 commento

Da “Il Fatto Quotidiano”

di Adele Lapertosa | 21 settembre 2012

Il via libera é arrivato martedì 18 dal Consiglio regionale, dopo alcune modifiche apportate al testo uscito lo

scorso luglio dalla commissione sanità della Regione, che rischiavano di rendere impugnabile dal Governo il

testo. Le prime regioni sono state Toscane e Liguria. Per ora l’Italia dipende dalle importazioni dall’estero.

Dopo Toscana e Liguria, anche il Veneto autorizza la distribuzione gratuita negli ospedali e nelle farmacie di

farmaci e preparati galenici a base di cannabinoidi, dando finalmente attuazione concreta alle disposizioni

ministeriali del 2007 che hanno riconosciuto la valenza terapeutica dei derivati dalla cannabis. Il via libera é

arrivato martedì 18 dal Consiglio regionale, dopo alcune modifiche apportate al testo uscito lo scorso luglio

dalla commissione sanità della Regione, che rischiavano di rendere impugnabile dal Governo il testo.

La legge, approvata all’unanimità, prevede l’avvio sperimentale della distribuzione gratuita di questo tipo di

farmaci negli ospedali e nelle farmacie, previa prescrizione medica dello specialista o del medico di medicina

generale sulla base di un programma terapeutico stilato dallo specialista, e la produzione diretta tramite

convenzione, per progetti pilota e sperimentazioni, con il Centro per la ricerca e la sperimentazione in

agricoltura (Cra) di Rovigo e lo Stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze (unici centri autorizzati

in Italia alla produzione sperimentale) al fine di poter acquistare direttamente, al prezzo di costo, i

cannabinoidi ad uso terapeutico. Sino ad oggi, infatti, nonostante siano stati riconosciuti dalle tabelle

ministeriali dal 2007, in Italia non ci sono produttori registrati di medicinali cannabinoidi: ospedali e farmacie

devono importarli dall’estero, su esclusiva responsabilità del medico richiedente, con lunghe attese per tempi e

modalità di ordine e di consegna (circa sei mesi) e spese maggiorate da sette a dieci volte il costo effettivo del

prodotto. “Basti pensare – spiega Gianpaolo Grassi, primo ricercatore del Cra – che un malato di sclerosi

multipla arriva a pagare di tasca propria al mese 500-600 euro”. Il tutto con una procedura alquanto

‘elaborata’. Se il malato ne ha bisogno e c’è uno specialista che certifica la diagnosi e la necessità del farmaco,

l’Asl che deve erogare questi farmaci li ordina all‘ estero, dopo aver avuto l’autorizzazione del ministero della

Salute. Il paziente li deve pagare in anticipo e può utilizzarli una volta arrivati, ma può rifare la procedura solo

una volta che ha terminato la quantità di farmaco ricevuta dall’estero.

La legge comunque, prima dovrà essere pubblicata sul bollettino ufficiale regionale, e poi per diventare

effettiva necessita di una delibera della Giunta regionale. In fase di prima applicazione sperimentale, per il

2012, la Regione Veneto stanzierà centomila euro per assicurare la gratuità dei farmaci. Una somma

probabilmente insufficiente per garantire, a regime, l’erogazione gratuita dei farmaci cannabinoidi a tutti i

potenziali utilizzatori: si calcola, infatti, che il costo annuo per curare cento malati di sclerosi multipla si aggiri

sui 500 mila euro. Ma i suoi relatori, Pietrangelo Pettenò (Federazione Sinistra veneta) e Leonardo Padrin

(Pdl), sono comunque soddisfatti, perché “si consentirà ai malati e al servizio pubblico regionale di non

dipendere esclusivamente dalle importazioni dall’estero, con risparmi di tempo e di costi e riduzione dei disagi

per i malati”.

La palla passa ora alle aziende farmaceutiche, secondo Grassi, che ”finché non c’era mercato stavano a

guardare – continua – ma ora che diverse regioni hanno approvato l’uso dei cannabinoidi dovrebbero essere

stimolate ad occuparsene. Molto da fare c’é anche per la preparazione dei medici, un po’ impreparati e non del

tutto consapevoli di come utilizzare i medicinali a base di derivati di cannabis”. I farmaci e preparati galenici a

base di cannabinoidi sono usati nelle cure palliative e antalgiche sui malati terminali, di cancro, quelli con sla

(sclerosi laterale amiotrofica), sclerosi multipla, distrofia muscolare, Alzheimer e Parkinson, nonché nella cura

del glaucoma, patologie neurologiche, traumi cerebrali e asma. Spesso però si tende a confondere l’uso

terapeutico e medico della cannabis con quello ‘voluttuario’, creando allarmismi e preconcetti. Ma in un

recente documento, 18 società scientifiche e il Dipartimento antidroga della Presidenza del Consiglio, hanno

chiarito che va sconsigliato qualsiasi uso di tipo voluttuario della cannabis, perché può danneggiare la salute, e

che i farmaci a base di Thc non possono essere autogestiti dal paziente, ma vanno assunti sotto stretto controllo

medico.

Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/09/21/cannabis-veneto-autorizza-distribuzione-gratuita-difarmaci/

 

 

CURA DALLE FOGLIE D’ULIVO

08/05/2012 | Fonte: Agi

Un acido contenuto nelle foglie d’ulivo mostra grande potenziale terapeutico per malattie come la sclerosi

multipla. E’ quanto è emerso da uno studio dell’Instituto de Biologi’a y Gene’tica Molecular (IBGM) della città

spagnola di Valladolid, pubblicato su British Journal of Pharmacology: con questo principio attivo alcune

patologie sembrano progredire più lentamente. Per lo studio sono stati utilizzati modelli animali affetti da

sclerosi multipla e da encefalomielite autoimmune sperimentale (EAE), malattia del sistema nervoso centrale.

“Lo sviluppo della malattia è notevolmente più lento negli animali quando viene loro somministrato il principio

attivo – ha spiegato Maria Luisa Nieto, della Unidad de Inmunidad Innata e Inflamacio’n del IBGM – e in

alcuni casi siamo riusciti a ridurre significativamente e addirittura eliminare tutti i processi infiammatori

associati con la malattia”. L’acido oleanolico sembra così in grado di attenuare in modo significativo i segni

clinici (controllo muscolare, peso, sopravvivenza) e le alterazioni immuno-infiammatorie (impermeabilità

vascolare, infiltrazione leucociti, presenza di citochine) della encefalomielite autoimmune sperimentale. Grazie

ai buoni rapporti con l’Instituto de Ciencias del Corazo’n (Icicor) dell’ospedale clinico universitario di

Valladolid, la ricerca sarà presto spostata anche su altre patologie, in particolare del miocardio.

Acidi grassi e omega-3

L’assunzione di grassi nella dieta deve essere limitata, soprattutto se si tratta di grassi saturi, grassi trans e

colesterolo, mentre vanno privilegiate le fonti di acidi grassi mono e poliinsaturi (MUFAs e PUFAs).

Alcuni PUFAs, della famiglia degli omega-6 e degli omega-3 sono considerati essenziali, non essendo

l’organismo in grado di produrli autonomamente, e vanno assunti obbligatoriamente con la dieta. Mentre gli

omega-6 sono ampiamente diffusi in natura, attenzione va riposta nella scelta di cibi a buon contenuto di acidi

grassi omega-3.

I cibi che forniscono acidi grassi omega-3 si trovano nel Gruppo dei Legumi e Frutta secca e nel gruppo dei

Grassi.

Il modo sicuramente più comodo è quello di abituarsi ad utilizzare l’olio di semi di lino, che fornisce l’acido

alfa-linolenico, precursore degli acidi grassi omega-3 a lunga catena. Il suo sapore è particolare e piuttosto

intenso. Chi non lo gradisse, può assumerlo, anziché come condimento, mescolato con il lievito in scaglie o con

frutta secca macinata, spalmato sul pane.

Un piccolo contributo all’assunzione di questi acidi grassi può essere fornito dalle alghe, che rappresentano

anche un’ottima fonte di iodio. Esistono molte varietà di alghe, tutte acquistabili al negozio biologico, con

differenti sapori (dulse, kombu, hijiki, wakame, nori, spirulina). Se il loro consumo è finalizzato all’assunzione

di omega-3, vanno utilizzate crude, polverizzate su tutti i tipi di piatti, per non rischiare di denaturare questi

preziosi acidi grassi.

In VegPyramid vengono consigliate 2 porzioni al giorno, tutti i giorni, di cibi che forniscono acidi grassi omega-

3:

1 porzione di cibi che forniscono acidi grassi omega-3 equivale a:

5 mL (1 cucchiaino) di olio di semi di lino;

15 mL (1 cucchiaio, circa 6 g) di semi di lino macinati;

60 mL (circa 30 g) di noci.

Per il miglior rapporto tra calorie, calcio, grassi omega-3 e proteine nella dieta, si consiglia di assumere queste 2

porzioni sotto forma di olio di semi di lino, soprattutto nelle diete con fabbisogno calorico più basso.

(tratto da “Curarsi con la Cucina Etica”, Sonda Edizioni©2005)

In casi particolari in cui fosse necessario uno specifico integratore di acidi grassi omega-3, consigliamo i

seguente prodotti a base di alghe. E’ molto difficile trovare integratori 100% vegetali, nella quasi totalità dei

casi la capsula gelatinosa contiene ingredienti animali. Segnaliamo qui degli integratori 100% vegetali.

SeaOil

http://www.ngcpharma.it/prodotti/scheda.php?id=2

Dell’azienda NGC Pharma. E’ reperibile in tutte le farmacie italiane.

Ingredienti: olio algale, calcio fosfato, cellulosa microcristallina, amido di mais, silice colloidale, inulina, talco,

magnesio stearato. Una compressa apporta 258 mg in DHA di origine vegetale.

Gli ingredienti provengono tutti da fonte minerale e vegetale. Grazie ad una speciale filmatura e

stabilizzazione, l’olio algale che è stato fatto assorbire dalla polvere non fuoriesce e non si altera, permettendo

alla compressa di restare fuori frigo fino alla vendita. Una volta acquistato si consiglia comunque di conservare

le compresse in frigo.

Omega-3 per i pazienti affetti da sclerosi multipla

A-A+

I benefici degli Omega-3 nei confronti delle patologie autoimmuni ha portato ad ipotizzare che la loro

somministrazione potesse essere utile anche per i pazienti effetti da sclerosi multipla.

Infatti gli esperti ritengono che alla base dello sviluppo di questa malattia ci sia un problema di tipo

autoimmune. In altre parole, sarebbe il sistema immunitario dell’organismo ad aggredire per errore i neuroni

del cervello e della spina dorsale, e a danneggiare il loro rivestimento.

Sclerosi multipla: un nemico noto dalle cause ignote

La sclerosi multipla è una malattia ormai famosa per le sue conseguenze devastanti. A soffrirne maggiormente

sono le donne in rapporto 2 a 1 rispetto agli uomini. I sintomi della sclerosi multipla compaiono tra i 15 e i 50

anni, ma il picco di manifestazione riguarda i giovani adulti di età compresa tra i 20 e i 30 anni.

Le cause della degenerazione della guaina mielinica, il rivestimento dei neuroni che consente la trasmissione

dell’impulso nervoso, non sono state ancora del tutto chiarite.

Alcune ricerche suggeriscono che la sclerosi multipla abbia una base genetica. Si tratterebbe pertanto di una

malattia ereditaria e i geni responsabili del suo sviluppo sarebbero diversi.

Infine, alcuni studi stanno analizzando la possibilità che esista un’associazione tra questa patologia e gli

alimenti introdotti con la dieta.

Il legame con la depressione

Oltre ad esserci uno stretto legame tra sclerosi multipla e malnutrizione, anche le infezioni e lo stress emotivo

sembrano giocare un ruolo importante.

L’elevato livello di fattori coinvolti nei processi infiammatori nel sangue dei pazienti affetti da questa patologia

potrebbe essere correlato allo sviluppo di fenomeni depressivi.

Per tenere sotto controllo questo fenomeno alcuni studi suggeriscono di cercare di mantenere il più possibile un

corretto equilibrio tra gli acidi grassi Omega-3 e Omega-6. Infatti queste molecole svolgono un ruolo opposto

nei confronti dell’infiammazione: mentre i primi la riducono, i secondi possono aumentarla.

Da questa osservazione nasce l’ipotesi che assicurarsi un adeguato introito degli Omega-3 EPA (acido

eicosapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico) potrebbe essere utile nel trattamento della sclerosi multipla.

In effetti diversi studi hanno dimostrato che gli Omega-3 riducono i marcatori tipici dell’attività immunitaria.

Non solo, alcuni nutrienti e delle sostanze naturali possono rallentare e, addirittura, potrebbero prevenire lo

sviluppo della sclerosi multipla.

Alcune ricerche suggeriscono, ad esempio, che in chi soffre di questa patologia il cervello e la guaina mielinica

siano carenti di lecitina e gli acidi grassi insaturi sarebbero sostituiti da quelli saturi.

Olio di pesce: un aiuto concreto

Uno studio della State University of New York di Buffalo (Stati Uniti) ha dimostrato che l’olio di pesce, fonte di

Omega-3, può migliorare i sintomi della malattia proprio grazie alle sue proprietà antinfiammatorie.

Nel corso della ricerca 27 pazienti (85% donne) sono stati suddivisi in 2 gruppi:

al primo è stata assegnata una dieta costituita per il 15% da grassi, integrata con 6 grammi di olio di pesce

concentrato al giorno, corrispondenti a 1,92 grammi di EPA e 1,32 grammi di DHA;

Il secondo gruppo di partecipanti ha invece seguito un’alimentazione caratterizzata dal 30% di grassi, in cui al

posto dell’olio di pesce è stato aggiunto dell’olio di oliva.

Dopo 6 mesi la qualità di vita dei pazienti è stata valutata utilizzando una scala specifica dei sintomi. E’ stato

osservato che coloro che avevano assunto olio di pesce avevano riportato un miglioramento della qualità di vita

(passando da un punteggio di 43,1 a 45,3).

Chi stava assumendo olio d’oliva aveva registrato un peggioramento, passando da 40,8 a 38,4.

Chi ha assunto Omega-3 nei successivi 12 mesi ha continuato a ottenere un punteggio più elevato su questa

scala. I ricercatori hanno altresì notato un miglioramento del benessere mentale.

Sclerosi Multipla: Omega-3 migliorano il decorso?

Uno studio* clinico di qualche anno fa, ma sempre attuale per la sua validità, conferma che gli Omega-3 sono

utili anche in una patologia tanto importante quanto la Sclerosi Multipla (SM). Lo studio in questione fu

condotto su 16 pazienti a cui era stata da poco diagnosticata la malattia.

Ai pazienti furono date indicazioni alimentari, un integrazione vitaminica giornaliera e una dose di Omega-3

quotidiana di 900 mg di EPA e DHA (500 mg di DHA e 400 mg di EPA). Quindi i pazienti furono seguiti per un

periodo di 2 anni durante i quali vennero monitorati abitudini alimentari, parametri ematici specifici e il

decorso neurologico.

Rispetto ai valori di base i pazienti mostrarono una riduzione significativa sul tasso delle riacutizzazioni

annuali e un miglioramento del 25% sulla scala di valutazione del grado di disabilità.

Inoltre a 2 anni dall’inizio dello studio i livelli ematici di EPA e DHA grazie all’integrazione di Omega-3 erano

più che doppi rispetto alla norma e questo a sostegno della relazione tra le migliori condizioni cliniche e

l’integrazione specifica ricevuta dai pazienti.

*riferimenti: Nordvik, K., et al. Effect of dietary advice and n-3 supplementation in newly diagnosed MS

patients. Acta Neurol Scand. 102: 143-149, 2000.

Omega 3

Omega-3

Sia gli acidi grassi omega-3 (ω-3) sia gli omega-6 (ω-6) sono importanti componenti delle membrane cellulari e

servono all’organismo per il corretto funzionamento di alcuni organi ed apparati quali il sistema nervoso, la

retina e sono utili per l’attività protettiva nei confronti dell’aterosclerosi e dei disturbi cardiovascolari. Gli

omega-3 sono acidi grassi polinsaturi, estratti dall’olio di pesce. I principali omega-3 sono l’acido

eicosapantanoico (EPA) e l’acido docosaesenoico (DHA). Si tratta di nutrienti essenziali al metabolismo

cellulare e tissutale in quanto, non potendo essere sintetizzati autonomamente dal nostro organismo, devono

essere sintetizzati con la dieta.

Il corpo umano è capace di produrre tutti gli acidi grassi necessari, eccetto due: l’acido linoleico (LA), un acido

grasso omega-6 e l’acido alfa-linolenico (ALA), un acido grasso omega-3. Questi devono essere apportati dalla

dieta e si definiscono anche “acidi grassi essenziali”.

Il rapporto omega-3/omega-6

Nel corpo umano LA e ALA sono in competizione, in quanto metabolizzati dallo stesso enzima, Δ6-desaturasi.

Questo aspetto è da tenere in considerazione per la salute, poiché una eccessiva assunzione di LA potrebbe

ridurre la quantità di Δ6-desaturasi disponibile per il metabolismo di ALA con il conseguente aumento del

rischio di malattie cardiache. Dati a sostegno di questa teoria mostrano che negli ultimi 150 anni, l’apporto di

omega-6 è aumentato, mentre quello degli omega-3 è parallelamente diminuito, con l’aumento di malattie

cardiache. Pertanto è stato applicato il concetto di un rapporto “ideale” tra omega-6 ed omega-3 nella dieta.

Omega-3: compendio degli studi clinici condotti

Quella che segue è una panoramica degli studi clinici fino ad ora condotti. I dati ottenuti sono stati elaborati e

riportati nella tabella del dosaggio terapeutico, analizzando (solo) il riassunto (abstract) degli studi eseguiti

sull’impiego di Omega-3. Le informazioni ricavate ed elaborate nell’aprile 2003 non hanno la pretesa di essere

esaustive. Fonte: MEDLINE.

In questo modo, i medici e i terapisti avranno la possibilità di capire a quale dosaggio sono stati raggiunti dei

risultati e il buon esito della cura.

La terapia con prodotti a base di oli di pesce può essere coadiuvata dall’assunzione contemporanea di

antiossidanti, come la vitamina E e C ad alta biodisponibilità.

Studi:

Link agli studi in inglese Dose/die Durata Tipologia pazienti Anno Risultato

Alzheimer 0,9g EPA 3 mesi 64 pazienti con morbo di Alzheimer 2000 Miglioramento della capacità mnemonica

e della funzionalità della memoria fino a 6 mesi di durata. Lo studio mostra che EPA è adatto nella prevenzione

del morbo di Alzheimer e nel trattamento della perdita di memoria (demenza).

Arteriosclerosi 3g EPA & DHA 24 settimane Pazienti con ipertrigliceridemia 1994 Significativa diminuzione

dell’attività del fattore tissutale (TF), dal 31% al 40% in meno.

3-9g EPA 3 settimane 5 soggetti sani 1991 Risultati dose-dipendenti nel grado di coagulazione piastrinica. Picco

di protezione con 6 g/die.

Artrite ca. 5g EPA & DHA 24 settimane 17 pazienti artritici 1990 Significativa diminuzione del numero di

pazienti con gonfiore articolare (P = 0,02). Diminuzione del 54,7% nella produzione di interleuchina 1 da parte

dei macrofagi.

Vista Consumo di pesce 1984-1996 42.743 donne e 29.746 uomini, età = 50 anni 2001 È stata indagata la

relazione tra il consumo di alcuni tipi di grassi e la degenerazione maculare senile (AMD). DHA è risultato

svolgere una modesta funzione protettiva contro questa patologia. Il rischio di AMD può diminuire grazie ad

un maggior consumo di pesce.

Lipidi ematici, colesterolo, ipertonia

4g EPA & DHA 28 giorni 36 donne in postmenopausa 2000 Diminuzione del 26% nei valori di TG. Riduzione

complessiva del 28% nel rapporto tra TG e colesterolo HDL. Questo approccio terapeutico potrebbe

potenzialmente ridurre del 27% il rischio di malattie cardiache nelle donne in post-menopausa.

3,0 + 4,5g EPA & DHA 4 settimane 9 pazienti con iperlipidemia 1993 Diminuzione significativa e dosedipendente

dei trigliceridi VLDL (3 g/die: – 42%, 4,5 g/die: – 55%); del colesterolo VLDL (3 g/die: – 41%, 4,5

g/die: – 47%) e dell’apolipoproteina VLDL (apo) B 100 (3 g/die: – 40%, 4,5 g/die: – 56%). Dosi moderate di acidi

grassi n-3 a catena lunga possono efficacemente ridurre i livelli patologici di TG VLDL, colesterolo VLDL e

VLDL apo-B.

0,822g EPA & DHA 10 giorni 9 donne di 29 anni 1999 Cambiamento della composizione di LDL, riduzione del

numero di particelle LDL aterogene con una minore concentrazione di fosfolipidi e apo-B.

2,85g EPA & DHA 28 giorni 21 pazienti con dislipoproteinemia di tipo IV 1998 Marcata diminuzione dei valori

di TG (P<0,005) e VLDL (P<0,002). Questo tipo di trattamento ha sottolineato gli effetti benefici degli acidi

grassi n-3…

4g EPA & DHA +2g GLA 28 giorni 39 donne 2003 Le concentrazioni di colesterolo LDL sono diminuite del

11,3%. Riduzione del 43% nel rischio di infarto cardiaco a 10 anni.

4g EPA o DHA 6 settimane 51 soggetti diabetici di tipo 2 ipertesi, età 61,2 2002 Riduzione del 19% dei livelli di

TG con EPA (P = 0,022) e del 15% con DHA (P = 0,022). Aumento del 16% del colesterolo HDL(2) con EPA (P

= 0,026) e del 12% con DHA (P = 0,05). Riduzione dell’11% del colesterolo HDL(3) con EPA (P = 0,026)

0,65g DHA & EPA 12 settimane 23 pazienti, età 69,2 anni, trattati per patologie cardiovascolari 2001 Riduzione

di colesterolo totale: 12,2%, colesterolo LDL: 16,8%, TG: 36,1% e livelli di insulina con iperinsulinemia (>20

microunità/ml): 34,9%.

4,0 g EPA o DHA 6 settimane 56 soggetti non fumatori, età 48,8, in sovrappeso e con lieve iperlipidemia 2000

Riduzione livelli TG di 0,45 +/- 0,15 mmol/L (ca. -20%; P = 0,003) nel gruppo con DHA e di 0,37 +/- 0,14

mmol/L (ca. -18%; P = 0,032) nel gruppo con EPA. La somministrazione di DHA ha abbassato

significativamente i livelli di colesterolo HDL(3) (-6,7%; P = 0,032). DHA ha innalzato il livello di colesterolo

HDL(2) del 29% ca. (P = 0,004). EPA e DHA hanno effetti diversi sui lipidi, sugli acidi grassi e sul metabolismo

del glucosio.

0,3g EPA & DHA 13 giorni 20 soggetti ipertesi 1996 Abbassamento della pressione sistolica da 158,7 +/- 23,8

mm Hg a 146,5 +/- 17,0 mm Hg (P = 0,04) e di quella diastolica da 80,8 +/- 8,4 mm Hg a 72,9 +/- a 14,9 mm Hg

(P = 0,04). Minore grado di coagulazione piastrinica.

5g EPA & DHA 5-6 mesi 20 pazienti prima e dopo impianto di bypass 1991 I valori di TG si sono ridotti dal 20

al 39%, diventando statisticamente significativi alla fine dell’operazione (P = 0,034)

Colite ulcerosa

(patologie intestinali)

5,6g EPA & DHA 6 mesi 18 pazienti con proctite 2000 Diminuzione significativa del numero di cellule

esprimenti CD3 e HLA e riduzione della percentuale di cellule contenenti IgM. Rallentamento della

progressione della malattia e miglioramento dei valori istologici.

Depressione

EPA Dagli studi risulta che gli individui depressi sono caratterizzati da valori più bassi di acidi grassi n-3.

Ulteriori studi a partire dal 1996 hanno evidenziato che EPA contenuto negli acidi grassi n-3 può agire come

antidepressivo ed è raccomandato nel trattamento della schizofrenia. I valori di riferimento per il dosaggio

terapeutico non vengono riportati poiché gli abstract impiegati per questa sezione non ne facevano menzione.

Diabete mellito

Effetti collaterali positivi, ma nessun successo terapeutico 4,0g EPA o DHA 6 settimane 51 soggetti con diabete

Tipo 2 2002 Nè EPA né DHA hanno influito significativamente sull’emoglobina glicosilata, sui valori

dell’insulina a digiuno o del peptide C, sulla sensibilità o secrezione di insulina o sulla pressione sanguigna.

8,1g EPA & DHA 4 settimane 13 soggetti con diabete Tipo1 1991 Nessun effetto sull’attività plasmatica ed

emostatica oltre ad un aumento dell’attività dell’inibitore dell’attivatore del plasminogeno.

2,85g EPA & DHA 28 giorni 21 pazienti con diabete Tipo 2 1998 Forte riduzione dei valori di TG (p<0,005) e

VLDL (p<0,002) accompagnata da un significativo aumento di HDL (p<0,02). Nessun cambiamento

significativo nelle concentrazioni sieriche di colesterolo totale, glicemia a digiuno ed emoglobina glicosilata.

Dermatiti Neurodermatite

Psoriasi 6,0g EPA & DHA 4 mesi 21 pazienti con dermatite 1994 Riduce la formazione di recettori dei leucociti

IL-2 da parte dei linfociti stimolati mitogenicamente.

1,88g EPA & DHA 8 settimane 34 pazienti con artrite psoriasica 1990 7 pazienti totalmente guariti, guarito

anche il 75% di altri 13 pazienti mentre 14 pazienti non hanno ricevuto benefici.

By-pass coronarico 3,4g EPA & DHA 9 mesi 260 pazienti dopo impianto di by-pass 1995 Diminuzione del

19,1% nei valori di TG e riduzione della percentuale di recidivanti.

Infarto cardiaco 1,0g EPA & DHA Tra il 1° e il 2° infarto 11.324 soggetti post-infartuati 1999 Lo studio GISSI

ha mostrato una riduzione del 20% nella mortalità. Raccomandato dal 34° meeting 2001 della European

Society for Clinical Investigation.

Bambini iperattivi Nessun dato preciso. Gli studi fino ad ora condotti indicano un possibile effetto da parte di

acidi grassi n-3.

Funzionalità cerebrale e visiva nei bambini in età prescolare 2,0g DHA & EPA 4,5 mesi prima del parto +

durante l’allattamento 341 gravide e madri di bambini allattati al seno fino ai 3 mesi 2003 76 bambini di 4 anni

sono stati sottoposti ad un test cognitivo. Il grado di capacità di elaborazione mentale è risultato dipendere in

modo marcato dal consumo di DHA & EPA da parte della madre durante la gravidanza. Il grado di capacità di

elaborazione totale dipende dalla circonferenza della testa alla nascita. L’apporto di PUFA a catena lunga

durante la gravidanza e l’allattamento può favorire lo sviluppo mentale del bambino. La sensibilità visiva verso

la luce è risultata notevolmente inferiore nei neonati con carenza di acidi grassi n-3.

Comportamento notturno nei bambini in età prescolare DHA – 17 partorienti 2002 Attraverso un test del sonno

è stato studiato il rapporto tra concentrazioni sieriche di PUFA a catena lunga, specialmente DHA, nella madre

e integrità del SNC del neonato. I figli di madri con un’alta percentuale di DHA hanno mostrato un

comportamento notturno nettamente migliore.

Dolori mestruali 1,8g EPA & DHA 2 mesi 42 adolescenti, tra i 17 e i 20 anni ca. 1996 Attenuazione dei sintomi

mestruali. L’integrazione con acidi grassi n-3 ha avuto effetti benefici.

n-3 marini 181 donne danesi sane, tra 20 e 45 anni 1995 La ricerca ha dato risultati altamente significativi che

supportano l’ipotesi per cui un maggior consumo di acidi grassi n-3 di provenienza marina ridurrebbe l’entità

dei dolori mestruali.

Emicrania *1,3 g EPA & DHA

secondo i valori DACH 2 mesi 23 adolescenti di diverse etnie di circa 15 anni 2002 L’87% dei soggetti ha fatto

registrare una riduzione degli episodi di cefalea, il 74% ha riportato una minore durata di tali episodi, l’83%

una riduzione nell’intensità del dolore, il 91% consiglierebbe l’olio di pesce a parenti e amici.

Approssimativamente la stessa percentuale consiglierebbe l’olio di oliva, usato come placebo.

Morbo di Crohn *quantità secondo i valori DACH L’integrazione con oli di pesce sembra essere

particolarmente indicata in caso di patologie acute e croniche dove è presente immunodepressione. Gli acidi

grassi n-3 potrebbero verosimilmente ridurre il rischio di autoimmunità.

Sclerosi multipla (SM) 0,9g EPA & DHA 2 anni 16 pazienti con nuova diagnosi di SM 2000 Riduzione

significativa della media annuale delle crisi . Miglioramento dell’esito di SM di nuova diagnosi grazie a

integrazione di oli di pesce, vitamine e supporto dietologico.

PTCA

Restenosi Nessun successo con PUFA n-3 prima o dopo restenosi

Reumatismi 2,9 g EPA & DHA *in pazienti di 65 kg di peso 24 settimane 20 pazienti con artrite reumatoide

attiva (gruppo a dosaggio minore) 1990 Alla settimana 24, miglioramento significativo del dolore articolare in

confronto all’inizio dello studio nel gruppo a dosaggio minore (P = 0,05) e nel gruppo a dosaggio maggiore alla

settimana 18 (P = 0,04) e 24 (P = 0,02). Diminuzione dei casi di gonfiore articolare nel gruppo a dosaggio

minore alla settimana 12 (P = 0,003), 18 (P = 0,002) e 24 (P = 0,001) e nel gruppo a dosaggio maggiore alla

settimana 12 (P = 0,0001), 18 (P = 0,008) e 24 (P = 0,02). 8 e 21 dei circa 45 indicatori clinici hanno subito un

cambiamento significativo, rispettivamente nel gruppo a dosaggio minore e maggiore. La produzione di

leucotriene B4 neutrofili è diminuita del 19% nel gruppo a dosaggio minore e del 20% in quello a dosaggio

maggiore. La produzione di inteleuchina 1 macrofaga ha subito una riduzione del 40,6% nel gruppo a dosaggio

minore e del 54,7% in quello a dosaggio maggiore.

5,8 g EPA & DHA *in pazienti di 65 kg di peso 17 pazienti con artrite reumatoide attiva (gruppo a dosaggio

maggiore)

2,6 g e 1,3 g EPA e DHA 12 mesi 90 pazienti con artrite reumatoide attiva 1994 Marcato miglioramento delle

condizioni generali dei pazienti e del dolore osservato solo nel gruppo trattato con 2,6 g/die. Questa quantità

può ridurre il ricorso a farmaci antireumatici.

2,85g EPA & DHA 12 settimane 64 pazienti con artrite reumatoide stabile 1993 Impiego significativamente

minore di farmaci antinfiammatori (non steroidei) già dal 3° mese, con picco di effetto dopo 12 mesi con 40,6%

(24,5 – 56,6) in confronto a placebo con 84,1% (62,7 – 105,5).

1,8g EPA 17 pazienti con artrite reumatoide 1985 Miglioramento della rigidità articolare mattutina e

attenuazione del dolore articolare.

Neoplasie

Prevenzione del Tumore al seno

Pagina 4 e tabella 2 1,8g EPA Prima e dopo l’operazione 19 pazienti con tumore esofageo 1998 Significativa

riduzione post-operatoria (a 1, 2 e 6 ore) della produzione di interleuchina 6 e miglioramento della risposta

immunitaria cellulo-mediata 3 settimane dopo l’operazione. Durante la chemioterapia, nei pazienti nutriti con

EPA per via enterale è stato osservato un marcato miglioramento della risposta immunitaria cellulo-mediata in

confronto al gruppo di controllo senza EPA.

1,23g EPA & DHA 24 settimane 22 soggetti sani ca. 40 anni d’età 1993 Significativa riduzione della percentuale

di cellule T-helper e contemporaneamente innalzamento del numero di cellule T-suppressor.

EPA & DHA in vitro Cellule tumorali mammarie in coltura MCF-7, ZR-75, T-47-D + MDA-MB-231, HBL-100

1995 L’aggiunta di PUFA ha causato un marcato aumento di diene coniugati e idroperossidi lipidici a livello

lipidico cellulare; tale quantità dipende in modo significativo dalla loro capacità di arrestare la crescita

cellulare. Questi dati indicano che i PUFA n-3, EPA e DHA in vitro, interferiscono nettamente sulla

proliferazione cellulare nel tumore mammario.

DHA in vitro Cellule CaCo-2 di cancro al colon 2001 I risultati mostrano che DHA rallenta l’aumento di cellule

CaCo-2, causandone la morte programmata.

*commento dell’autore del sito: Peter Rohner

Legenda di alcune abbreviazioni usate:

n-3 = Omega-3

FA = acidi grassi

LC = (acidi grassi) a catena lunga

PUFA = acidi grassi polinsaturi

EPA = acido eicosapentenoico (acido grasso Omega-3)

DHA = acido docosaesaenoico (acido grasso Omega-3)

GLA = acido gamma-linolenico (acido grasso Omega-6)

TG = trigliceridi sierici

Apo-B = apolipoproteina

LDL = lipoproteina a bassa densità (1,019 – 1,063 g/ml), trasporta il colesterolo nelle cellule periferiche, si

raccomanda una bassa concentrazione

VLDL = lipoproteina a bassissima densità (0,950 – 1,006 g/ml), trasporto dei trigliceridi endogeni e successiva

trasformazione in IDL e LDL

HDL = lipoproteina ad alta densità (1,063 – 1,210 g/ml), trasporta il colesterolo dalle cellule periferiche al

fegato, protezione data da un’alta concentrazione.

Edited by Ciri-co on 04 feb 200

 

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SM e Vitamina D

SM e vitamina D


California – Bassi livelli ematici di vitamina D sarebbero associati ad un aumento del numero di lesioni
cerebrali e un aggravamento della sclerosi multipla (SM). E’ uno studio statunitense pubblicato su
Annals of neurology a suggerire un potenziale legame tra l’assunzione di vitamina D e l’aggravarsi della
malattia. La ricerca mostra una forte correlazione tra i livelli di vitamina D nel corpo, misurata
attraverso prelievi di sangue, e le caratteristiche lesioni cerebrali dovute alla SM, misurate con la
risonanza magnetica. Per ora non ci sono prove che l’assunzione di integratori a base di vitamina D
possano evitare questi sintomi, ma è chiaro che una correlazione esiste. Nei pazienti con SM il sistema
immunitario attacca il rivestimento delle fibre nervose (la mielina) e il midollo spinale. Quando la
mielina viene attaccata l’infiammazione interferisce con la trasmissione dei messaggi neuronali,
attività che si presenta a livello di risonanza magnetica come una lesione a placche, più o meno estesa.
Per questo studio il Dott. Mowry ei suoi colleghi hanno utilizzato i dati di circa 500 pazienti con SM,
scoprendo che per ogni aumento di 10 nanogrammi per millilitro di vitamina D nel sangue il rischio di
nuove lesioni scende del 15 per cento. Livelli elevati di vitamina D sono dunque stati associati con un
livello di disabilità associato alla malattia decisamente inferiore. Alcuni studi precedenti avevano già
suggerito che bassi livelli di vitamina D fossero associati ad un aumentato rischio di recidiva in alcuni
pazienti SM, dunque si tratterebbe di un’ulteriore conferma del ruolo della vitamina nella malattia.
L’assunzione della vitamina D potrebbe dunque migliorare la vita dei pazienti con SM, ma prima che
l’assunzione della vitamina diventi una prassi terapeutica dovranno essere svolti approfonditi studi
clinici. “La gente pensa che la vitamina D sia sempre disponibile, e che sia sicura” spiega Mowry. “Ma la
vitamina D è un ormone, e qualsiasi farmaco ha bisogno di essere testato prima di essere prescritto.
Questa è la ragione principale per cui stiamo eseguendo uno studio randomizzato di supplementazione
di vitamina D”.
La ricerca è stata finanziata da sovvenzioni dal National Institutes of Health National Institute of
Neurological Disorder and Stroke, GlaxoSmithKline e Biogen Idec.
Vitamina D e Sclerosi Multipla
Autori: Ascherio A, Munger KL, Simon KC
Vitamin D and multiple sclerosis
Lancet Neurology, 2010
KEY MESSAGE
La supplementazione di vitamina D potrebbe avere effetti positivi sul rischio di sclerosi multipla. Il
rischio di sviluppare Sclerosi Multipla (SM), patologia del Sistema Nervoso Centrale e causa di disabilità
tra giovani adulti, è determinato dalla combinazione di fattori genetici e ambientali. L’ipotesi che la
carenza di vitamina D fosse uno dei fattori ambientali coinvolti nella SM fu avanzata molti anni fa e ha
trovato credibilità con la scoperta della sua azione immunomodulatoria. OBIETTIVO DELLO STUDIO
Fornire un’analisi critica degli studi epidemiologici sulla vitamina D e il rischio di sviluppare SM, e
sull’implicazione che tale vitamina ha nella prevenzione e trattamento della SM. DISEGNO DELLO
STUDIO Si tratta di un’ampia review che cerca di fornire un quadro complessivo sull’argomento
vitamina D e SM analizzando i principali studi pubblicati negli ultimi anni. RISULTATI Sulla base degli
studi epidemiologici analizzati in questa review, sono stati individuati tre motivi per cui la carenza di
vitamina D costituisce un fattore di rischio per la SM: la frequenza di SM aumenta alle latitudini più alte
la prevalenza alle altitudini più alte è inferiore all’attesa nelle popolazioni che consumano più pesce
grasso il rischio di SM diminuisce nelle popolazioni che si trasferiscono e vivono alle latitudini più
basse Altri studi evidenziano una stretta correlazione tra bassi livelli di 25(OH)D e rischio di sviluppare
la SM e come il rischio di sviluppare la SM diminuisce significativamente all’aumentare dei livelli di
25(OH)D.
CONCLUSIONI
Dall’analisi degli studi analizzati nella review, gli autori concludono che si potrebbe prevenire la
Sclerosi Multipla se si aumentassero i livelli di 25(OH)D, ma sono necessari ampi studi interventistici
per chiarire le numerose questioni ancora irrisolte sul binomio vitamina D-Sclerosi Multipla.
SM e Vitamina D: l’intervista con Maria Cristina Gauzzi
21/10/2011
Ricercatrice presso l’Istituto Superiore di Sanità, è presente ad ECTRIMS 2011 con uno studio
sull’attività immunomodulatoria della vitamina D nella sclerosi multipla. La nostra intervista
La Dottoressa Maria Cristina Gauzzi – ricercatrice del Dipartimento di Biologia Cellulare e Neuroscienze
presso l’Istituto Superiore di Sanità – è presente in questi giorni all’ECTRIMS (European Committee for
Treatment and Research In Multiple Sclerosis), dove presenta uno studio di ambito immunologico,
sull’attività immunomodulatoria della vitamina D nella SM. Per il nostro Speciale dedicato all’ECTRIMS
ci illustra i risultati ottenuti dal suo team
Nel quadro globale della ricerca sulla SMI, come si collocano gli studi che presenta all’ECTRIMS?
«L’interesse principale del nostro gruppo è lo studio dell’attività immunomodulatoria della vitamina D.
La vitamina D è associata generalmente al mantenimento della “salute” delle nostre ossa (la sua
mancanza è la causa del rachitismo), ma è in realtà un ormone dotato di molteplici attività, inclusa la
capacità di regolare le funzioni delle cellule del sistema immunitario. La principale fonte di vitamina D
per il nostro organismo è l’esposizione al sole, anche se piccole quantità ne possono essere introdotte
con la dieta. La carenza di questa vitamina è emersa negli ultimi anni come un importante fattore di
rischio legato all’ambiente, e dunque potenzialmente modificabile, nell’insorgenza della SM. Si è anche
ipotizzato che possa essere di beneficio nella cura della malattia. L’obiettivo della nostra ricerca è dare
un contributo alla comprensione dei meccanismi alla base di questi potenziali effetti benefici. In
particolare, ci occupiamo dello studio dell’attività della vitamina D su un tipo particolare di cellule del
sistema immunitario, le cellule dendritiche. Queste cellule istruiscono i linfociti a distinguere tra
molecole estranee, che innescano una risposta immunitaria, e molecole proprie, che il sistema
immunitario deve “tollerare” e non attaccare. La vitamina D favorisce proprio questo stato di
tolleranza, e contrasta l’infiammazione. La nostra ipotesi è che un’alterazione della capacità delle
cellule dendritiche di sintetizzare o rispondere alla vitamina D possa contribuire alla patologia
autoimmunitaria che sostiene la neurodegenerazione nella SM. Ipotizziamo anche che la vitamina D e
l’interferone (IFN) possano cooperare nel limitare questa patologia. Stiamo quindi svolgendo uno
studio mirato alla comparazione del metabolismo e dell’attività della vitamina D, e della sua relazione
con l’IFN, in cellule dendritiche di persone sane o con SM».
Dal punto di vista scientifico qual è il contributo, il valore della ricerca che presenta all’ECTRIMS?
«La parte di lavoro che presentiamo al congresso è legata all’osservazione che la vitamina D ha una
caratteristica in comune con l’IFN: la capacità di indurre, nelle cellule che noi studiamo, la produzione
di una proteina chiamata CCL2. CCL2 appartiene alla famiglia delle “chemochine”, piccole proteine in
grado di attrarre e orientare il movimento delle cellule. CCL2 in particolare attrae diverse cellule del
sistema immunitario, e, come già detto, la sua produzione è regolata anche dall’IFN. La nostra ipotesi di
lavoro è che l’induzione di questa proteina da parte della vitamina D possa essere un meccanismo
protettivo, che mantiene le cellule immunitarie nel sangue, contrastando la loro migrazione nel sistema
nervoso centrale dove potrebbero contribuire all’infiammazione».
Che ritorni possono avere nell’immediato futuro sulla vita delle persone con SM gli esiti degli studi che
sta presentando? Si riesce a identificare un orizzonte temporale entro cui dalle ricerche che state
effettuando si avranno ritorni diretti per una vita di qualità oltre la SM?
«L’attività immunoregolatoria della vitamina D è attualmente oggetto di una intensa ricerca preclinica
e clinica per i suoi possibili benefici in persone con la SM. Almeno tre “trials” clinici sono in corso nel
mondo per valutarne l’efficacia nella SM recidivante-remittente, ed in uno di questi viene utilizzata
come supplemento in pazienti in terapia con l’IFN. Con la nostra ricerca, speriamo di contribuire ad
identificare meccanismi cellulari e molecolari alla base dei possibili effetti benefici della vitamina D e
anche di possibili interazioni con l’IFN. Poiché il nostro non è uno studio clinico, è difficile dare un
orizzonte temporale entro il quale si avranno ritorni diretti per una vita di qualità oltre la SM. La
previsione che però mi sento di poter fare è che entro 3-5 anni si avrà una risposta alla domanda se la
vitamina D possa modificare il corso della malattia. La risposta a questa domanda verrà appunto dagli
studi clinici già in atto e da altri che senza dubbio cominceranno nell’immediato futuro, considerando il
generale consenso nella comunità scientifica sulla loro necessità».
Dovesse mandare un messaggio alle persone sullo stato globale della ricerca nella SM, sul quadro
complessivo che le sembra possa emergere all’ECTRIMS e sulle principali conquiste che ci possiamo
aspettare nei prossimi anni, cosa direbbe?
«Sono entrata nel campo della ricerca nella SM solo recentemente (da meno di due anni), e sono
rimasta sinceramente colpita dalla sua vitalità e dal rapido avanzamento delle conoscenze, grazie
anche allo sforzo coordinato di ricercatori e associazioni. Dovendo scegliere tra tanti, un tema molto
attuale è il ruolo del sistema immunitario nella malattia, tema sul quale stanno convergendo ricerche
provenienti da campi diversi, come lo studio delle cellule staminali e quello del genoma umano. Si sta
scoprendo infatti che le cellule staminali, una grande promessa terapeutica per la loro intrinseca
capacità rigenerativa, sono anche dotate della capacità di modulare la risposta immunitaria inibendo le
componenti del sistema immune responsabili della distruzione dei tessuti. Per quanto riguarda lo
studio del genoma umano invece, le tecniche di sequenziamento di nuova generazione hanno aperto la
possibilità di ottenere quantità di dati impensabili fino a pochi anni fa. Uno studio recentissimo,
pubblicato ad agosto sulla rivista Nature, ha portato all’identificazione di 29 nuovi geni associati al
rischio di SM (in precedenza ne erano noti solo una ventina, sono stati quindi più che raddoppiati), la
maggior parte dei quali è implicata proprio nella risposta immune. Il potenziale futuro dei dati è
enorme poiché questi geni potrebbero influenzare il decorso della malattia ed essere nuovi bersagli
terapeutici o “markers” di diagnosi/prognosi precoce».
Dovesse trovare un titolo “da giornale” (ossia divulgativo) per la sua ricerca, quale sceglierebbe?
«La vitamina che viene dal sole potrebbe aiutare nella prevenzione e cura della SM

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