Fungo rende zombie le formiche per riprodursi

Fungo rende zombie le formiche per riprodursi

Scritto da Redazione il 09.05.2011

Carpenter Ant Tanzania Fonte wikipedia Autore: Muhammad Mahdi Karim

Le formiche-carpentiere tropicali (Camponotus Leonardi) vivono nella foresta pluviale. Quando sono infettate da un fungo parassita (unilateralis Ophiocordyceps) il loro comportamento cambia drammaticamente . Cominciano a vagare come degli zombie e vengono manipolate dal  fungo in modo che vadano a morire in un luogo che offre condizioni ottimali per la riproduzione del fungo stesso. Una nuova ricerca, pubblicata sulla rivista  BioMed Central della BMC Ecology, studia i modelli di alterzione del comportamento delle formiche zombie in Thailandia e mostra come il fungo manipola il comportamento delle formiche.

Una squadra di ricercatori ha analizzato le formiche carpentiere infettate dal fungo nella foresta pluviale della Thailandia. Il fungo cresce, riempie il corpo e la testa della formica  provocando atrofia dei muscoli e comprimendo le fibre muscolari. Il fungo colpisce anche il sistema nervoso centrale della formica e siccome le formiche operaie raramente smettono di muoversi lungo il loro percorso, diventano zombie che camminano in modo casuale, non riuscendo a trovare la loro strada di casa. Le formiche soffrono anche  convulsioni, che le fanno cadere a terra. Una volta a terra le formiche non riescono pià a tornare al formicaio e rimangono più in basso, nel sottobosco, dove ci sono le condizioni ideali perchè il fungo possa prosperare.

A mezzogiorno, quando il sole è più forte, il fungo influenza il comportamento delle formiche infette, costringendole a mordere la vena principale del lato inferiore di una foglia. La moltiplicazione delle cellule fungine nella testa della formica costringono i muscoli che aprono e chiudono le mandibole della formica a staccarsi. Questo implica che una formica infetta è in grado di rilasciare la foglia, anche dopo la morte. Pochi giorni dopo, il fungo produce un corpo fruttifero (stroma) dalla testa della formica che libera le spore perchè siano prelevate da un’altra formica errante.

Il dottor David Hughes, della Penn State University, ha detto, “Il fungo attacca le formiche su diversi fronti. In primo luogo, utilizzando la formica come fonte di cibo “camminante” e in secondo luogo danneggiando i muscoli e il sistema nervoso centrale della formica, facendola vagare come uno zombie. Infine il “morso della morte”, che posiziona la formica nel sottobosco fresco umido. Insieme, questi forniscono l’ambiente ideale per la crescita fungina e la riproduzione. Questo comportamento delle formiche infette è essenzialmente un fenotipo esteso del fungo (comportamento fungino attraverso il corpo della formica), perchè le formiche non infette non si comportano mai in questo modo “.

Le vitamine nelle diete vegetariane e vegan

La dieta vegetariana è in grado di fornire tutte le vitamine necessarie in quantità adeguate senza alcun problema; la dieta vegan è anch’essa tranquillamente in grado di soddisfare le esigenze nutrizionali per quanto concerne tutte le vitamine, tranne per la B12.

La vitamina A, essenziale per la vista, la crescita ossea e il sistema immunitario. Essa è contenuta nei prodotti animali e, in forma di pro-vitamina A cioè di carotenoidi, è soprattutto presente nella frutta e nella verdura, soprattutto quelle di colore giallo-arancione. I carotenoidi che costituiscono la pro-vitamina A vengono convertiti dall’organismo in vitamina A e pertanto i vegan e vegetariani ne assumono quantità adeguate (1). Inoltre il vantaggio di assumere la vitamina A in forma di carotenoidi è che questi ultimi hanno un importante effetto antiossidante e quindi protettivo, a differenza della vitamina A contenuta nei prodotti animali.

La vitamina B1 (tiamina) è essenziale per la conversione dei carboidrati in energia e le diete vegan e vegetariane ne contengono notevoli quantità (2) essendo essenzialmente presente nei cereali integrali.

La vitamina B2 (riboflavina) ha numerose funzioni essendo connessa col funzionamento di molti enzimi del corpo umano. E\’ presente soprattutto nei cibi animali ma anche in molti vegetali (cereali integrali, broccoli, funghi, piselli). I vegetariani ne assumono quantità analoghe agli onnivori (3); i vegan ne assumono quantità inferiori ma comunque sufficienti (4) anche perché l’RDA (quantità giornaliera raccomandata) stabilita per questo nutriente appare troppo elevata (5).

La vitamina B3 (niacina) è necessaria per la prevenzione della pellagra ed è contenuta nei cereali, specie quelli integrali. I vegan e i vegetariani ne assumono quantità largamente sufficienti (6).

La vitamina B6 è importante il metabolismo delle proteine ed è contenuta soprattutto nei cereali specialmente se integrali. La sua carenza è rara e tanto i vegetariani (6) quanto i vegan (7) (specie questi ultimi) non hanno problemi di carenze.

L’acido folico è necessario per il metabolismo delle proteine e per la divisione cellulare ed è abbondantemente contenuto nei vegetali (broccoli, asparagi, arance, legumi, ecc.) L’assunzione di acido folico nei vegetariani e ancor più nei vegan, è perfettamente adeguata e superiore a quello degli onnivori (7).

La biotina è contenuta nei cereali, nella soia, nei pomodori, nelle arachidi e nel lievito di birra; è presente solo in piccole quantità nella carne. Vegan e vegetariani ne consumano quantità adeguate, probabilmente più degli onnivori (8).

La vitamina C è un potente antiossidante, è necessaria a mantenere un sistema immunitario efficiente e a prevenire lo scorbuto. E\’ contenuta quasi esclusivamente nei vegetali e in particolare nella frutta. Vegetariani e, soprattutto, i vegan ne assumono quantità largamente superiori agli onnivori (7).

La vitamina D ha numerose funzioni (soprattutto per i tessuti ossei) ed è sintetizzata dal nostro corpo in presenza di luce solare (basta una esposizione al sole della faccia e delle mani per 10-15 minuti 2-3 volte la settimana) (9). In mancanza di un’adeguata esposizione al sole, che è di gran lunga il più importante fattore che determina la presenza di questa vitamina nel sangue (10), i vegan devono introdurla nella dieta tramite alimenti vegetali fortificati (p.e. latte di soia, alcune margarine) i vegetariani tramite i latticini. A proposito di fonti alimentari di questa vitamina va detto che in Italia solo il latte di soia della Nutricia e della Valsoia sono addizionati con vitamina D3 di sintesi, ma almeno la vitamina D3 usata in quest’ultimo e prodotta dalla Roche contiene gelatina estratta dalla pelle di bovini (15) e non mi è nota l’origine animale o vegetale delle sostanze da cui viene sintetizzata. Anche la vitamina D3 usata nel latte della Nutricia è sintetica (16), ma non è noto se anche per quest\’ultima valga il problema della gelatina animale. Quanto al latte e ai latticini il loro contenuto di vitamina D dipende solo dall’aggiunta di questa vitamina in forma sintetica ai mangimi dati alle vacche (17). Senza questa integrazione i latticini conterrebbero quantità irrilevanti di vitamina D. Pertanto si può concludere che i prodotti vegetali (p.e. latte di soia) arricchiti non hanno nulla di meno “naturale” del latticini dal momento che in entrambi i casi la vitamina D3 è sintetica e aggiunta appositamente. Si tenga presente che solo la vitamina D2 (ergocalciferolo) addizionata ai cibi è sicuramente vegan. La vitamina D3 (colecalciferolo) può essere di derivazione animale. La vitamina D viene accumulata nell’organismo e quindi quella prodotta durante i mesi estivi può essere sufficiente anche per il periodo invernale, sebbene sia possibile che anche chi vive in Italia o in paesi con latitudini e climi analoghi, durante i mesi invernali possa avere livelli ematici di questa vitamina non ottimali o insufficienti per minimizzare il rischio di osteoporosi. E\’ importante notare anche che le persone anziane e di colore sintetizzano meno efficacemente questa vitamina e che le creme solari ad alto livello di protezione, bloccando gli ultravioletti, impediscono la sintesi della vitamina D. Del resto anche gli onnivori che si espongono raramente alla luce solare (p.e. per ragioni climatiche) possono incorrere in carenze di questa vitamina.

La vitamina E è un potente antiossidante che previene l’azione dei radicali liberi e quindi l’invecchiamento ed è contenuta negli oli vegetali (ma non nei grassi animali), nelle patate dolci, nel cavolo, nelle nocciole e altri vegetali. I vegan e i vegetariani assumono più vitamina E degli onnivori e quindi non si pongono problemi di carenze (11).

La vitamina K ha diverse funzioni nel nostro organismo e la principale è la regolazione della sintesi di alcuni fattori della coagulazione del sangue. Le carenze (che aumentano il rischio di emorragie) sono molto improbabili sia per gli onnivori che per vegan e vegetariani essendo presente in notevoli quantità nei vegetali a foglia verde (una porzione di cavolo verde fornisce oltre 5 volte l\’RDA) (12) ed è sintetizzata dai batteri dell\’intestino.

La carnitina, talvolta chiamata vitamina BT, non deve necessariamente essere introdotta con la dieta dato che è prodotta in quantità adeguate dal nostro fegato. Non è contenuta nei vegetali, ma tanto i vegan che i vegetariani hanno adeguati livelli ematici di questa sostanza (13).

La vitamina B12 nel nostro corpo ha diverse funzioni legate alla divisione cellulare ed è l’unica vitamina generalmente carente in una dieta vegan, pur essendone necessaria una quantità bassissima (1-2 microgrammi al giorno). Le fonti di questa vitamina sono solo animali (i vegetali ne possono contenere delle tracce, in genere non sufficienti) e pertanto i vegetariani che includono uova e/o latte e derivati non hanno problemi di carenza (7) se assumono abbondanti quantità di prodotti animali, quantità che potrebbero però risultare dannose per quanto concerne la prevenzione delle patologie degenerative correlate al consumo di cibi animali. I sintomi di una carenza di questa vitamina sono, vertigini, difficoltà di concentrazione, formicolii, problemi della memoria, debolezza, anemia perniciosa (caratterizzata dalla formazione di globuli rossi di dimensioni anormali che tuttavia nei vegan si manifesta in genere solo dopo l’insorgere dei sintomi neurologici). Per via delle scorte che ha il nostro organismo, la carenza di questa vitamina può manifestarsi non prima di un anno (ma anche dopo 20 anni) di dieta del tutto priva di B12 (14). I prodotti vegetali fermentati (p.e. il tempeh) che si ritenevano contenere abbondanti quantità di questa vitamina, in realtà contengono solo degli analoghi che non svolgono la loro funzione nel nostro organismo (14). Alcune alghe possono contenere piccole tracce di questa vitamina, ma non sono una fonte affidabile. La soluzione al problema è però comunque assai semplice. Basta far uso di specifici lieviti alimentari contenenti B12 (difficilmente reperibili in Italia), di prodotti alimentari fortificati (come latte di soia, cereali, hamburger vegetariani, ecc.) oppure integratori alimentari che non siano di origine animale e non siano registrati come farmaci (tutti i farmaci sono sempre testati su animali per legge). Di seguito l’elenco di alcuni integratori vegan:

· Solgar, Vita B12 100
· Nature’s Plus, Shot-O-B12
· Phoenix, Long Life B12
· Stur-Dee, Cod. 803 – Vitamina B12
· Pegaso, Life Plan Bilife 12
· Nature’s Plus, Vitamin B12 1000

Viscum Album fermentatum

Intervista alla Dr.ssa Alessandra Longhi, oncologa all’instituto Ortopedico Rizzoli di bologna.

La Dr.ssa Alessandra Longhi è specialista in Oncologia e in Medicina Interna, dopo un anno di Residency in Internai Medicine negli USA, un anno all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano, lavora da 12 anni al Dipartimento di oncologia Muscolo Scheletrica dell’Ist. Rizzoli dove si curano sarcomi ossei e dei tessuti molli. È autrice di oltre 80 pubblicazioni scientifiche.
Si interessa di medicine non convenzionali utilizzate come complementari alle terapie farmacologiche antitumorali tradizionali. Presso l’Istituto Rizzoli conduce uno studio randomizzato in pazienti affetti da osteosarcoma resi liberi da malattia dopo la seconda ricaduta, in cui si utilizza il Viscum album fermentatum Pini a confronto con Etoposide orale.

Domanda: Dr.ssa Longhi, Lei da 3 anni ha iniziato un protocollo di studio utilizzando il Viscum Album fermentatum Pini. Ce ne può descrivere le premesse razionali?
Risposta: L’osteosarcoma è un tumore maligno dell’osso abbastanza raro che predilige l’età adolescenziale, quando è maggiore la crescita ossea. Da quando si utilizza la chemioterapia adiuvante la guarigione (intesa come sopravvivenza libera da malattia) è del 60-65% a 5 anni e del 50- 55 % circa a 10 anni. Tuttavia una porzione del 30-40% dei pazienti dopo il trattamento primario (chirurgia e chemioterapia) sperimenta la comparsa di metastasi o recidive locali (più raramente). Il 70% delle metastasi compaiono a livello polmonare. La terapia alla ricaduta è sempre la chirurgia per prima, quando possibile. Infatti non abbiamo a disposizione farmaci di Il linea se non quelli già utilizzati per la terapia adiuvante. In questi anni vari farmaci sono stati utilizzati, ma con risultati modesti. Alla prima ripresentazione della malattia spesso viene utilizzato l’Ifosfamide, farmaco utilizzato anche nella terapia adiuvante ma ad un dosaggio più elevato. Dopo la seconda ricaduta non vi è una precisa indicazione terapeutica, alcuni oncologi utilizzano un chemioterapico, l’Etoposide, che può essere somministrato ev o per os. Gli studi in pazienti con osteosarcoma avanzato, in cui si è utilizzato l’Etoposide da solo o in associazione ad altri farmaci, hanno dato risposte del 20-15%. D’altro canto i risultati di uno studio del Karolinska Institute ha evidenziato che vi erano un buon numero di lungosoprawiventi fra quei pazienti affetti da osteosarcoma che negli anni 60-70, in era pre chemioterapia, furono trattati per 3-4 anni con Interferone a scopo immunomodulante. Anche in altri tumori le terapie immunomodulanti hanno dato qua­che risultato (melanoma, tumore renale). Un altro studio statunitense ha dimostrato un miglioramento della sopravvivenza libera da malattia negli osteosarcomi trattati con un farmaco biologico derivato dal BCG (Bacillo di Calmette e Guérin), pur trattandosi di un farmaco di sintesi e non naturale.

D: Da questi presupposti come è arrivata all’idea di utilizzare il Viscum e non altri farmaci o rimedi?
R: Forte di questi presupposti, forte del fatto che pazienti con osteosarcoma resi liberi dopo la seconda ricaduta ricadono nel 80% dei casi entro 12 mesi e che non abbiamo a disposizione altri farmaci validi da dare a scopo “adiuvante, preventivo” per cercare di evitare o ritardare una terza ricaduta, ho pensato di guardare nell’armamentario delle medicine non convenzionali. Mi sono chiesta se esistessero farmaci già ampiamente studiati sotto il profilo tossicologico (per garantire la sicurezza del trattamento) e dell’efficacia. Il Viscum è uno dei più studiati con oltre 900 pubblicazioni scientifiche pubblicate su PubMed, il sito che archivia le pubblicazioni scientifiche mediche più importanti. I risultati erano concordi in un miglioramento della qualità della vita fornito dal Viscum in associazione ad altri trattamenti antiblastici e qualche studio aveva mostrato un aumento della sopravvivenza. Ho pensato così di iniziare uno studio randomizzato in cui a un gruppo di pazienti viene prescritto il Viscum album, per un anno, da autosomministrarsi per via sottocutanea mentre a un altro viene prescritto l’Etoposide in compresse al dosaggio di 50 mg/m2 per 21 gg al mese per 6 mesi. L’Etoposide è un farmaco antiblastico (prescrivibile solo dall’oncologo) con tossicità midollare che, pur essendo ridotta quando somministrato a basse dosi per os come nel nostro caso, ha sempre un margine di potenziale tossicità a lungo termine (secondi tumori del tipo leucemie) per cui non può essere somministrato all’infinito.

D: Qual è l’obiettivo dello studio?
R: Lo scopo dello studio è verificare se a uno dei due gruppi di pazienti riusciamo a dare un vantaggio in termini di sopravvivenza libera da malattia a un anno rispetto al gruppo di controllo storico di oltre 200 pazienti (in cui le ricadute sono dell’80% a 1 anno dopo la seconda ricaduta). Al momento abbiamo arruolato già 14 pazienti, 7 per gruppo, e i risultati sia pur preliminari (alcuni pazienti sono ancora in trattamento) sono incoraggianti a favore del Viscum album ferm., che ovviamente è meglio tollerato; 3 di questi 7 pazienti trattati con Viscum hanno deciso autonomamente di proseguire col trattamento anche dopo l’anno in studio.

D: Quale pensa sia il ruolo del Viscum utilizzato in questi pazienti?
R: Sappiamo da studi in vitro, su animali e umani, che il Viscum ha proprietà proapoptotiche (favorisce la morte cellulare della cellula tumorale), di stimolazione immunitaria, aumenta le endorfine cerebrali che controllano l’umore (documentato da studio su pazienti con tumore mammario). Tutte queste attività benefiche potrebbero essere responsabili di un controllo, da parte del sistema immunitario del paziente, delle micrometastasi che sappiamo essere sempre presenti al momento dell’intervento, anche se non siamo in grado di visualizzarle con gli attuali metodi diagnostici.

D: Come è stato l’impatto di questa sperimentazione sulla compliance (gradimento) dei pazienti?
R: Molto buono, sappiamo che molti pazienti spesso assumono autonomamente terapie non convenzionali in corso di chemioterapia o dopo e sono stati sempre ben contenti di sperimentare un trattamento di cui esiste vasta letteratura circa la sicurezza e i potenziali benefici.

D: Quale è stato l’impatto sui colleghi oncologi?
R: Dopo un’iniziale diffidenza ora, visti i risultati, i colleghi mi segnalano nuovi pazienti, anche al di fuori di questo protocollo, per iniziare la terapia con Viscum album fermentatum.

articolo tratto da Notiziario Weleda

Libri consigliati:
Viscum Album e cura oncologica

Progetto Rudolf Steiner.it
www.rudolfsteiner.it

Cordyceps

E’ un efficace immunocorrettore, normalizza l’attività dei polmoni, del cuore, dei reni e del fegato. Esercita un’attività antinfiammatoria e ringiovanente. Antibiotico naturale.

Contenuto: 100 capsule

Codice A08

CORDYCEPS SINENSIS: IL FUNGO DELLA SALUTE E DELLA VIRILITA’

Cordyceps sinensis: il nome latino non vi dirà niente, ma questa radice, o fungo, che cresce abbondante nel Tibet detiene l’invidiabile primato di essere funzionale a curare tutti i mali dei polmoni, enfisema e tumori compresi, e essere allo stesso tempo un ottimo tonico della vita sessuale. Molto più sano del viagra e molto meno pericoloso. Questa pianta che è molto usata nella medicina tradizionale cinese da millenni adesso è stata studiata scientificamente anche dalla medicina tradizionale che ha confermato per via empirica le sue proprietà.

In particolare si è parlato di essa alcuni giorni fa durante un importante convegno tenutosi a Roma dove si sono incontrati cattedratici italiani e cinesi, alcuni dei quali esperti nell’ago puntura e nella cura con le medicine tradizionali cinesi, come il Professor He Jialang. Docente al Zhejiang chinese medical university in Cina e noto agopuntore in Italia.

Jialang, insieme a un cattedratico italiano, il noto immunologo professor Samuele Paparo, della seconda facoltà di Medicina de La Sapienza a Roma, e insieme ad altri due accademici cinesi, padre e figlio (Yueai Ke e Chuaiti Ke) dell’Institute of mediacl reserach dell’Univesità di San Diego in California e al professor Yong Sheng Fan della Zhejiang medical chinese University, hanno lavorato insieme su questa radice per dimostrarne le sorprendenti proprietà.

Negli scorsi anni questa pianta dal nome difficile da ricordare ha ricevuto costanti e sempre maggiori attenzioni da parte dei chimici e dei biologi oltre che dei medici veri e propri.

Il segreto di questa radice sta nel riuscire a bilanciare perfettamente i linfociti Th1 e Th2 che sono molto importanti per le risposte immunitarie dell’organismo.

Polmoni di animali di laboratorio ridotti molto male per cause di vario tipo hanno riottenuto la loro elasticità dopo trattamenti con il cordyceps. E la chimica non ha fatto altro che confermare quanto i medici che curano i pazienti con le piante classiche della medicina tradizionale cinese sanno da millenni. Inoltre questa pianta potrebbe avere effetti benefici preventivi contro molte forme di tumore. Naturalmente, come su accennato, il piatto forte per la commercializzazione consiste anche nell’ essere da sempre apprezzata come un tonico vagamente afrodisiaco. Ma non da “one shot a time”, come le pastiglie blu della Pfizer, bensì come un farmaco che migliora stabilmente la vita sessuale aiutando la salute.

C’è da dire che l’eccessiva domanda di questa radice, che è venduta in Italia soprattutto via internet o in erboristerie molto specializzate, sta ponendo seri problemi ambientali al Tibet dove prevalentemente si trova.

Si vende anche una forma di parassita fungino di questa pianta che in pratica avrebbe gi stessi effetti e si spera in futuro di potere produrre il suo principio attivo in laboratorio. Così si potrà continuare a usufruire dei suoi incredibili effetti senza che i tibetani debbano lamentare troppi danni ambientali.

Cordyceps Sinensis Mycelium (Janshubao): conosciuto in Cina come il “fungo del bruco” (caterpillar fungus), è un micelio che parassita il corpo di certi lepidotteri, che vive nelle regioni montuose della Cina e del Tibet, caratterizzato dalla potente azione tonificante e ritenuto in grado di incrementare le resistenza fisica, l’energia mentale, il vigore sessuale e la longevità. Si ritiene sia capace di migliorare le performance atletiche, aumentando la gittata sistolica. Negli ultimi anni i ricercatori hanno svolto una grande quantità di ricerche per espandere le conoscenze sugli effetti di questo micelio: gli si ascrive una capacità protettrice a livello renale, prevenendo i danni prodotti da certi antibiotici e capacità protettiva sul sistema immunitario e sui disturbi epatici. Oltre a proteine e vitamina B12, questo fungo contiene cordycepiacido ed ergosterolo, componenti che, in combinazione, incrementano la funzionalità del sistema immunitario, l’attività sessuale, miglioramenti della funzione polmonare, epatica e renale, oltre a migliorare l’ossigenazione dei tessuti.3 L’azione a livello del sistema respiratorio si manifesta attraverso il rilassamento della muscolatura bronchiale e bronchiolare, facilitando il passaggio dell’aria e la respirazione, aumentando il flusso ematico a livello muscolare. Queste proprietà ne spiegano l’azione sulle manifestazioni asmatiche, bronchiti croniche e tubercolosi4. A livello epatico il cordycepts agisce non solo come protettore cellulare, ma agisce nei casi d’epatite e cirrosi, mentre a livello cardiaco la sua azione si estende sui disturbi cardiovascolari e nei casi d’ipertensione. Cordyceps è in grado di ridurre gli effetti negative di innumerevoli malattie attraverso l’incremento dell’attività immunitaria e il rafforzamento della resistenza ai batteri ed ai virus; svolge un’azione efficace neicasi di leucopenia e nei danni cellulari causati da radioterapia e chemioterapia. Yamaguchi ed altri, nel 1990, confermò la capacità del cordycepts di stimolare il sistema immunitario5. Studi ospedalieri hanno dimostrato la capacità di ridurre il colesterolo totale del 17% ed i trigliceridi del 9%, incrementando le LDL del 27%. Risultati lusinghieri sono stati osservati anche nel caso di disturbi erettili di origine vascolare.