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Celiachia

25/06/2007 Celiachia: il glutine non è più un problema

Una procedura messa a punto dall’Isa-Cnr arresta, attraverso una lavorazione enzimatica delle farine, la reazione immunologica scatenata nell’intestino dei celiaci da questa proteina. Così pane, pasta e pizza possono essere consumati anche da chi soffre di questa forma di intolleranza alimentare, senza rischi per la salute

Presto le persone affette da celiachia potranno di nuovo apprezzare il gusto della pasta, della pizza e dei biscotti tradizionali senza più andare incontro ai disturbi tipici provocati da questa malattia. A renderlo possibile un’innovativa procedura enzimatica, da applicare all’industria alimentare, in grado di bloccare la risposta tossica del glutine nei celiaci. L’innovativa metodologia è stata messa a punto e brevettata da un gruppo di chimici e immunologi dell’Istituto di scienze dell’alimentazione (Isa) del Consiglio nazionale delle ricerche di Avellino, coordinato da Mauro Rossi.
“Se si osserva al microscopio la struttura dell’intestino dei celiaci si scopre che la mucosa è atrofica, ossia priva dei villi, le estroflessioni mucosali fondamentali per la digestione e l’assorbimento dei nutrienti”, spiega Mauro Rossi dell’Isa-Cnr. “Numerose evidenze sperimentali indicano che il danno intestinale è prodotto da un’alterata risposta immunitaria nei confronti del glutine. In particolare, la presenza nella mucosa intestinale di linfociti T, una popolazione di cellule del sistema immune, che risponde alla presenza del glutine secernendo molecole pro-infiammatorie, avvalora l’ipotesi di un meccanismo immunologico alla base della patologia. Solo determinate regioni della molecola di glutine acquistano però, nell’intestino del celiaco, la capacità di essere riconosciute dai linfociti T e di scatenare la loro risposta. Partendo da questa considerazione”, prosegue Rossi, “abbiamo ipotizzato la possibilità di bloccare preventivamente questo riconoscimento attraverso un processo enzimatico – da effettuare direttamente sulla farina – che andasse a modificare proprio quelle regioni, mascherandole attraverso la formazione di nuovi legami con amminoacidi (elementi costitutivi della proteina) modificati. La nostra ipotesi è stata poi confermata sperimentalmente attraverso accurati studi biochimici e immunologici realizzati nel nostro Istituto”.
Dal punto di vista tecnologico il nuovo procedimento non presenta difficoltà di realizzazione in quanto fa uso di sostanze già utilizzate nell’industria alimentare. Nessuna conseguenza neppure sui celiaci. “I nuovi legami introdotti nella molecola di glutine”, precisa il ricercatore dell’Isa-Cnr, “rimangono intatti nell’intestino, ma poi sono scissi a livello renale per cui non si accumulano nell’organismo”.
Un risultato di indubbio interesse, se si considera che la celiachia è una delle forme più diffuse di intolleranze alimentari: si stima che una persona su duecento ne sia affetta. La malattia si manifesta negli individui che hanno una predisposizione genetica in seguito all’ingestione di alimenti contenenti il glutine del grano e proteine analoghe presenti in altri cereali di uso comune, quali orzo e segale. L’intolleranza viene diagnosticata in genere nei primi tre anni di vita, ma sono in aumento i casi in cui si manifesta tardivamente o quelli in cui è del tutto asintomatica: i celiaci che non sanno di esserlo e continuano a mangiare gli alimenti proibiti possono soffrire di gravi sindromi da malassorbimento, caratterizzate principalmente da diarrea, perdita di peso e ritardo della crescita.
Attualmente l’unica terapia valida è la dieta completamente priva di glutine, da seguire per tutta la vita: solo così, infatti, vengono ripristinate le normali funzioni intestinali. Ma mantenere questo regime alimentare, che presenta comunque forti restrizioni, non è sempre facile, poiché piccole quantità di glutine possono trovarsi in cibi non sospetti.
La ricerca è stata pubblicata sulla versione on line della rivista internazionale Gastroenterology

Roma, 25 giugno 2007

La scheda

Che cosa: brevettata una nuova procedura enzimatica che blocca la risposta tossica del glutine nei celiaci
Chi: Istituto di scienze dell’alimentazione del Cnr di Avellino
Per informazioni: Mauro Rossi, tel. 0825/299391, e-mail: mrossi@isa.cnr.it

Ufficio Stampa Cnr: Rita Bugliosi, tel. 06/49932021, – 3383, e-mail: rita.bugliosi@cnr.it

Metalli e radioisotopi nei funghi

Possibili rischi igienico-sanitari con riferimento al contenuto di metalli pesanti e radioisotopi nei funghi

Si parla spesso della tossicità intrinseca dei funghi dovuta alle tossine in essi contenute, mentre un aspetto poco divulgato è l’inquinamento da metalli pesanti, naturale o antropico, che sempre più spesso contaminano anche la flora fungina.
Un inquinante rilasciato nell’ambiente, provoca un impatto ambientale che potenzialmente può modificare la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. La deposizione diretta dell’inquinante nel suolo o quella indiretta attraverso l’acqua delle piogge, contenente inquinanti disciolti, provoca l’inevitabile contaminazione dei vegetali e dei funghi.

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Auricularia auricola judae (mok yhee)

Caratteristiche dell’ Auricularia agricola judae :

Sporoforo: 3-9 cm, liscio, elastico, a forma di orecchietta irregolare, sessile o con piccolo gambo, bruno-rossastra o bruno-olivastra; a gruppi.
Carne: prima gelatinosa-elastica, fragile da secca; senza odore e sapore particolari.
Spore: bianche in massa.
Habitat: cresce su legno di latifoglie (specialmente di Sambuco), tutto l’anno.
Commestibilità: buon commestibile, molto ricercato in alcuni Paesi orientali.
Nella Medicina Tradizionale Cinese, l’Auricularia è stato utilizzato da migliaia di anni per il trattamento di: ipertensione, arteriosclerosi, patologie arteriose e venose, gastrite, colite emorroidi, sanguinamento uterino. In Europa è stato usato per il trattamento di: dolori addominali, crampi, azione antivirale, antibatterica ed antiparassitaria.

Auricularia auricola judae

 

Agaricus blazei Murrill

Caratteristiche dell’ Agaricus blazei Murrill :

Cappello: 5-9 cm, convesso, carnoso, con cuticola bruno chiaro più scura al contatto, da giovane margine con membrana fioccosa.
Lamelle: fitte, prima bianche poi rossastre-brune.
Gambo: 3-4 x 1,5-2 cm, corto e sodo, bianco e liscio, con anello bianco e membranoso.
Carne: soda e bianca, al taglio rosea; buon odore e sapore.
Spore: bruno-seppia; presenta basidi con due sole spore anziché quattro.
Ottima Commestibilità.
Questo fungo è originario dalla foresta pluviale brasiliana e gli indigeni lo chiamano “il fungo di Dio” perché lo hanno utilizzavano in casi di malattie gravi. Nei paesi sviluppati l’Agaricus Blazei Murril ha una storia relativamente breve, infatti solo da 35 anni è stato preso considerazione dalla Comunità Scientifica Internazionale. Per le sue straordinarie proprietà medicinali, ha cominciato ad essere studiato ed utilizzato anche in Giappone, Stati Uniti, oltre che in America Latina, mentre in Europa è ancora assai sconosciuto.

Agaricus blazei Murrill

 

Coriolus versicolor (kawaratake)

Caratteristiche del Coriolus Versicolor :

Sporoforo: 3-15 centimetri, in numerosi esemplari sulle ceppaie, sessili, a piani sovrapposti che si intersecano formando delle composizioni pseudo floreali, superficie vellutata. Colori variabili, dal crema ocra e giallo al nocciola, dal crema al bruno scuro con toni viola o neri, le strisce di colore si alternano con la parte chiara all’esterno e le zone più scure all’interno,
Imenio: tubuli bianco crema poi color ocra chiaro. Pori: piccoli tondi chiari.
Habitat: sul legno dei tronchi morti, latifoglie.
Commestibilità: Non commestibile.
In Asia e nella Medicina Tradizionale Cinese è conosciuto ed apprezzato da centinaia di anni. E’ stato usato nelle malattie infiammatorie ed infettive delle vie aeree superiori e nell’epatite cronica. Tonifica Milza, Fegato e Cuore, nutre la mente e contrasta la stanchezza.

coriolus versicolor