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Junk food sotto accusa per la malattia di Alzheimer?

Junk food sotto accusa per la malattia di Alzheimer?

Si chiamano glicotossine. Sono sostanze nocive per l’organismo che vengono prodotte quando si metabolizzano i carboidrati provenienti da alimenti non proprio salutari. E potrebbero essere tra gli elementi che favoriscono l’insorgenza della malattia di Alzheimer. Lo prova una ricerca apparsa su Pnas e condotta su topi ed ultrasessantenni sani: le due popolazioni hanno assunto per un certo periodo cibi spazzatura. In poco tempo si sono osservati non solo uno stato di pre-diabete, ma anche un accumulo di beta-amiloide, responsabile della patologia neurodegenerativa.

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Dagli Usa un pesante giudizio sui composti multivitaminici

Dagli Usa un pesante giudizio sui composti multivitaminici

Arriva dalla ricerca americana una delle più solenni bocciature per gli integratori a base di vitamine. Il consumo regolare di questi non avrebbe alcun significato quando si tratta di giocare d’anticipo nei confronti di malattie come il diabete o le cardiovasculopatie. A mettere un punto fermo nell’ambito di un mercato che in Italia è estremamente fiorente – in base ad un indagine svolta per conto di Federsalus da Euromonitor siamo primi nel vecchio continuente per consumo di questi integratori – è una ricerca condotta dalla US Preventive Services Task Force. La struttura, che ha il compito di informare i consumatori e i medici sulle effettive realtà scientifiche nel campo della prevenzione, è giunta alla conclusione che il consumo di integratori non ha significato. Non solo pasticche e beveroni non avrebbero senso in chiave preventiva, ma addirittura potrebbe risultare nocivi se si considera che il consumo troppo spinto di integratori contenente vitamina E potrebbe accrescere il pericolo di sviluppare un tumore polmonare, ovviamente solo negli individui a rischio più elevato. In questa vena di controllo, gli esperti Usa arrivano anche a limitare l’eccessivo ricorso alla supplementazione con acidi grassi omega-3: non darebbero alcun beneficio su memoria e funzioni cognitive. Il consiglio della Us Preventive Services Task Force è quindi di una semplicità sconvolgente: se volete rifornirvi di vitamine e sali minerali, consumate almeno cinque porzioni

 

quotidiane di frutta e verdura e proteine da carne magra.

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Dai funghi un nuovo aiuto nella lotta al cancro

Dai funghi un nuovo aiuto nella lotta al cancro


Un nuovo aiuto per la lotta al cancro. È quanto è stato scoperto da uno studio di un team dell’Istituto di biochimica delle proteine del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibp-Cnr) di Napoli, capitanato da Daniela Corda. La ricerca è stata pubblicata sulla prestigiosa rivista PNAS.

Il cancro, per definizione, può essere considerato una “malattia genetica multistep”. Per malattia genetica si fa riferimento semplicemente alle cause scatenanti di un tumore: anomalie e mutazioni all’interno del DNA. Questo non significa che i tumori siano ereditari come il colore degli occhi, ma solo in alcuni casi potrebbe esistere una predisposizione ereditaria ad un determinato tipo di tumore, dovuto alla trasmissione da una generazione all’altra di un “difetto genetico” di base. Infatti, viene considerata una malattia “multistep” poiché, nella maggior parte dei casi, una serie di eventi genetici devono concorrere affinché una cellula sana si trasformi in cancerosa. Questa, dividendosi, darà origine ad un’intera popolazione di cellule tumorali. Rispetto alle cellule normali, le cellule cancerose presentano delle caratteristiche peculiari, tra le quali la crescita incontrollata che ne permette la diffusione all’interno dell’organismo colpito, dovuta anche alla perdita della capacità di “poter programmare la propria morte”, l’apoptosi. I principali trattamenti oggigiorno hanno come bersaglio il blocco della divisione cellulare, la mitosi. Questo avviene soprattutto nei trattamenti chemioterapici, che spesso però hanno conseguenze negative anche sul resto dell’organismo e sulle cellule sane.

I ricercatori hanno scoperto che una tossina derivante da un fungo, la brefeldina A, utilizzata già come antibiotico, in presenza dell’enzima CD38, presente sulla superficie di molte cellule del sistema immunitario e del coenzima NAD+ forma una nuova molecola, chiamata BAC (BFA-ADP-ribosylated Substrate). Questa è in grado di legare una proteina che regola il ciclo cellulare, la CtBP1/BARS, inibendola. La proteina CtBP1/BARS svolge svariate funzioni. Per esempio nel nucleo contribuisce a bloccare la trascrizione di geni che determinano l’apoptosi.

Lo studio assume un’importanza fondamentale nell’ottica di inibire la proliferazione tumorale in maniera specifica e mirata. Questa nuova molecola permetterebbe lo sviluppo di farmaci innovativi diretti contro una classe di tumori che esprimono l’enzima CD38, come linfomi e mielomi.

 

Uso alimentare dei funghi nelle diete

Uso alimentare dei funghi nelle diete

Lo studio, pubblicato dalla rivista di settore The FASEB Journal e recentemente presentato anche presso la rassegna Experimental Biology 2013, ha preso in considerazione un campione di 73 persone con un età media di circa 48 anni. Tutti i partecipanti erano in sovrappeso o obesi e nell’88% dei casi erano donne. Tutti i volontari sono stati sottoposti ad analisi di routine e poi successivamente suddivisi in due gruppi: uno al quale al posto della carne rossa veniva somministrata una tazza di champignon al giorno, e l’altro sottoposto ad una dieta normale senza variazioni come gruppo di controllo.

Alla fine della sperimentazione, durata un anno, ulteriori controlli hanno permesso di verificare come il campione appartenente al primo gruppo avevano perso circa 3,18 chili, migliorato l’indice di massa corporea e perso quasi 7 cm al girovita. Mantenendo i risultati ottenuti nel tempo. Gli scienziati sottolineano che lo studio da loro condotto dimostra come sia confermato ciò che le precedenti ricerche mediche avevano riscontrato, ovvero che gli alimenti a bassa densità energetica possono essere efficaci nel ridurre l’assunzione di cibi eccessivamente calorici e grassi. Senza contare il senso di sazietà acquisito.

Una buona notizia per coloro che vogliono perdere i chili di troppo senza fare troppe rinunce, che ne dite? Tutti a mangiare funghi!

Fonte | Faseb Journal

 

Sclerosi Multipla e canapa indiana

Sclerosi Multipla e canapa indiana

Esistono numerose testimonianze aneddotiche di pazienti affetti da sclerosi multipla che riferiscono un beneficio sintomatologico in seguito all’assunzione di derivati della Cannabis.

Tali testimonianze hanno anche il supporto di alcuni studi scientifici, condotti per lo più su piccole casistiche, ma in grado di fornire evidenze molto suggestive e convincenti.

Uno studio pubblicato nel 1981 ha dimostrato, in 7 di 9 pazienti affetti da sclerosi multipla, un significativo miglioramento del tono muscolare dopo somministrazione, in “doppio cieco”, di 5 mg di THC.[1]

Un miglioramento soggettivo dei sintomi legati alla spasticità muscolare dopo inalazione di Cannabis viene segnalato anche da 5 di 8 pazienti studiati da Clifford nel 1983 [2]. In due pazienti si ebbe anche un netto miglioramento delle prove di coordinazione motoria e una significativa riduzione del tremore muscolare, come mostrato nella Figura 1.

Analogo miglioramento è riferito anche da tredici pazienti scarsamente controllati dalle terapie convenzionali, che hanno partecipato nel 1988 a uno studio in “doppio cieco”, THC versus placebo. [3]

Un miglioramento obiettivo del senso dell’equilibrio è invece riportato in un altro studio in doppio cieco pubblicato in epoca più recente, in cui pazienti con sclerosi multipla e volontari sani vennero sottoposti a test posturali prima e dopo inalazione di Cannabis [4] .

Accanto a queste piccole casistiche esiste poi numerosi case reports in cui vengono descritti benefici sintomatici sul piano della spasticità muscolare, della coordinazione motoria, dell’equilibrio, dei disturbi della vescica.[5-9]

 

Tra questi merita di essere segnalato, per il rigore della metodologia utilizzata, un caso pubblicato da Martyn nel 1995, i cui risultati sono efficacemente sintetizzati nella Figura 2.

Ad una paziente con contrazioni muscolari dolorose e disturbi vescicali furono somministrati, a giorni alterni, una compressa di nabilone (un cannabinoide sintetico) o un placebo. Sia la spasticità muscolare che i disturbi della vescica si riducevano sensibilmente nei giorni in cui la paziente assumeva il cannabinoide. Nettamente migliorati, negli stessi giorni, il tono dell’umore e la percezione soggettiva di benessere.[6]

Consroe e collaboratori hanno raccolto, con un questionario anonimo, i dati relativi a 112 pazienti con sclerosi multipla [7]. Le esperienze di tali pazienti concordavano nel riferire, in seguito alla assunzione di Cannabis, un miglioramento sintomatico, con percentuali che vanno dal 97% al 30%, a secondo del sintomo considerato. Il miglioramento riferito più frequentemente era quello della spasticità muscolare e del dolore agli arti. Con frequenza minore venivano riferiti miglioramenti del tremore, dell’appetito, della visione, dei disturbi vescicali.

In epoca recente le evidenze scientifiche disponibili sono stato oggetto di disamina da parte di autorevoli commissioni mediche.

Il Workshop on the Medical Utility of Marijuana dell’Istituto di Sanità statunitense ha riconosciuto, nel 1997, il potenziale ruolo terapeutico nel trattamento della spasticità muscolare e del dolore neuropatico [10].

Questa potenzialità è confermata anche in una recentissima review pubblicata sull’autorevole British Medical Journal [11].

Nel 1998 il rapporto dello Science and Technology Committee della House of Lords inglese ha confermato il ruolo della Cannabis nel migliorare i simptomi della SM [12]. “Sulla base dei dati in nostro possesso” – ha dichiarato Lord Perry of Walton, presidente del Comitato, “riteniamo che i medici debbano essere messi in condizione di prescrivere la Cannabis ai pazienti con SM senza essere perseguiti dalla legge”.

Anche il rapporto dell’ Institutes of Medicine della National Academy of Sciences USA ha sottolineato il potenziale ruolo dei cannabinoidi nella SM, auspicando la realizzazione di studi clinici controllati su ampie casistiche[13]

Sull’onda di queste autorevoli raccomandazioni nel 1999 sono partiti in Inghilterra due grandi studi clinici controllati , i cui risultati, attesi entro l’autunno del 2003, potrebbero presto aprire la strada alla registrazione di specialità a base di cannabinoidi per il trattamento della SM.

I recenti progressi delle conoscenze sul ruolo degli endocannabinoidi endogeni hanno nel frattempo consentito di definire meglio le basi razionali dell’impiego dei cannabinoidi nella SM. La distribuzione dei recettori cannabinoidi nel SNC ha infatti confermato il ruolo fisiologico di queste sostanze nel controllo dei movimenti [14]

A ciò si aggiungono alcune recentissime evidenze che spingono a far ipotizzare possibili influenze dei cannabinoidi anche sulla progressione della malattia.

Un recente studio pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature ha per primo postulato, sulla base delle evidenze ottenute su un modello sperimentale animale, un possibile ruolo dei cannabinoidi nell’influenzare non solo i sintomi ma anche la stessa progressione della malattia. [15]. E alle stesse conclusioni giunge anche un altro gruppo di ricercatori che ha documentato istologicamente, sempre nell’animale, la regressione delle lesioni neuroinfiammatorie dopo somministrazione di dexanabinol, un cannabinoide sintetico[16].

Descrizione della malattia

La sclerosi multipla (SM), o sclerosi a placche, è una malattia grave del sistema nervoso centrale, cronica e spesso progressivamente invalidante.

Nonostante i molti passi avanti fatti dalla ricerca scientifica, la causa esatta della SM è ancora sconosciuta.

Si ritiene che sia coinvolta una combinazione di più fattori: una predisposizione genetica a sviluppare la malattia e un agente ambientale in grado di stimolare il sistema immunitario, geneticamente alterato. Il risultato di questa interazione è una risposta immunitaria anormalmente diretta contro la mielina, una sostanza di rivestimento delle fibre nervose che, oltre a proteggere le fibre, le aiuta a condurre gli impulsi nervosi.

In Italia 50.000 persone sono colpite da SM e ogni anno si verificano 1.800 nuovi casi. L’età a rischio per l’insorgere della SM è fra i 15 e i 50 anni ed è più frequente nel sesso femminile.

I sintomi della SM sono molteplici. La loro varietà dipende dal fatto che le lesioni demielinizzanti (placche) tipiche della malattia possono colpire aree diverse del SNC. A seconda della sua localizzazione, una placca può causare ad esempio un disturbo motorio a un arto inferiore o un problema di vista o un formicolio a mano e braccio. Ogni persona con SM ha un quadro clinico diverso da quello degli altri pazienti e presenta in momenti diversi sintomi diversi quali spasticità muscolare, debolezza, intorpidimento, tremore, perdita della vista o disfunzione della vescica.

Non esiste a tutt’oggi una terapia in grado di guarire la SM.

Alcuni farmaci (interferone beta ricombinante, copolimero1) hanno dimostrato una relativa efficacia nel ritardare la progressione della malattia.

Esistono poi una serie di rimedi sintomatici, non sempre efficaci nel controllare i disturbi, e talora gravati da effetti collaterali spiacevoli.

Studi clinici in corso in Europa

•   8 novembre 2003

Pubblicati sulla rivista Lancet i risultati dello studio CAMS (Cannabinoids in Multiple Sclerosis)

Lo studio, finanziato dal Medical Research Council inglese, è iniziato nel dicembre 1999 e si è concluso nell’ottobre 2002. Si tratta di uno studio multicentrico randomizzato in doppio cieco che ha coinvolto 630 pazienti, un terzo dei quali è stato trattato con un estratto naturale di cannabis a contenuto standardizzato di THC e CBD (Cannador® ), un terzo con un cannabinoide sintetico (Marinol®) e un terzo con un placebo.

I risultati dello studio, che nel complesso confermano l’efficacia e la buona tollerabilità dei cannabinoidi, sono stati presentati nel corso di un convegno internazionale svoltosi l’8 novembre 2003 ad Asti.

•  UK Medicinal Cannabis Project

Si tratta di un vasto programma, ancora in corso, di studi multicentrici randomizzati in doppio cieco contro placebo, volto a valutare l’efficacia di estratti naturali di Cannabis somministrati mediante uno “spray” sublinguale prodotto dalla GW Pharm.

Le sperimentazioni sono guidate dal Prof. Geoffrey Guy e dal Dr. Philip Robson, dell’Università di Oxford e si prevede che coinvolgano oltre mille pazienti. risultati preliminari sono molto positivi e dimostrano una riduzione statisticamente significativa del dolore neuropatico e della spasticità. Sulla base di questi risultati la GW Pharm ha già depositato una richiesta di autorizzazione al commercio dei propri prodotti.

Glossario

studio multicentrico: l’arruolamento dei pazienti avviene in diversi centri che inviano i dati ad una struttura centralizzata per l’elaborazione statistica

randomizzato: i soggetti partecipanti vengono assegnati casualmente ad un trattamento o ad un altro

controllato contro placebo: l’efficacia del farmaco viene confrontata con quella di un “finto farmaco” (placebo)

a doppio cieco: né il paziente né il medico sanno se il singolo paziente assume il farmaco o il placebo, per eliminare ogni influenza psicologica

Esperienze aneddotiche

•  Maria M.

•  Luigi A.

•  Giovanni F.

•  Mary Anne Rose

 

Altri materiali

•  Il “caso AISM” di Teramo

•  Cannabis sotto esame

[tratto da SM n.4/2001]

Links

•  Associazione Italiana Sclerosi Multipla (AISM)

•  UK Multiple Sclerosis Society

 

Vedi anche:

•  Cannabinoidi naturali e di sintesi

•  Posologia e dosaggi

•  Modalità d’assunzione

 

 

 

Ricerca nel sito

 

 

 

 

 

 

 

Considerato l’insieme delle evidenze disponibili riteniamo che sia urgente avviare, anche in Italia, una sperimentazione clinica per verificare, su una ampia popolazione di pazienti con SM, l’efficacia dei derivati della Cannabis.

E’ una proposta che l’Associazione per la Cannabis Terapeutica ha avanzato – il 6 ottobre 2001 – nella sua Lettera Aperta al Ministro Sirchia e che è stata autorevolmente rilanciata – il 9 novembre 2002 – nel corso di un convegno organizzato dal Dipartimento di Scienze Neurologiche della Università di Roma “La Sapienza”.

Nell’attesa che il Ministero della Salute si decida ad intervenire sulla questione, l’Associazione Cannabis Terapeutica sostiene che pazienti fortemente sintomatici e/o con scarsa risposta alle terapie tradizionali abbiano il diritto di chiedere al proprio medico curante di assisterli in un tentativo terapeutico. Riteniamo che, considerata la scarsa tossicità della Cannabis, tale tentativo sia sostanzialmente privo di rischi e la sua eventuale efficacia possa essere facilmente valutata anche nel singolo paziente[ 6, 17 ].

 

Aggiornamenti

Regno Unito: lo studio CAMS conferma l’efficacia e la buona tollerabilità dei derivati della cannabis nel trattamento dei sintomi della sclerosi multipla.

John Zajicek et al. on behalf of the UK MS Research Group. Cannabinoids for treatment of spasticity and other symptoms related to multiple sclerosis (CAMS study): multicentre randomised placebo-controlled trial.

Lancet 2003 Nov 8;362(9395):1517-1526.

 

 

Editoriale di commento ai risultati del CAMS

Metz L, Page S. Oral cannabinoids for spasticity in multiple sclerosis: will attitude continue to limit use?

Lancet. 2003 Nov 8;362(9395):1513

 

 

Immunoregolazione indotta da cannabinoidi nella sclerosi multipla

Arevalo-Martin A, et al. Therapeutic action of cannabinoids in a murine model of multiple sclerosis.

J Neurosci 2003 Apr 1; 23(7): 2511-6

Questo gruppo di scienziati spagnoli, utilizzando un modello animale di sclerosi multipla dell’uomo, ha mostrato che il trattamento con diversi cannabinoidi sintetici ha migliorato significativamente i deficit neurologici. Inoltre, i cannabinoidi hanno ridotto numerosi segni d’infiammazione, tra cui l’infiltrazione di cellule T CD4+ nel midollo spinale.

I cannabinoidi inibiscono le citochine proinfiammatorie

Croxford JL, Miller SD. Immunoregulation of a viral model of multiple sclerosis using the synthetic cannabinoid R+WIN55,212.

J Clin Invest 2003 Apr; 111(8): 1231-40

Questo gruppo statunitense ha investigato l’effetto del cannabinoide sintetico WIN55,212 sui parametri immunitari in un modello animale di sclerosi multipla, trovando una diminuzione della produzione di interferon-gamma ed un’inibizione di varie citochine proinfiammatorie (TNF alfa, interleuchina 1 beta ed interleuchina 6).

I cannabinoidi inibiscono la neurodegenerazione nella SM ?

Pryce G, et al. Cannabinoids inhibit neurodegeneration in models of multiple sclerosis.

Brain.2003; 126: 2191-2202

Questa ricerca, che ha utilizzato un modello animale della sclerosi multipla, chiamato encefalomielite sperimentale allergica (ESA), dimostra che i topi privi di recettori per i cannabinoidi CB-1 tollerano molto meno gli insulti infiammatori rispetto ai topi normali che sviluppano notevole neurodegenerazione per una reazione immunitaria.

Gli autori concludono che “in aggiunta al controllo dei sintomi, la cannabis potrebbe anche rallentare i processi neurodegenerativi che alla fine portano alla disabilità cronica nella sclerosi multipla e forse anche in altre malattie.”