Micoeditoriale Marzo 2013

MICOEDITORIALE MARZO 2013 CAPELLI, K PROSTATA E POLYPORUS U.

Cari amici della Micomedicina, scusate il ritardo, siamo stati molto impegnati ma non volevo farvi mancare per questo il contributo della micomedicina. Certamente il contesto nazionale con le “sorprendenti” elezioni (per noi non molto) e quello internazionale (per modo di dire) visto l’ancora più sorprendente esito dell’elezione del Papa Francesco, hanno un po’ rubato la scena ai funghi medicinali, ma non temete ecco un mensile marzolino molto denso di argomenti e di funghi al centro dell’attenzione e della ricerca mondiale. Questo mese si apre all’insegna del Polyporus umbellatus, un bel fungo cespitoso che cresce anche dalle nostre parti spesso confuso con la più nota Grifola frondosa anch’essa un bel fungo medicinale. I due funghi oltre ad avere l’aspetto simile hanno anche altro in comune, come un’azione sulla loggia energetica della MTC “acqua”, proprietà farmacologiche simili di immunostimolazione e antineoplastiche. Della Grifola più nota come “Maitake” dai giapponesi, non ne parlo ora anche perché lo” Zhu Ling” il Polyporus per i cinesi è più inerente all’argomento che mi sono dato: i rapporti fra caduta dei capelli e ipertrofia/cancro alla prostata. Bisogna riconoscere che l’adagio che l’uomo con pochi capelli avrebbe una maggiore vigoria sessuale, potrebbe avere un fondamento, non fosse altro perché attraverso un enzima, la 5 alfa reduttasi, il testosterone circolante viene trasformato nella prostata (che aumenta per questo in dimensioni) in DHT (diidrotestosterone) un potente anabolizzante attivo a livello dei muscoli, corpi cavernosi del pene ma anche dei capelli dove però incrementa la produzione di sebo ed il ricambio cellulare a livello del bulbo pilifero portando ad un restringimento del colletto, ad una progressiva diminuzione delle dimensioni e spessore fino ad una caduta precoce con inaridimento del bulbo pilifero e chiusura del poro. Insomma, l’effetto del DHT è l’ipertrofia muscolare e della prostata ma anche l’ipotrofia dei capelli con calvizie precoce. E’ conosciuta da molti anni l’azione di erbe come la Serenoa repens ed il Pygeum africanum nell’Ipertrofia Prostatica e di come, con gli anni, da un’Ipertrofia benigna si passi facilmente al cancro. L’azione di queste erbe come di altre (ortica) e di sostanze naturali come la Vitamina B6, lo Zn e l’Acido Azelaico è di Blocco dell’enzima 5 alfa reduttasi, e molte sostanze, come la Finasteride di sintesi(vedi primo articolo) o l’epigallocatechinogallato EGCG naturali del The verde (vedi secondo), sono comunemente usate nell’ IP pur con scarsa coscienza da parte della classe medica della possibilità di prevenire anche il Cancro alla Prostata. Probabilmente molti sono spaventati dagli effetti collaterali soprattutto dei farmaci di sintesi e della soia (fitosteroli) di femmilizzazione con possibile ginecomastia per lo sbilanciamento dell’azione degli estrogeni naturalmente presenti o di quelli introdotti (fitoestrogeni); l’ideale sarebbe trovare un inibitore della 5 alfa reduttasi che non sbilanci l’equilibrio a favore degli estrogeni, cioè che faccia agire il testosterone ma fino ad un certo punto. E noi lo abbiamo trovato, è il Polyporus umbellatus. Negli articoli che seguono ed in quello del paginone centrale si evidenziano due sostanze presenti il Polyporusterone A e B che si comportano allo stesso tempo da enzima e da ormone variando la conformazione tridimensionale, la forma isomerica, cosicchè localmente, nella prostata, sono enzimi che inibiscono la 5 alfa reduttasi facendo diminuire il DHT. Questi enzimi modulano la produzione ghiandolare prostatica di testosterone attraverso i ROS (vedi articolo su KhZ) e l’apoptosi cellulare che blocca la proliferazione cellulare base della trasformazione neoplastica. I capelli sono quindi liberi di crescere con le giuste dosi ormonali. Allorquando i livelli di DHT sono troppo bassi, il Poliyporusterone cambia faccia (la forma isomerica) e non agisce più sul sito di attacco enzimatico lasciando agire la 5 alfa reduttasi sul Testosterone, anzi in alcuni casi, quando il testosterone endogeno è troppo basso, si sostituiscono ad esso mantenendo così l’omeostasi. Tutto ciò passa attraverso un’azione modulante sulle cellule staminali che potrebbe essere il minimo comune denominatore dell’azione dei funghi sulla riproduzione cellulare. E che i funghi agiscano sempre un po’ da enzimi e un po’ da ormoni, era sospettato, che queste due cose potessero avere un carattere di modulazione funzionale omeostatico (pro-vita) a seconda delle esigenze del sistema vivente, è la nostra scommessa e che riusciremo presto a dimostrare. Cari saluti e Buona Pasqua a tutti

Dott Maurizio BAGNATO MD © Micomedicina 2013

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Phellinus linteus e Leaky gut

Phellinus linteus e Leaky gut

Ancora una volta ospite del paginone centrale è il fungo Phellinus linteus con ben tre pubblicazioni collegati alla sindrome dell’intestino poroso o leaking gut sindrome. Il primo del 2012 dell’Università di Taiwan è sull’Inotilone un terpenoide contenuto nel Phellinus l. che dimostra una potente attività antinfiammatoria sia in vivo che in vitro inibendo l’ MMP-9 e NF kB attraverso una soppressione del TNF e NO aumentando così le capacità antiossidanti di CAT SOD e GPx. Il secondo è un editoriale francese Myconews nel quale il Phellinus l.agisce nella  sindrome dell’intestino poroso ristabilendo l’equilibrio TH1/TH2 con l’inattivazione dei mastociti che, a sua volta,  sopprime l’eccesso di produzione di IgE, l’attività anticomplementare nell’infiammazione, l’immunostimolazione dei linfociti delle placche del Peyer, e il ristabilire la continuità della barriera mucosa attraverso l’azione cementante della chitina, un mucopolisaccaride, in esso contenuto. L’ultimo è sui preparati curativi dei guaritori del Niger dove il Phellinus allardii è sempre presente nelle malattie GI.

 

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Probiotici

PROBIOTICI

Giovanna Blandino – Ilaria Milazzo

Riassunto

Un corretto equilibrio del microbiota intestinale può essere favorito da prebiotici (carboidrati non assorbibili ma fermentabili in grado di stimolare nel colon la crescita di batteri endogeni quali Bifidobacterium e Lactobacillus e da probiotici (definiti come integratori alimentari a base di microrganismi vivi e vitali con effetti favorevoli sulla salute dell’ospite). I microrganismi utilizzati come probiotici includono diverse specie appartenenti al genere Lactobacillus e Bifidobacterium, ma anche S. thermophilus ed altre specie appartenenti ai generi Propionibacterium sp. ed Enterococcus sp. Il successo della terapia con prebiotici e probiotici si manifesta pienamente nel ripristino dell’equilibrio tra le specie del microbiota intestinale; inoltre, i probiotici presentano un razionale terapeutico o di profilassi in alcune patologie quali per es. diarrea acuta da Rotavirus, diarrea del viaggiatore, dismicrobismo da antibiotici. L’apparato digerente rappresenta l’habitat di una comunità microbica rappresentata da più di 400 specie diverse di batteri, funghi e protozoi. Il microbiota intestinale ha una grande influenza sulle funzioni dell’ospite. Infatti, interviene sulle funzioni metaboliche dell’ospite (fra cui la conversione di carboidrati non assorbibili, la sintesi di vitamine, l’assorbimento di acidi biliari) ed è in grado di influenzare il tessuto linfoide associato all’intestino e, quindi, l’idoneo sviluppo del sistema immune mucosale. Inoltre, un corretto equilibrio tra le specie microbiche colonizzanti l’intestino permette di proteggere l’ospite nei confronti di microrganismi patogeni mediante meccanismi di competizione per le sostanze nutritive e d i siti di adesione, e grazie alla produzione di sostanze antimicrobiche. Il mantenimento di un corretto equilibrio del microbiota intestinale può essere aiutato favorendo i microrganismi già presenti e cioè mediante una strategia prebiotica. Il termine “prebiotico” fu coniato per la prima volta nel 1995 ed è riferito a carboidrati non assorbibili ma fermentabili in grado di stimolare selettivamente la crescita nel colon di gruppi di batteri endogeni quali Bifidobacterium, Lactobacillus ed Eubacterium e, probabilmente, inibire Clostridium e Bacteroides. Questa fermentazione porta alla sintesi di acidi grassi a catena corta (acetato, butirrato e propionato) che promuovono l’assorbimento di Ca, Mg, Fe ma soprattutto intervengono nel metabolismo dell’ospite. Le ricerche sulle sostanze prebiotiche hanno coinvolto soprattutto oligosaccaridi quali fructo-oligosaccaridi e galacto-oligosaccaridi. Altre ricerche hanno interessato l’inulina, un polisaccaride di riserva a basso valore energetico (contenuto in numerose piante diffuse in tutto il mondo). Effetti collaterali possono essere un’eccessiva fermentazione (crampi addominali, diarrea) oppure possono essere correlati al loro potenziale osmotico. A dosi alte si possono avere anche fenomeni di intolleranza. I disaccaridi sono utilizzati soprattutto come integratori alimentari e stimolano soltanto la crescita di lattobacilli. Effetti probiotici potrebbero avere anche altri oligosaccaridi (mannosio, maltosio, gluco-oligosaccaride). Per i prebiotici gli effetti confermati sono: – modulazione del microbiota intestinale attraverso la stimolazione selettiva dei batteri ad attività probiotica. – aumento degli acidi grassi a catena corta ottenuti dalla fermentazione dei prebiotici e che influenzano positivamente il metabolismo dell’ospite. Fra gli effetti postulati ma da confermare vi è anche la prevenzione delle infezioni intestinali e del cancro al colon. Per mantenere l’equilibrio dell’ecosistema intestinale la strategia più frequentemente utilizzata è però quella probiotica. Il razionale terapeutico dei probiotici si basa sulla geniale intuizione del premio Nobel Metchnikoff che all’inizio del secolo postulava che il consumo di prodotti a base di batteri lattici vivi potesse spiegare la longevità di alcuni pastori caucasici. Promosse quindi l’uso di latte fermentato contenente un ceppo da lui chiamato Bacillus bulgaricus (ora Lactobacillus helveticus ATCC 521). Il termine probiotico comparve per la prima volta nel 1965 in un articolo pubblicato su Science dove Stillwell usò questo termine (che etimologicamente è un antonimo di antibiotico) riferendolo a sostanze batteriche in grado di stimolare la crescita di altri microrganismi intestinali. Una più corretta definizione fu data da Fuller nel 1989: “Un probiotico è un integratore alimentare a base di microrganismi vivi e vitali che producono favorevoli effetti sull’organismo animale, migliorandone l’equilibrio microbico intestinale”. Questa definizione fu ulteriormente allargata nel 1992 quando fu chiaro che i probiotici potevano avere un effetto benefico sulla salute non solo agendo sul tratto gastroenterico ma anche in altri distretti. Inoltre è necessario che siano ingeriti in una carica >1010 CFU/die per raggiungere un numero sufficiente nel tratto gastroenterico (106 CFU/g come peso secco, nel piccolo intestino, e 108 CFU/g nel colon). I probiotici possono essere somministrati insieme ai prebiotici (strategia simbiotica). Il prebiotico in questo caso favorisce selettivamente la crescita e la proliferazione del probiotico associato che adatta il suo metabolismo ad un substrato somministrato simultaneamente. Probiotico è comunque un termine generico che copre un’ampia varietà di differenti prodotti sia alimentari (yogurt e prodotti lattiero-caseari) che farmaceutici (generalmente a base di microrganismi liofilizzati). Inoltre, i probiotici possono contenere da una specie a diverse. Fino ad oggi non esiste un elenco ufficialmente riconosciuto dei microrganismi da considerare probiotici. I microrganismi più frequentemente utilizzati come probiotici includono diverse specie appartenenti al genere Lactobacillus e Bifidobacterium. (Tabella 1) Fra i più studiati L. acidophilus, L. casei, L. rhamnosus, L. johnsonii. L. bulgaricus è utilizzato come starter di prodotti lattiero-caseari ma non è in grado di colonizzare l’intestino (inoltre è sensibile agli acidi biliari). Le altre specie microbiche utilizzate nei prodotti probiotici sono elencate nella Tabella 1. Diversi prodotti probiotici contengono spore di diverse specie generalmente appartenenti al genere Bacillus (soprattutto B. subtilis e B. clausii). Bacillus sp., S. cerevisiae, S. thermophilus non appartengono alla componente microbica intestinale. Il punto cruciale di un prodotto probiotico è verificare il reale beneficio sulla salute. L’effetto favorevole di un batterio è ceppo-specifico e non può essere estrapolato ad altri ceppi anche se appartenenti alla stessa specie. Inoltre l’attività probiotica deve essere dimostrata attraverso studi clinici, ben definiti, randomizzati e a doppio cieco. La Tabella 2 elenca le caratteristiche di un ceppo probiotico ideale. Un ceppo probiotico ideale deve possibilmente essere di origine animale, in quanto sembrerebbe che la sua valenza funzionale si realizzi meglio nello stesso habitat da cui è stato selezionato. L’adesività alle cellule epiteliali non è essenziale ma permette al ceppo probiotico una più lunga colonizzazione ed una più efficace stimolazione del tessuto linfoide associato all’intestino. Non deve avere effetti collaterali; fra gli effetti collaterali che un probiotico può causare è stata registrata una eccessiva degradazione del muco. Inoltre alcuni ceppi presentano fattori patogenetici in grado di favorire l’insorgenza di alcune patologie (L. rhamnosus → endocardite). Altre caratteristiche di un ceppo probiotico ideale sono la stimolazione della risposta del sistema immunitario intestinale (GALT: Gut Associated Lynphoid Tissue) e il miglioramento e stabilizzazione della funzione di barriera intestinale (es. costituzione di un biofilm protettivo, diminuzione della permeabilità intestinale, etc.). L’attività dei probiotici a livello intestinale dell’organismo ospite coincide con quella di una equilibrata componente microbica intestinale. Quindi entrano in gioco le interazioni tra microrganismo e microrganismo e tra microrganismi ed ospite. Il probiotico permette, infatti, di mantenere o ripristinare l’ecosistema microbico intestinale, controllare i microrganismi patogeni e stimolare il sistema immunitario, aumentando così l’effetto barriera contro i patogeni. Il controllo dei microrganismi patogeni può avvenire mediante meccanismi antagonisti. Uno dei meccanismi protettivi è la competizione con i microrganismi patogeni per l’adesione alla mucosa e l’inibizione della loro invasività. E’ stato dimostrato, per esempio, che L. acidophilus LA1 è capace di aderire “in vitro” a linee cellulari intestinali umane inibendo l’adesione di E. coli enteropatogeni. I probiotici possono controllare i patogeni endogeni e non attraverso la produzione di sostanze inibenti quali metaboliti a basso peso molecolare (a. lattico, a. acetico, H2O2), batteriocine (come evidenziato per B. infantis nei confronti di Bacteroides), e sostanze antimicrobiche (L. acidophilus LA1). Anche se i complessi meccanismi molecolari non sono ancora ben chiariti, numerosi studi hanno dimostrato che diversi probiotici sono in grado di stimolare o di modulare la risposta immunitaria grazie alla biosintesi di citochine proinfiammatorie (IL-1, IL-6, 8 e IFN) e alla stimolazione della biosintesi di citochine anti-infiammatorie (IL-10) da parte di cellule mononucleate del sangue periferico e di cellule dendritiche. L’efficacia clinica di ceppi probiotici utilizzati da lungo tempo è supportata da numerosi dati scientifici, soprattutto nelle patologie gastrointestinali. Il successo della terapia con probiotici si manifesta pienamente nel ripristino dell’equilibrio tra le specie del microbiota intestinale, se alterato, ed in tutte quelle condizioni cliniche in cui è alterata la permeabilità intestinale soprattutto infezioni gastroenteriche e malattie infiammatorie croniche intestinali. I probiotici presentano un razionale terapeutico o di profilassi in alcune patologie (Tabella 3) quali diarrea acuta da Rotavirus, diarrea del viaggiatore, gastroenterite, dismicrobismo da antibiotici. Altre attività, già dimostrate, aspettano ulteriori conferme da altri studi clinici. L’effetto immunomodulante dei probiotici è stato ampiamente dimostrato, oltre che nella diarrea da Rotavirus, nelle malattie infiammatorie croniche intestinali e nella dermatite atopica. Inoltre i probiotici potrebbero trovare un razionale impiego terapeutico o di profilassi come immunoadiuvanti nella vaccinazione orale, per le loro proprietà antitumorali, per favorire il metabolismo del colesterolo, nella sindrome del colon irritabile, nella gastrite cronica da H. pilori; per prevenire la carie, oppure come ceppi geneticamente modificati. Per quanto riguarda la sicurezza dei probiotici è confermato il basso rischio patogenetico delle specie utilizzate, che appartengono prevalentemente al microbiota intestinale. Purtroppo però alcune specie utilizzate come probiotici compaiono in letteratura con ceppi a rischio in quanto isolati da setticemie ed endocarditi. Nel genere Lactobacilus una specie che presenta un rischio elevato è L. rhamnosus GC, a cui sono stati attribuiti due casi di endocarditi in soggetti anziani. Nel genere Bifidobacterium una specie a rischio più elevato è B. dentium. Fattori di rischio presenta inoltre Enterococcus, dotato di importanti fattori di virulenza ed in grado di sviluppare resistenza alla vancomicina. Qualche rischio può presentare l’uso di prodotti probiotici in pazienti immunocompromessi, anziani e donne in gravidanza.

Phellinus Linteus contro intestino poroso

Phellinus linteus :

un mycélium prometteur en cancérologie ou contre les désordres immunitaires • B. Donatini Résumé Le Phellinus linteus (PL) est un mycélium prometteur. Selon les études in vitro ou chez l’animal, ses polysaccharides diminuent le risque de métastases et favorisent l’apoptose de nombreuses lignées tumorales. Agent antiangio génétique et hépatoprotecteur, il favorise aussi l’apoptose induite par la doxorubicine. L’hispidine qu’il contient module l’équilibre TH1/TH2 et réduit la synthèse d’IgE. Elle réduit l’inflammation digestive ou articulaire et agit comme un antioxydant puissant. Un effet anti-TH17 expliquerait la protection des cellules de Langerhans. L’hispidine inhibe les bêtasécrétases essentielles dans la survenue de la maladie d’Alzheimer. Ces propriétés encore expérimentales ne sauraient rester longtemps sans application. Abstract Phellinus linteus (PL) is a promising mycelium according to in vitro or to animal studies, its polysaccharides decrease the risk of metastasis and favour the apoptosis of several tumour cells. PL is an anti-angiogenetic or a hepatoprotective agent and synergizes with doxorubicine. It contains hispidine, which modulates the TH1/TH2 balance et reduces the synthesis of IgE. PL reduces joint or gut inflammation and demonstrates anti-oxidative properties. An anti-TH17 effect could protect Langerhans cells. Hispidin inhibits beta-secretases, implicated in Alzheimer disease occurrence. These interesting experimental properties forecast clinical trials.

PHELLINUS LINTEUS PER RISANARE LA PARETE DELL’INTESTINO TENUE Dott. Bruno Donatini (ricercatore francese) La parete intestinale è costantemente aggredita da agenti infettivi (virus, batteri, protozoi, alcool, farmaci antinfiammatori) con conseguente alterazione della permeabilita’ e possibile innesco di squilibri del sistema immunitario. Il passaggio attraverso la parete intestinale di molecole alimentari antigeniche, di batteri o di funghi, può scatenare violente reazioni del sistema immunitario (allergie, malattie auto-immuni). Phellinus Linteus: un prodotto veramente efficace. E’ essenziale trattare l’alterazione della permeabilità digestiva al più presto possibile prima che lo squilibrio del sistema immunitario si instauri e si autoalimenti. Phelinus Linteus è, in questi casi, un alleato di importanza fondamentale. Questo fungo che è un semplice alimento, ha la capacità di contribuire a curare casi di ipersensibilità immunitaria. Fa diminuire anche l’eccessiva permeabilità digestiva nutrendo il muco intestinale con zuccheri chiamati “ramificati”. Il muco così migliorato va a proteggere la parete intestinale che avrà in questo modo la possibilità di rigenerarsi. Campi d’applicazione. Il Phellinus Linteus è stato oggetto di studi clinici (soprattutto in Giappone) che hanno dimostrato l’azione di questo fungo sull’integrità e la qualità della parete intestinale. • Allergie e intolleranze alimentari Il Phellinus Linteus elimina la sintesi degli anticorpi di tipo E (IGE) e le reazioni allergiche. Elimina le intolleranze alimentari dovute alle IGG eliminando le cause che creano poi così tanti problemi, così comuni oggi. • Reumatologia Il Phellinus Linteus previene e cura l’artrite nelle cavie, stimolando i linfociti inibitori digestivi. Diabete. Il Phellinus Linteus abbassa la glicemia e permette una migliore cicatrizzazione nei diabetici. • Fibromialgia Uno studio effettuato su dieci soggetti affetti da fibromialgia, ha dimostrato che normalizzando la mucosa digestiva si ha un abbassamento dell’ipersensibilità alimentare e della secrezione salivare (secondaria all’iperpermeabilità digestiva), favorendo la riduzione di NGF (fattore causale della fibromialgia secreto dalla ghiandola sotto mascellare). • Il complemento alimentare messo a punto dal Dr Bruno Donatini (ricercatore francese) è coltivato su cereali (senza glutine), senza additivi né insetticidi né fungicidi. Associato al chitosano di fungo, accresce di 4/5 volte l’assorbimento dei principi attivi e quindi la sua efficacia. Per ristabilire la permeabilità intestinale, è necessario fare un trattamento di almeno tre mesi in ragione di due capsule al mattino.

Hericium erinaceus contro Salmonella

Hericium erinaceus mushroom extracts protect infected mice against Salmonella Typhimurium-Induced liver damage and mortality by stimulation of innate immune cells. Kim SP, Moon E, Nam SH, Friedman M. Source Department of Molecular Science and Technology, Ajou University, Suwon, Republic of Korea.

Abstract The present study investigated the antibacterial effect of four extracts from the fruitbody of the edible medicinal mushroom Hericium erinaceus (hot water extract, HWE; microwave/50% ethanol extract, MWE; acid extract, ACE; and alkaline extract, AKE) against murine salmonellosis. The extracts had no effect on Salmonella ser. Typhimurium growth in culture. Nor were the extracts toxic to murine macrophage cells, RAW 264.7. HWE and MWE stimulated uptake of the bacteria into the macrophage cells as indicated by increased colony-forming unit (CFU) counts of the contents of the lysed macrophages infected with Salmonella Typhimurium for 30 and 60 min. Two hours postinfection, the bacterial counts increased in the macrophages, but 4 and 8 h postinfection the HWE- and MWE-treated cells showed greater activity against the bacteria than the control. HWE- and MWE-treated noninfected macrophages had altered morphology and elevated inducible nitric oxide (NO) synthase (iNOS) mRNA expression. In the presence of S. Typhimurium, iNOS mRNA expression was further increased, accompanied by an increase in NO production. Histology assays of the livers of mice infected with a sublethal dose (1 × 10(4) CFU) of S. Typhimurium showed that HWE and MWE, administered by daily intraperitoneal injection, protected against necrosis of the liver, a biomarker of in vivo salmonellosis. The lifespans of mice similarly infected with a lethal dose of S. Typhimurium (1 × 10(5) CFU) were significantly extended by HWE and MWE. β-Glucan, known to stimulate the immune system, was previously found to be present in high amounts in the active extracts. These results suggest that the mushroom extract activities against bacterial infection in mice occur through the activation of innate immune cells. PMID: 22624604 [PubMed – indexed for MEDLINE]