Possibili rischi igienico-sanitari con riferimento al contenuto di metalli pesanti e radioisotopi nei funghi
Si parla spesso della tossicità intrinseca dei funghi dovuta alle tossine in essi contenute, mentre un aspetto poco divulgato è l’inquinamento da metalli pesanti, naturale o antropico, che sempre più spesso contaminano anche la flora fungina.
Un inquinante rilasciato nell’ambiente, provoca un impatto ambientale che potenzialmente può modificare la qualità dell’aria, dell’acqua e del suolo. La deposizione diretta dell’inquinante nel suolo o quella indiretta attraverso l’acqua delle piogge, contenente inquinanti disciolti, provoca l’inevitabile contaminazione dei vegetali e dei funghi.
E’ noto dalla letteratura che i funghi, come altri alimenti di origine vegetale, hanno la capacità di assorbire e/o di accumulare elevate quantità di contaminanti radioattivi (1) e convenzionali, nonostante i bassi livelli presenti nel terreno e come essi siano in grado di trattenere per lunghi periodi elevate concentrazioni di inquinanti.
Per questo motivo la ricerca biologica in campo ambientale ritiene che i macromiceti siano molto utili soprattutto nell’identificazione di bassi livelli di inquinamento, difficilmente evidenziabili con la semplice analisi dell’acqua o del terreno.
E’ risaputo che il micelio costituisce l’organismo fungino formato dall’insieme di un numero grandissimo di cellule, la cui differenziazione costituisce le sue varie parti.
La parte principale è formata da una fittissima ed intricata rete di filamenti con diametro variabile tra 0,5 e 150 micron, che diramandosi per decine di metri nel substrato di crescita, permettono l’assorbimento di tutti gli elementi che possono essere assimilati o accumulati, in particolare i metalli pesanti.
La capacità dei funghi di fissare metalli pesanti assorbiti dal terreno è chiamata “fattore di accumulo” dato dal rapporto tra la concentrazione del metallo nel fungo e quella nel substrato di crescita.
Il principale costituente dei corpi fruttiferi é l’acqua, in percentuale variabile dall’ 80 al 90%, a seconda della specie; il restante residuo secco è costituito dal 2 al 7% di sostanze proteiche, dal 3 al 5% di carboidrati e chitina, dallo 0,1 allo 0,7% di grassi e piccole quantità di sali minerali.
Per sua costituzione quindi l’organismo fungino ha bisogno dei macro nutrienti: carbonio, idrogeno, ossigeno, azoto, fosforo, zolfo, magnesio, potassio, ferro, zinco, rame e manganese.
Oltre a questi elementi essenziali per la vita del fungo possono trovarsi altri elementi metallici presenti in maniera accidentale, cioè soltanto quando il carpoforo cresce in un substrato che li contiene.
La presenza di questi elementi non avrebbe nessuna rilevanza dal punto di vista alimentare se non fosse per il fatto che alcuni di questi, come ad esempio il mercurio e il piombo, sono tossici per l’organismo umano.
Il meccanismo di assorbimento e accumulo non è ancora del tutto chiaro; sicuramente alcune sostanze proprie del fungo sono capaci di legare, “organicare” elementi a carattere metallico indipendentemente che servano o no alla sopravvivenza dell’organismo.
Tale capacità potrebbe essere dovuta a molecole proteiche analoghe a componenti presenti nei tessuti animali denominati “micofosfatine” e “metallotioneine”, molecole organiche complesse contenenti fosforo e zolfo e capaci di complessare i metalli di transizione.
Rimane da definire se l’accumulo si sostanze dipenda dal metabolismo della specie di fungo oppure sia dovuta esclusivamente a fattori esterni inquinanti. In genere i funghi saprofiti (Macrolepiota, Lycoperdon, Pleurotus) accumulano elementi tossici, mentre i funghi simbionti (Amanita, Boletus, Russula, Lactarius) li assorbono in quantità uguale a quella presente nel substrato di crescita.